Visioni e approcci diversi, confronti tra tecnologie, necessità di maggiori sforzi collettivi a livello sia istituzionale che di comunicazione. Sono alcune delle direttrici su cui si è mosso il convegno dedicato al ruolo delle energie rinnovabili nel Pnrr Italia e, in particolar modo, alle refluenze che i progetti finanziati con le risorse del piano nazionale di ripresa e resilienza avranno nell’area del Mediterraneo.
L’evento, che si è tenuto stamani all’interno dell’aula magna del Polo tecnologico dell’Università di Catania, ha riunito docenti ed esperti provenienti dalle diversi player del settore energetico, alcuni dei quali attivi proprio nell’isola.
“L’ambizioso progetto europeo con la destinazione di 1.824,3 miliardi di euro, di cui 1074,3 miliardi del bilancio a lungo termine 2021 2027 e di 750 miliardi di euro del Next Generation EU – hanno sottolineato gli organizzatori – non ha soltanto lo scopo di stimolare l’economia dei 27 Paesi dell’Unione, devastata dalla pandemia Covid 19, ma anche di creare le basi per l’Europa di domani, più verde, digitale ed equa, con lo sviluppo economico sostenibile”.
Il percorso intrapreso verso la decarbonizzazione e la necessità di sostenere la transizione energetica è la principale missione in cui l’Ue è impegnata. Il tutto in un’epoca in cui i delicati equilibri geopolitici, con le guerre in atto e ciò che ne consegue a livello di approvvigionamento energetico, fanno dell’energia il protagonista di ogni piano strategico a livello politico.
“Completare la transizione energetica all’indirizzo del progressivo affrancamento dalle fonti energetiche fossili verso quelle rinnovabili, costituisce la pre-condizione, per la rilevanza che il tema dell’energia assume non soltanto sul piano economico-sociale ma anche geopolitico”, si legge nella brochure di presentazione del convegno.
Ad aprire l’evento sui fondi del Pnrr per le energie rinnovabili, dopo i saluti istituzionali, è stato Rosario Lanzafame, porfessore ordinario di Sistemi per l’energia e l’ambiente, che ha portato all’attenzione la centralità della questione legata agli investimenti nella produzione di idrogeno.
“Qui o si fa l’idrogeno verde o si muore”, ha detto Lanzafame attingendo alla celebre frase di Giuseppe Garibaldi in occasione della battaglia di Calatafimi. E se nel caso di Garibaldi ciò che andava creata era l’Italia, adesso l’opportunità da non perdere sono le opportunità legate all’idrogeno. “Sarà fondamentale la realizzazione del progetto già finanziato che prevede la realizzazione del collegamento che consentirà di trasportare l’idrogeno dal centro dell’Europa al Nord Africa, passando anche dalla Sicilia”, ha detto Lanzafame, facendo riferimento al progetto SouthH2, che sfruttando per buona parte i metanodotti esistenti punta a garantire all’Unione Europea la fornitura del 20% del fabbisogno di idrogeno entro il 2030.
Il docente di Unict si è concentrato anche sulle novità introdotte con la cosiddetta Red III, il nuovo aggiornamento della direttiva europea sulle energie rinnovabili, e nello specifico sulle modifiche apportate per quanto riguarda la gestione delle biomasse e i criteri che le stesse debbono avere per essere considerate sostenibili e, dunque, poter ambire agli incentivi.
A parlare di produzione di idrogeno è stato anche Alfonso Moriello. Collegato dalla Francia, Moriello, che lavora per Axegaz, ha specificato come “l’idrogeno verde è una tecnologia di rottura che ha cambiato il paesaggio delle fonti rinnovabili, non si tratta di progetti sulla carta, in Europa alcuni già producono. Adesso bisogna pigiare sull’acceleratore”. Per Moriello, la produzione di idrogeno è naturalmente implementabile in Italia. “Soprattutto in Sicilia perché c’è un contesto ideale per la produzione di energia rinnovabile. Anzi – ha aggiunto Moriello – ritengo che l’isola non deve mancare questo appuntamento, altrimenti non avrà un futuro industriale”.
In tema di idrogeno, Paola Brunetto di Enel Green Power ha ricordato come la società sia impegnata in due progetti in Sicilia. “Parliamo di un tema in cui è necessario puntare sull’innovazione. Nell’ambito del Pnrr stiamo portando avanti un progetto tra Carlentini e Sortino, che servirà alle start up del settore per testare le componenti così da accelerare il processo verso la commercializzazione dei prodotti, mentre a Gela – ha detto Brunetto – in partnership con Eni stiamo lavorando a un elettrolizzatore, all’interno della bioraffineria che attualmente usa il cosiddetto idrogeno grigio, che consentirà di introdurre fino al 5-10 per cento di idrogeno verde. Sono progetti che entreranno in azione entro il 2026”.
A trovare ampio spazio all’interno del convegno è stato il fotovoltaico. L’ingegnere Francesco Pezzella, in passato in Enel, ne ha parlato trattando il sistema energetico elettrico nazionale – il ruolo di Terna e gli investimenti previsti in Sicilia a partire dall’investimento di oltre tre miliardi per l’elettrodotto Chiaramonte-Ciminna – e il contributo fornito dalle rinnovabili. Dai dati aggiornati al 2022, emerge come negli ultimi nove anni la produzione di energia tramite fotovoltaico è aumentata di circa il 30%. “Un risultato importante, ma che necessita di uno sforzo maggiore”, ha detto Pezzella.
L’ingegnere ha poi sottolineato come la produzione di energia rinnovabile in Sicilia sia ancora non eccellente se si considera che l’isola vanta il più alto livello di producibilità nel contesto nazionale e continentale. “Un pannello installato a Ragusa produce il 63% in più di energia rispetto allo stesso presente in Germania”, ha aggiunto Pezzella, sottolineando come ancora oggi la produzione lombarda supera quella siciliana.
Tra gli usi del fotovoltaico, in Sicilia sempre più spesso si parla di agrivoltaico, cioè di progetti per integrare i pannelli all’interno delle aziende agricole, tra i campi. “È un tema che compare per la prima volta nel 1980 – ha ricordato la professoressa Alessandra Gentile, ordinaria di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree –. In un contesto mondiale come quello attuale, con la popolazione in continuo aumento e la necessità sempre maggiore di cibo, non si può prescindere dal considerare la terra innanzitutto come qualcosa che serva per produrre alimenti”.
Tuttavia, diversi studi dimostrano come l’integrazione tra produzione energetica e alimentare sia possibile. “Bisogna tenere in considerazione le condizioni climatiche, il tipo di coltura e la modalità con cui vengono realizzati gli impianti fotovoltaici – ha spiegato Gentile – Ciò, infatti, determina l’incidenza della radiazione solare sulla coltura e influisce nel microclima sottostante i pannelli”. Fatte le valutazioni del caso, non mancano gli aspetti positivi: “I pannelli possono aumentare il livello di umidità del suolo e questo, in contesti come quelli siciliani, è un aspetto positivo, determinando di conseguenza anche un maggiore risparmio idrico ma anche l’aumento dei tempi di fioritura a vantaggio degli insetti impollinatori”. La conclusione della professoressa è che “l’agrivoltaico avrà un suo futuro ma sarà fondamentale studiare i progetti con il supporto degli agronomi”.