Non aprite quella porta era il titolo di un film horror. I coraggiosi, perché di coraggio oltre che di senso del dovere si tratta, magistrati di Caltanissetta, quella porta l’hanno aperta. E vi hanno trovato il solito orrore che inquina da sempre la nostra non bellissima, per colpa nostra, isola. Dalla prima inchiesta su Montante, arrivata alla prima condanna a 14 anni per associazione a delinquere, si è passati all’inchiesta Bis, Montante e politica, ed oggi ter, con il fascicolo sull’ex senatore Lumia.
Nella ter troviamo l’innominato, il senatore della Porta Accanto, l’idolo dell’antimafia nazionale, l’Amico di tanti, per fortuna non tutti, magistrati, il Senatore Beppe Lumia.
Perché senatore della Porta Accanto? Perché era il volto del potere amicale, che puoi trovare bussando alla sua porta, quella di un luogo in cui c’era non solo la luce dell’onestà, ma anche del contatore allacciato abusivamente, a sua insaputa.
La Porta Accanto è anche quella del corridoio che arriva direttamente alla stanza del potere, la stanza del Presidente della Regione, saltando trafile e occhi indiscreti. Era il corridoio in cui i comunisti, senza essere visti, arrivavano al potente di turno DC per conferire. Era il corridoio frequentato in particolare da Michelangelo Russo.
Ed era quella utilizzata dal Senatore Innominato, soprattutto nelle riunioni pre giunta.
Tanto innominato non è, visto che la commissione antimafia regionale ha verbalizzato il suo nome decine di volte nelle sue audizioni.
Il Senatore ha fatto e disfatto governi e carriere negli ultimi lustri in Sicilia. Questo sistema ha dato patenti di onestà ad alcuni ed ha mascariato altri, quelli che non gli stavano a genio, quelli che non si facevano intimidire.
Ma la sua forza di pressione in cosa si differenziava da quella di coloro che a parole combatteva?
La mafia mette in pericolo la vita delle persone, il sistema in cui erano, a detta degli inquirenti, coinvolti Montante e Lumia, metteva in pericolo o santificava la dignità degli esseri umani che entravano nella loro orbita. Decidevano sulla esistenza in vita di carriere professionali o politiche.
In questa rete sono finiti molti pesci, stando alle intercettazioni ed alle risultanze processuali. Fior di alti ufficiali degli apparati di sicurezza dello Stato, fino ai vertici superiori, tanti magistrati plaudenti e deferenti, tanta politica, tante categorie sociali.
Ma c’era anche chi diceva no e per questo veniva intimidito o infangato.
Io, nel mio piccolo, nel periodo in cui ho avuto l’onere e l’onore di rappresentare istituzionalmente la Regione, ho detto no. Ricordo perfettamente il momento, la stanza. Ricordo perfettamente il senatore e la porta accanto. Ricordo perfettamente le richieste che mi venivano fatte ed i miei rifiuti. So perfettamente che questo sistema non mi riteneva affidabile alle sue logiche ed era contrario al mio ingresso in giunta. Ci furono conciliaboli e riunioni di maggioranza, addirittura, per impedire la mia nomina nella giunta regionale.
E come me hanno detto no diversi altri. Forse ancora troppo pochi per risollevare la dignità dell’isola dalla coltre del ricatto e della “mafiosa” prepotenza.
Giovanni Pizzo