PALERMO – È il momento di tirare le somme sulla situazione del mondo del lavoro in Sicilia nell’anno appena passato.
Un anno difficile, in cui l’economia ha tentato di riprendere fiato ma che soffre ancora troppo della discesa vertiginosa causata dalla pandemia.
Secondo i dati raccolti dal sistema Excelsior dell’Anpal e Unioncamere, in Sicilia sono state 255.430 le entrate complessive nelle imprese, di cui il 26,5% di difficile reperimento. Una percentuale altissima, una contraddizione se si pensa alla galoppante disoccupazione che affligge il territorio.
Guardando ai dati con più attenzione, ci si accorge che, delle posizioni che è difficile coprire, ben il 15,1% richiede la professionalità e la competenza di un laureato. Si tratta di una delle percentuali più alte a livello nazionale, che stride con la continua fuga dei giovani siciliani che partono prima per studiare e poi rimangono fuori dalle coste isolane per trovare una posizione economica soddisfacente e remunerativa.
Numeri simili soltanto in Piemonte, in Lombardia e in Lazio, dove si trovano i centri nevralgici dell’attività economica e burocratica italiana.
A livello nazionale, nel 2021 il possesso di una laurea è richiesto al 14% delle entrate, quota in linea con quella del 2020 ma di un punto superiore a quella del 2019. Per il 32% delle entrate è stato indicato come livello di istruzione preferito il diploma di scuola secondaria o post secondaria mentre la qualifica o diploma professionale è richiesto per il 24% delle entrate.
Le lauree più richieste sono quelle a indirizzo economico e di ingegneria e a indirizzo insegnamento e formazione; fra i diplomi le richieste riguardano soprattutto l’indirizzo amministrativo, quello meccanico e quello turistico; tra i qualificati o diplomati professionali prevalgono l’indirizzo ristorazione e quello meccanico.
Le difficoltà riscontrate dalle imprese nell’individuare i propri possibili dipendenti sono state evidentemente influenzate dall’andamento dell’emergenza sanitaria. Se la variazione rispetto al periodo pre-pandemia, e quindi al 2019, si ferma al 13,6%, sale moltissimo rispetto all’anno nefasto, in cui tutto si è fermato, il 2020, con una variazione del 46,3%.
Insomma, da una parte il dato è positivo perché la richiesta da parte delle imprese è in netto aumento: ben il 60% delle aziende inserite nella banca dati del sistema Excelsior ha programmato assunzioni ed erano 4,6 milioni le entrate previste (+0,5% rispetto a prima della pandemia). Crescono in tutti i settori, ma sono sempre di più difficile reperimento le posizioni richieste di personale specializzato, mentre diminuiscono le richieste per le professioni impiegatizie e la domanda di diplomati e qualificati; la difficoltà di reperimento è comunque in aumento per quasi tutti i profili professionali.
Ancora, il bollettino annuale 2021 del Sistema informativo Excelsior mostra chiaramente come i driver principali delle trasformazioni in atto siano le competenze digitali (il 71% delle imprese ha investito in trasformazione digitale nel 2021) e la transizione verso un’economia più sostenibile (il 53% investe in competenze green).
“La ripresa dell’economia – commenta il presidente di Unioncamere, Andrea Prete – porta con sé una ripresa anche per l’occupazione. Ma permane il gap tra domanda e offerta di lavoro che ha diverse ragioni. Per i profili più qualificati c’è indubbiamente una carenza numerica ed è fondamentale per questo lavorare sull’orientamento all’interno dei percorsi scolastici. Per i profili meno qualificati, invece, un tema chiave è quello dell’esperienza e occorre insistere sulla utilità per i giovani di avere, già dalla scuola, un primo contatto con il mondo del lavoro e di sperimentare sul campo le proprie inclinazioni e abilità”.
Più della metà delle figure professionali con elevata difficoltà di reperimento (16 su 30) sono operai specializzati nell’ambito industriale (ad esempio, meccanici collaudatori, saldatori, falegnami, elettricisti nelle costruzioni civili, installatori di impianti di isolamento) e nell’ambito dei servizi (ad esempio, installatori e manutentori di apparecchiature informatiche, operai specializzati nell’installazione e riparazione di apparati di telecomunicazione): per tali profili il mismatch supera sempre il 50% delle richieste delle imprese e può arrivare a coprirne fino quasi ai tre quarti.
“La necessità di adattarsi rapidamente al mutato scenario della ripresa economica che ha caratterizzato il 2021 ha modificato la domanda delle imprese con un consistente aumento delle difficoltà nel reperire i profili professionali ricercati. Questa ha riguardato 1/3 delle entrate programmate (32,2%). Un incremento di quasi 6 punti percentuali rispetto al 2019 determinato dalla mancanza di candidati nel 16,2% dei casi (+3,6 punti percentuali), o dalla preparazione non adeguata (12,8% delle difficoltà, +1,7 punti percentuali)”, si spiega nel bollettino.