Editoriale

La burocrazia pesa molto più del Covid

Lode a medici e infermieri, sufficienza o insufficienza all’organizzazione retrostante. Questa è la diagnosi chiarissima che emerge dopo dieci mesi di epidemia. Vi sono dei bugiardi che dicono che la sofferenza del sistema sanitario è conseguente al taglio dei finanziamenti. Una menzogna clamorosa, smentita dai seguenti dati: finanziamento 2012, 108 miliardi; finanziamento 2020, 118miliardi. Non è che le maggiori risorse affluite siano state ben spese, anche perché il bizzarro sistema italiano, secondo cui lo Stato centrale devolve risorse alle Regioni e queste ultime le spendono in base ai propri intendimenti, non consente di verificare l’efficacia della spesa. Vero è che esistono i Lea (Livelli essenziali di assistenza) però – come ci diceva il ministro della Salute di allora, Giulia Grillo, ospite del nostro Forum pubblicato il 15 dicembre 2018 – i Lea sono più elementi statistici che dati in base a cui il Ministero possa intervenire. La conseguenza di quanto precede è che vi è una buona organizzazione sanitaria nelle regioni del Nord, addirittura eccellente in Veneto, e una pessima nelle regioni del Sud, con la peggiore risultata nella Calabria.

Qui da noi, in Sicilia, la sanità non è ai più alti livelli, nonostante a essa siano attribuiti ben 9,2miliardi (leggediBilancio2020). Tanti facinorosi hanno approfittato dell’epidemia per tentare di fare risorgere dalle ceneri i piccoli ospedali, del tutto inutili e incapaci di fare un’assistenza, date le loro modeste dimensioni. Questo accade perché c’è sempre chi specula sulle disgrazie che capitano alla popolazione. Che i cittadini debbano essere curati non v’è dubbio, ma non si capisce, e nessuno ci ha spiegato, perché la sanità pubblica debba essere privilegiata rispetto a quella privata, ambedue previste dall’articolo 32 della Costituzione. Al cittadino interessa avere le migliori cure possibili, in base a cui il soggetto erogatore emette le cosiddette fatture (Drg). Al Servizio sanitario nazionale deve importare che le cure siano del più alto livello qualitativo possibile e non chi le abbia prestate. Solo degli imbecilli ideologizzati possono dire che la sanità pubblica è migliore di quella privata o viceversa. Sarebbe invece opportuna una sana competizione tra i due servizi. Abbiamo assistito in questi dieci mesi all’improvvisazione dei servizi sanitari, di cui hanno fatto le spese non soltanto i cittadini, ma anche medici e infermieri che li hanno dovuti curare. A monte di tutto questo, vi è stata la totale insufficienza della politica, che non ha programmato la specializzazione dei giovani medici in quantità sufficiente, non soltanto per affrontare l’ordinario ma anche le emergenze come in questo caso. La conseguenza è stata una forte carenza di medici e infermieri di cui ora c’è disperato bisogno, ma non si trovano. Napoleone vinceva a ripetizione le sue battaglie non soltanto perché era un grande stratega, ma perché aveva inventato un’organizzazione diversa da quella degli altri eserciti, primo fra i quali quello austro-ungarico. I due elementi al centro di questa organizzazione erano: un sistema di staffette che portava gli ordini direttamente dall’imperatore ai suoi generali sul campo, senza la trafila della catena di comando, quindi rapidità dello spostamento delle truppe; secondo, una prossimità ravvicinata della sussistenza, cioè l’assistenza sanitaria per i feriti, le cucine con cibi abbondanti, i vestiari, la possibilità di riposare quando i soldati non erano in battaglia.

Che significa tutto questo? Significa che l’organizzazione retrostante alla prima linea deve funzionare al miglior livello per sostenerne gli sforzi prolungati. Non sembra che la burocrazia retrostante abbia sostenuto gli sforzi di medici e infermieri, per la semplice ragione che essa non funziona in base ai principi di efficienza, merito, produttività e responsabilità. Non funziona e basta. La conseguenza di quanto precede è che il Governo nazionale e i Governi regionali, pavidi, hanno privilegiato una prudenza eccessiva rispetto al rischio, che si sta concretizzando nei cittadini, di terrore del virus e fame. Tra ottobre e novembre soltanto l’1% delle persone morte per Coronavirus godeva di ottima salute (fonte Iss). Ma gli organi d’informazione non ne parlano e continuano a diffondere paura.