PALERMO – Troppa confusione intorno al bando, dedicato alle Ipab, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, che dovrebbe aiutare tali enti a scongiurare la possibilità della bancarotta. E così è stato deciso dalla Regione di riaprire i termini di presentazione delle domande, per permettere anche a chi è rimasto fuori di partecipare. La nuova scadenza è stata fissata al prossimo 10 ottobre. La Regione ha messo a disposizione, per il 2023, oltre 3 milioni e mezzo di euro per coprire gli oneri previdenziali dei lavoratori “regolarmente assunti” dalle Ipab iscritte all’albo regionale delle istituzioni socio assistenziali, che non abbiano raggiunto l’equilibrio economico finanziario nell’esercizio precedente a quello di riferimento del contributo.
I motivi che hanno portato alla riapertura dei termini del bando sono diversi, e sono stati resi evidenti dalle rimostranze presentate dagli stessi enti coinvolti all’assessore regionale della Famiglia e delle politiche sociali: “Alcune Ipab non hanno potuto presentare l’istanza per cause a loro non imputabili – si legge nel decreto a firma del dirigente generale del dipartimento regionale della Famiglia, Maria Letizia Di Liberti – quali la mancata nomina dei nuovi commissari, nonché per il sovrapporsi del periodo di festività estivo con i termini del primo avviso”. È stato quindi lo stesso assessore al ramo ad invitare il dipartimento regionale della Famiglia e delle politiche sociali a riaprire i termini del bando.
Il contributo è riservato alle Ipab che svolgono regolarmente l’attività istituzionale nel rispetto dei fini statutari, o che sono “temporaneamente” non in grado di operare a causa di situazioni oggettive esterne, purché le prospettive di ripresa siano comprovate e verificate entro l’anno. L’avviso prevede comunque la possibilità di riservare una quota dello stanziamento a “somme arretrate”, ancora dovute al personale regolarmente assunto appartenente a quelle Ipab le cui attività risultano sospese. In particolare, si è deciso di riservare a tale scopo il 20% del totale del finanziamento a disposizione, pari a circa 722 mila euro.
Gli enti che si candidano a percepire il contributo devono essere in regola con gli adempimenti previsti in materia di trasparenza ed anticorruzione. Con la sigla Ipab si identificano quelle opere benefiche presenti sul territorio che, interpretando un’esigenza comune a tutte le società, svolgevano un’attività solidale di sostegno alla parte più fragile della popolazione locale. A partire dagli anni Sessanta è stato avviato il processo di depubblicizzazione. In Sicilia la situazione organizzativa e finanziaria delle Ipab è ormai da anni in dissesto, riconosciuta dal legislatore regionale che, nella relazione di accompagnamento al disegno di legge, di riforma delle Ipab numero 308 del 20 luglio 2018, dava atto che “da alcuni anni vivono una grave crisi finanziaria, dovuta sia alla costante riduzione del contributo previsto dalla legge regionale n. 71/82, sia al costante aumento del costo dei servizi erogati”. Tanto che molte sono le strutture che sono state messe in liquidazione negli anni.
Appena la scorsa primavera a Palermo c’è stata la protesta di circa 200 dipendenti di 35 Ipab in liquidazione, che sono da anni in attesa della retribuzione arretrata, che spesso arriva a coprire anche 24 mesi. I sindacati presenti alla manifestazione hanno propugnato un reinserimento di questi lavoratori, attraverso percorsi di riqualificazione, in strutture pubbliche come quelle sanitarie.