Ore di tensione, paura e violenza in varie città di Israele, dove una pioggia di razzi si è abbattuta su diverse città e Hamas (organizzazione paramilitare palestinese) ha dato inizio a una violenta “operazione militare” contro il Paese.
Si registrerebbero già delle vittime: nei raid notturni, infatti, risulta essere morta una donna di 70 anni. Ci sarebbero, secondo le prime informazioni del Jerusalem Post, anche dei feriti. Attacchi a sorpresa, risposta violenta a una questione internazionale mai risolta e che – di tanto in tanto – attira gli sguardi terrorizzati ma ormai assuefatti alla violenza della comunità globale, ormai consapevole di vivere nell’era della cosiddetta “terza guerra mondiale a pezzi“.
“Terroristi si sono infiltrati in Israele da Gaza. Agli abitanti nell’area è stato chiesto di rimanere nelle loro case”: è il messaggio apparso nelle scorse ore sul profilo Twitter (ora X), con cui le forze israeliane (Israel Defence Forces) hanno lanciato l’allarme sugli attacchi che da ore interessano intere città.
In queste ore le sirene d’allarme starebbero risuonando nell’area vicino a Gerusalemme. Una “culla della civiltà” e città santa per le tre grandi religioni monoteiste (ebraismo, cristianesimo e Islam) che, ancora una volta, diventa teatro di scontri e morte.
Il comandante militare di Hamas, Mohammad Deif, ha dichiarato l’inizio di una nuova “operazione militare” (denominata Alluvione al-Aqsa) contro Israele. Ben 5mila razzi sarebbero già partiti contro aeroporti e postazioni militari e ci sarebbero perfino degli ostaggi a Ofakim.
Le notizie sono ancora poche e frammentarie, ma le autorità sarebbero già in allerta. Alle ore 13 (ora locale) è stata annunciata una riunione del Gabinetto di sicurezza israeliano e a breve il primo ministro Benyamin Netanyahu dovrebbe incontrare i responsabili della sicurezza.
Di fronte all’ennesima tensione tra Israele e Hamas, viene spontaneo chiedersi: a cosa è dovuto tutto ciò? Ciclicamente, il mondo è abituato a sentire parlare di guerre in Medio Oriente e poi – quando per un po’ non sente più notizie di morte e distruzione – pensa che sia tutto finito. In realtà ciò che accade in queste ore è l’ennesima escalation di violenza in una terra che non ha mai trovato pace.
Nel 2012, in uno dei momenti più tesi della storia del conflitto israelo-palestinese, Anna Maria Cossiga scrisse in un articolo per Limes che tra Israele e Hamas “più che per conquistare la terra, si combatte per riaffermare la propria identità“. All’origine di tutto c’è una data: 1948. L’anno della fondazione di Israele. Prima di tensioni tra comunità ebraica e comunità musulmana ne esistevano, ma la Risoluzione 181 – che prevedeva la creazione di uno Stato ebraico (56% della Palestina mandataria) e uno arabo, con Gerusalemme come “zona neutra” internazionale sotto il controllo dell’Onu – è stata decisamente la svolta del conflitto in epoca contemporanea.
Da allora gli scontri sono stati innumerevoli. E il conflitto israelo-palestinese è rimasto sempre una questione “sospesa” per la comunità internazionale, un conflitto senza né vincitori né vinti, dove tutti sono in parte carnefici e in parte aggressori in base alla prospettiva con cui si racconta la storia. C’è la Palestina che rimane ancora uno Stato a riconoscimento limitato da un lato, Israele riconosciuto ma visto come “occupante” dai Paesi arabi dall’altro. E poi ci sono i civili, soprattutto i bambini, unici a pagare in quelle “terre di nessuno” che sono la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, anche parte di Gerusalemme.
Profughi dimenticati dal mondo o vittime innocenti di “giochi di potere” dalle radici ormai lontane del tempo. Queste sono le persone che pagano il prezzo della guerra in Israele.
Hammas è un’organizzazione politica e paramilitare palestinese islamista, nata nei campi d’azione per profughi palestinesi di “Fratelli Musulmani”. Nel loro statuto del 1988 (poi abrogata nel 2017) scrivevano di operare con l’obiettivo di “sollevare la bandiera di Allah sopra ogni pollice della Palestina“. Anche se i termini e le condizioni cambiano, a intervalli più o meno regolari Israele e Palestina continuano a scontrarsi per un pezzo di terra che non rappresenta un mero possesso, ma un frammento di identità e storia. C’è la paura di sparire che però – attraverso gli orrori dei conflitti armati, che si ripetono a cadenza più o meno regolare – sta letteralmente facendo scomparire migliaia di vite inutilmente e disintegrando una terra che è stata il centro del mondo per secoli. E con essa anche la storia dell’umanità, che ormai si trasforma sempre più in un cumulo di polvere, sangue e violenza.
Foto da Twitter – IDF, mappa Google