Consumo

Rincari, i siciliani pagano ancora il conto del 2022

PALERMO – Alti, sempre più alti i prezzi in Sicilia. L’Istat ha pubblicato i dati relativi all’indice dei prezzi al consumo e la Sicilia svetta, purtroppo, con la percentuale più alta: nel 2022, rispetto al 2015, l’indice è salito del 9,7%, contro una media nazionale dell’8,1%. Il dato è ancora più allarmante, se si pensa che nel 2021 tale valore era di poco più del 2%.

L’accelerazione dell’inflazione che caratterizza il 2022 si riscontra in tutte le ripartizioni geografiche e tutte le regioni: le isole passano da +2,2% nel 2021 a +9,7%, il Nord-Est passa da +2% a +8,6%, il Sud da +2,1% a +8,2%, il Centro e il Nord-Ovest, entrambe da 1,7%, crescono rispettivamente a +7,9% e a +7,8%, rimanendo, comunque, al di sotto del dato nazionale.

A livello regionale sono undici le regioni, insieme alla Sicilia, nelle quali l’inflazione del 2022 risulta più ampia della media nazionale: Trentino Alto Adige, Sardegna, Liguria, Abruzzo, Puglia, Umbria, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Toscana; la Calabria registra un’inflazione media annua pari al dato nazionale, mentre tale valore si attesta al di sotto la crescita dei prezzi al consumo nelle restanti regioni.

Anche tra i capoluoghi delle regioni e delle province autonome e tra i comuni non capoluoghi di regione con più di 150mila abitanti la Sicilia si pone nelle prime posizioni: l’inflazione più elevata si osserva a Catania (+14,7%), Palermo (+14,6%) e Messina (+13,9%), mentre le variazioni tendenziali più contenute si registrano a Potenza (+9,2%) e Aosta (+8,5%). L’aumento congiunturale dell’indice generale è dovuto, in buona parte, alla crescita da un lato dei prezzi dei carburanti e dell’energia (+7,8%), dei beni alimentari lavorati (+0,8%) e degli altri beni (+0,7%), dall’altro, a causa di fattori stagionali, dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+1,4%) e dei servizi relativi ai trasporti (+1,1%).

Le divisioni di spesa i cui prezzi registrano ampie accelerazione, nel 2022, rispetto al 2021, sono infatti l’abitazione, acqua, elettricità e combustibili (da +7,0% a +35,0%) e i trasporti (da +4,9% a +9,7%) a causa per lo più della dinamica dei prezzi dei beni energetici presenti in questi due raggruppamenti; in accelerazione sono anche i prezzi dei prodotti alimentari e bevande analcoliche (da +0,6% a +9,1%), delle bevande alcoliche e tabacchi (da +0,4% a +1,3%), di abbigliamento e calzature (da +0,5% a +1,9%); ancora, i mobili, articoli e servizi per la casa crescono tanto (da +0,9% a +5,2%), così come gli spettacoli e cultura (da +0,4% a +1,5%), i servizi ricettivi e di ristorazione (da +1,8% da +6,3%).

Rallentano invece i prezzi dei servizi sanitari e spese per la salute (da +1,0% a +0,8%), mentre si accentua la flessione su base tendenziale dei prezzi delle Comunicazioni (da -2,5% a -3,1%). Gli effetti della crescita di prezzo influiscono i maniera diversa sulle famiglie, in base alla propria capacità di spesa.

L’Istat suddivide i nuclei in cinque classi, partendo dalla spesa mensile minore per giungere alla più alta: l’analisi degli andamenti in corso d’anno mostra come, per le famiglie con minori capacità di spesa, l’inflazione cresca in maniera marcata sin dal primo trimestre dell’anno, passando da +4,7% dell’ultimo trimestre 2021 a +8,3%, proseguendo con accelerazioni della crescita sia nel secondo (+9,8%) che nel terzo trimestre (+11,6%) fino a portarsi a +18,4% nel quarto trimestre dell’anno.

Poiché i beni incidono in misura maggiore sulle spese delle famiglie meno abbienti e viceversa i servizi pesano maggiormente sul bilancio di quelle più agiate, la crescita dell’inflazione, che riguarda tutti i gruppi di famiglie, è più ampia per le famiglie del primo gruppo rispetto a quelle del quinto gruppo: rispetto al 2021, il differenziale inflazionistico tra la prima e la quinta classe si amplia ed è pari a 4,9 punti percentuali.