Economia

Iva sulle prestazioni sanitarie, si allarga l’ambito di applicazione dell’esenzione

ROMA – L’articolo 10 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n.633, il decreto istitutivo dell’Iva, stabilisce le operazioni che, nel rispetto delle disposizioni comunitarie e, principalmente per motivi di natura sociale, sono esenti dall’imposta.

Occorre precisare che l’esenzione non vuol dire esclusione dall’applicazione del tributo, ma solo la mancata applicazione dell’Iva al momento della fatturazione al cliente. Occorre precisare ancora che, al contrario del regime di “non imponibilità”, regime riservato sostanzialmente alle operazioni con l’estero ed assimilate, le attività che rientrano nel suddetto regime di esenzione di cui all’articolo 10, non consentono la detrazione dell’Iva sugli acquisti.

Tra le operazioni esenti dall’Iva, al punto 18 del citato articolo 10, ci sono anche le “operazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza”.
C’è da dire, al riguardo, che fino al 2003, prima di alcune sentenze della Corte di Giustizia Europea, venivano considerate esenti tutte le prestazioni sanitarie poste in essere nell’esercizio delle professioni sanitarie. Addirittura, fino al 1991, erano considerate pure esenti le prestazioni sanitarie rese dai veterinari.

Nel 2005, però, con circolare n. 4 del 28 gennaio, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti al fine di potere stabilire quali, delle prestazioni sanitarie, potessero essere considerate esenti e quali, invece, imponibili con l’aliquota ordinaria.

L’Agenzia ha evidenziato, innanzitutto, che secondo la Corte di Giustizia Europea non sono esenti da Iva tutte le prestazioni svolte nell’esercizio delle attività mediche e paramediche, ma soltanto quelle che sono dirette alla diagnosi, alla cura e, nella misura possibile, alla guarigione di malattie e di problemi di salute.

Quindi, se una prestazione medica non è effettuata per tutelare, mantenere o ristabilire la salute, come nel caso di una perizia o di un semplice parere non finalizzato al raggiungimento degli obiettivi anzidetti, l’Iva è regolarmente applicabile con l’aliquota ordinaria.

Conseguentemente, non sono esenti le certificazioni aventi uno scopo di accertamento giudiziario o assicurativo. Lo sono (esenti), invece, i controlli medici disposti dai datori di lavoro, i certificati di idoneità fisica che abilitano allo svolgimento di determinate attività (compresi quelli per l’ottenimento della patente di guida), e ciò in quanto anche tali prestazioni sono assolutamente correlate alla tutela della salute, comprendendo in tale finalità anche i trattamenti o esami medici a carattere profilattico eseguiti nei confronti di persone che non soffrono di alcuna malattia.

Recentemente, la Corte di Giustizia Europea, con sentenza depositata il 18 settembre scorso, ha allargato l’ambito di applicazione dell’esenzione Iva. Ha stabilito, infatti, che il regime di esenzione si applica anche quando non esiste un rapporto diretto (o rapporto di fiducia) tra l’operatore sanitario ed il paziente, come nel caso oggetto della controversia decisa dalla Corte UE per una questione promossa dai Giudici tedeschi (Causa C-700/17) nella quale la prestazione sanitaria non veniva resa dal medico nei confronti del paziente, bensì nei confronti di una società che gestiva un laboratorio di analisi.

Secondo i Giudici Europei, anche in questo caso sussistono le condizioni previste dalla sesta direttiva Ue, nel senso che, anche in questo caso, pur in assenza di un rapporto fiduciario tra il prestatore ed il paziente, vengono rese prestazioni mediche, con la finalità della tutela della salute della persona, svolte nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche.