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Istituti scolastici protagonisti della rivoluzione energetica

Istituti scolastici protagonisti della rivoluzione energetica dal basso nel manifesto ‘Scuole e università a zero emissioni’ di Legambiente, presentato con un evento online e sottoscritto dai primi firmatari tra cui Associazione italiana insegnanti di geografia, Fridays For Future, Link, Rete degli studenti medi, Rete nazionale scuole green, Save the Children, Unione degli studenti (Uds), Unione degli Universitari.

L’obiettivo è quello di attivare processi educativi e infrastrutturali rivolti al mondo delle scuole e delle università, amministrazioni comunali e provinciali, per costituire comunità energetiche rinnovabili e solidali (C.e.r.s) che assumano la sfida della giusta transizione ecologica, come chiave educativa e strutturale.

Un progetto che coniuga processi sociali, ambientali ed educativi, attraverso una metodologia attiva e partecipativa a quattro fasi che prevede la co-progettazione fra scuola, ente locale, comunità educante più allargata e il territorio stesso.

Le comunità energetiche, soprattutto se solidali, infatti, rappresentano un importante strumento, particolarmente in quei luoghi caratterizzati da povertà educativa ed energetica (oggi in aumento a fronte delle conseguenze dell’emergenza sanitaria e della recente volatilità dei prezzi del gas) come le periferie urbane e sociali e quelle realtà in cui, un processo di rigenerazione urbana che pone al centro la scuola, va a ricostruire legami sociali più solidali.

Un momento favorevole per agire e farsi portavoce di una rivoluzione energetica dal basso viste le condizioni critiche in cui versa l’edilizia scolastica in Italia, a cui il Pnrr destina 17 miliardi di euro, di cui i primi 5 miliardi stanno per essere messi bando.

“Il Pnrr offre importanti opportunità di riqualificazione dell’edilizia scolastica – ha dichiarato Katiuscia Eroe, responsabile energia di Legambiente – in una logica sistemica e di rigenerazione. Bisogna sfruttare tutte le risorse possibili, prevedendo progetti di efficientamento energetico ma anche di solarizzazione dei tetti, con la creazione di Comunità energetiche rinnovabili e solidali. Questa è a mission del manifesto che presentiamo oggi. Infatti, se in tutti i 40mila edifici scolastici attivi in Italia installassimo 20 kW di pannelli solari fotovoltaici riusciremmo in breve tempo a produrre energia pari al fabbisogno di oltre 400mila famiglie, portando benefici ambientali e sociali”.

Concretamente quattro le fasi individuate nel manifesto per rendere gli istituti scolastici, di ogni ordine e grado, punti di riferimento per i cittadini per una rivoluzione energetica dal basso.

In primo luogo, creare maggiore consapevolezza su questi temi attraverso l’organizzazione di workshop formativi del progetto Youth4planet, che con metodologie orizzontali e innovative, uniscono educazione non formale e momenti di azione concreta per far fronte alla crisi climatica, a partire dalla propria scuola e dal proprio territorio.

Il secondo step è dedicato alla consapevolezza e alla conoscenza del proprio ‘peso climatico’ attraverso il monitoraggio sui consumi elettrici, termici e sul comfort climatico (audit scolastico).

Segue la terza fase dedicata alla decarbonizzazione dell’Istituto attraverso lo sviluppo delle Comunità energetiche rinnovabili e sostenibili (C.e.r.s) sfruttando i tetti degli istituti scolastici, con progetti a supporto che coniugano gli obiettivi di giustizia climatica e sociale.

Uno strumento basato sull’autoconsumo e sulla condivisione dell’energia da fonti rinnovabili, in grado di portare risparmi in bolletta fino al 30% guardando al futuro e rispondere alle necessità delle fasce di popolazione più debole, come dimostra l’esperienza della prima Comunità energetica e solidale di San Giovanni a Teduccio a Napoli Est.

Infine, avviare un percorso di efficientamento della scuola, anche grazie ai ricavi, ma anche utilizzando tutti gli strumenti incentivanti oggi esistenti, come il conto termico. Invece per l’energia comunque consumata dalla rete, scegliendo un operatore 100% rinnovabile certificato.

Nove persone su dieci sono a favore di un trattato globale contro la plastica

In media circa il 90% delle persone intervistate in 28 paesi ritiene che avere un Trattato globale sulla plastica sia importante per affrontare efficacemente la crisi dell’inquinamento da plastica; inoltre, l’85% desidera che produttori e rivenditori siano ritenuti responsabili del fine vita degli imballaggi in plastica. L’opinione degli italiani intervistati è tra le top ten: siamo al sesto posto con una percentuale del 94% degli intervistati a favore del trattato. Lo rivelano il Wwf e la Plastic Free Foundation che hanno commissionato all’Ipsos un’indagine su oltre 20.000 cittadini tra i 17 e i 74 anni intervistati a fine 2021: si tratta del primo sondaggio completo e globale sulla necessità di un trattato per affrontare l’inquinamento da plastica.

Questi risultati dovrebbero rafforzare ulteriormente l’urgenza di stabilire standard globali elevati per affrontare tutte le fasi del ciclo di vita della plastica e definire la strada per porre fine all’inquinamento da plastica entro il 2030. I riflettori, infatti, ora sono puntati sugli stati membri che dovranno avviare negoziati alla prossima assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente prevista a fine febbraio.

Al Governo italiano il Wwf chiede di correggere le disposizioni introdotte nella normativa italiana di recepimento della direttiva comunitaria ‘Sup’ sulla plastica monouso, rafforzando, come è stato chiesto dalla Commissione Europea, le misure che disincentivano il monouso e sostengono il ricorso a imballaggi riutilizzabili.

Il sondaggio rileva una forte richiesta pubblica per un’azione ambiziosa e coordinata. I paesi dell’America Latina sono in testa con il 93% degli intervistati che riconosce l’importanza di un Trattato globale sulla plastica, seguiti dai cittadini europei coinvolti dall’indagine e quelli dell’area asiatica del Pacifico. La percentuale di persone che pensano che un Trattato sia importante è più alta in Messico (96%), Cina (95%) e Perù (95%), Italia al sesto posto con il 94% degli intervistati a favore.

Inoltre, circa tre quarti del campione di intervistati pensa che la plastica monouso debba essere bandita il prima possibile e l’82% afferma di voler acquistare prodotti la minore quantità c possibile di imballaggi in plastica. Il sondaggio ha anche rilevato che l’85% degli intervistati desidera che produttori e rivenditori siano ritenuti responsabili della riduzione, del riutilizzo e del riciclo degli imballaggi di plastica.