“L’Italia si colloca al terzo posto in Europa nella classifica dei paesi con maggiori disponibilità di acqua, dietro solo a Svezia e Francia; eppure, allo stesso tempo, siamo il paese con i maggiori consumi pro capite di acqua potabile e il secondo per consumi in agricoltura”. È quanto emerge dallo studio realizzato dall’Istituto Eurispes “Un sistema che fa acqua: lo stato delle acque in Italia”.
“Nel nostro Paese – ricostruisce l’analisi – ogni anno vengono prelevati oltre 30 miliardi di metri di cubi di acqua per tutti i tipi di usi. L’Italia è al primo posto tra i Paesi Ue per la quantità, in valore assoluto, di acqua dolce prelevata per uso potabile da corpi idrici superficiali o sotterranei, mentre in termini di prelievi pro capite, con 155 metri cubi annui per abitante, si colloca in seconda posizione, preceduta solo dalla Grecia (158) e seguita da Bulgaria (118) e Croazia (113). Anche andando a guardare i dati relativi ai consumi individuali di acqua dal rubinetto, gli italiani dimostrano di essere la popolazione meno virtuosa a livello europeo con oltre 220 litri pro capite consumati giornalmente contro una media europea di 123 litri di acqua per abitante al giorno”.
“In tema di risorse idriche la principale criticità nel nostro Paese riguarda la presenza di un sistema infrastrutturale antiquato e disfunzionale, concepito sulla base delle necessità degli anni Cinquanta. Sotto questo punto di vista l’esempio più emblematico riguarda le perdite idriche nella rete di distribuzione”, si legge nello studio.
Queste “nel 2020, sono state pari al 42,2% del volume di acqua immessa, il che equivale ad una perdita pari a 3,4 miliardi di metri cubi di acqua ogni anno. Detta in altro modo, in Italia ogni giorno vengono buttati 157 litri al giorno di acqua per abitante pari al fabbisogno idrico di circa 43 milioni di persone”.
Ne consegue che “l’ammodernamento e il rifacimento della nostra rete idrica è forse uno degli elementi più urgenti da affrontare per recuperare almeno una parte dei 3,4 miliardi di metri cubi che ogni anno vengono letteralmente dispersi nell’ambiente. D’altro canto, risulta difficile aspettarsi alti livelli di efficienza da una rete civile che per il 60% risale ad almeno trent’anni fa. Di questa quota, inoltre, il 25% avrebbe superato i 70 anni di vita mentre in diversi centri storici italiani vi sarebbero ancora tubature risalenti al periodo post-unitario”.
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