Ponti, strade, dighe. Ma anche palestre e palazzetti dello sport. E ancora le infrastrutture idriche, la cui assenza o incompiutezza hanno lasciato la Sicilia assetata nel corso dell’estate appena trascorsa. In totale, risultano essere 47 le opere incompiute ripartite tra le nove province dell’Isola (sette in realtà, ndr). Nel rilevamento precedente, però, le incompiute risultavano addirittura 138: il numero più alto per singola regione su base nazionale.
Il documento diffuso dalla Regione Sicilia contiene informazioni dettagliate sull’anagrafe di tutte le opere incompiute nell’Isola, specificando la denominazione della stazione appaltante, il titolo dell’opera incompiuta, lo stato di avanzamento raggiunto, l’importo necessario per il completamento dei lavori, la fruibilità del bene e altre informazioni rilevanti.
Tra queste, con le lettere “A”, “B” e “C” sono definite le opere i cui lavori di realizzazione, avviati, risultano essere stati interrotti oltre il termine contrattualmente previsto (A); quelli interrotti entro il termine previsto, ma per i quali non sussistono allo stato attuale le condizioni di riavvio (B); e quelli che, seppur ultimati, non sono mai stati collaudati nel termine previsto in quanto l’opera non risulta rispondente a tutti i requisiti previsti dal capitolato e dal relativo progetto esecutivo, come accertato nel corso delle operazioni di collaudo (C). La metà delle opere incompiute (24) rientrano proprio nella lettera “B”.
Oltre alla statistica riportata nel documento, sono comunque diverse le motivazioni tra quelle che hanno portato all’interruzione dei lavori: dalla durata decennale per il completamento passando per l’inutilità che ne deriverebbe da un’opera ormai vetusta e completata ad anni di distanza rispetto alla sua progettazione.
E poi ancora per l’assenza dei finanziamenti necessari o a causa di ostacoli burocratici e/o tecnici. Dulcis in fundo, tra le motivazioni addotte, anche cambiamenti di linea politica che hanno depotenziato l’interesse nei confronti del cantiere in questione. Un po’ come avvenuto a livello centrale negli ultimi decenni per la realizzazione del progetto del ponte sullo Stretto.
Un mare magnum, come detto, che riguarda tutte le province siciliane. A livello centrale, invece, l’ultimo rilevamento disponibile risale all’estate del 2023 sui dati del 2022 pubblicati sulla piattaforma Servizio Contratti Pubblici (SCP) del Ministero. Se Sparta piange, Atene non ride. Rispetto al 2020, delle 443 opere incompiute in tutto il Paese, ne sono state completate soltanto 71: meno del 20% del totale. Altre, come vedremo, sono invece proprio sparite dai radar.
L’importo complessivo degli interventi aggiornato all’ultimo quadro economico delle opere censite nel 2022, il cui valore attuale risulta di circa 2,5 miliardi di euro, subisce un deciso incremento rispetto al 2021 (+38%); stabile invece l’importo complessivo degli oneri per l’ultimazione dei lavori, che ha segnato una limitata differenza (+5,2%) passando da 1,2 miliardi di euro del 2021 a 1,3 miliardi di euro del 2022.
Sicilia che in quella tabella nazionale spiccava per via delle 138 opere incompiute: prima regione d’Italia. Valle d’Aosta e Province autonome di Trento e Bolzano risultano le più virtuose con zero segnalazioni. In appena due anni – i report delle singole regioni sono aggiornati più rapidamente che a livello centrale – i numeri della Sicilia si sono però ridotti in maniera sensibile: da 138 si è passati alle 47 incompiute.
Nell’ultimo rilevamento, le sole province di Palermo (14) e Messina (12) contano più della metà del totale delle opere incompiute di tutta la Sicilia. Sono sei quelle invece presenti nella provincia di Caltanissetta, una in meno per Agrigento e Trapani . Quattro in provincia di Siracusa. Due, infine, a Catania. Tra Enna e Ragusa nessuna incompiuta registrata nell’anagrafe della regione.
Di queste 47, però, in ben 13 i lavori non sono ancora cominciati e solo in 6 risulta un livello di avanzamento lavori superiore al 50%. Ci sono i lavori di ripristino e completamento di un collettore fognario in provincia di Messina (Pagliara, 76,68%); i lavori di manutenzione straordinaria e ammodernamento della S.P. N. 23 “Tratto Montedoro – Bompensiere” a Caltanissetta (67,75%).
E poi la costruzione della strada di interesse turistico per la ricettività collinare nel Comune di Basicò (Messina, 55,20%); la ristrutturazione e adeguamento funzionale nei locali della ex caserma di piazza San Francesco da adibire a Museo dei Pupi nel Comune di Sortino (Siracusa, 54,20%); la realizzazione di un acquedotto e rete idrica per la distribuzione nelle zone limitrofe al centro abitato del Comune di Polizzi Generosa (Palermo, 51,96%); infine il completamento della scuola Salvatore Todaro per la costruzione della palestra e degli spogliatoi ad Augusta (Siracusa, 50,29%).
Sebbene siano ancora davvero troppo poche le opere presenti in tabella con un raggiungimento positivo dello stato di avanzamento lavori, lo stesso non si potrebbe dire per il crollo in percentuale delle incompiute in Sicilia rispetto a due anni fa. A tutti gli effetti l’assessorato avrebbe ottenuto un ottimo risultato con quello che sembrerebbe addirittura un +34% di opere completate in appena un biennio a fronte di anni di immobilismo. Ma le cose non stanno esattamente così.
Mettendo in rapporto l’anagrafe presentata dalla Regione nel 2022, risultano esserci opere che pur non essendo presenti nel nuovo rilevamento, non sono comunque state realizzate nel corso degli ultimi due anni. Prendendo in considerazione solo la provincia di Messina, risultavano incompiute quattro opere di edilizia popolare per tramite dello IACP, l’Istituto Autonomo Case Popolari. In totale, n.344 alloggi che sarebbero dovuti servire a tirare fuori dalle baracche alcune centinaia di messinesi nella zona sud della città e ad agevolare la situazione abitativa per tramite dell’edilizia popolare nel Comune di Saponara.
Alloggi e palazzi di cui non solo non c’è traccia, ma per i quali nelle tabelle della Regione non risulta più prevista la loro realizzazione. Lavori che risultano completati tra il 2 e il 20% per singola opera, a fronte di uno stanziamento di fondi messo a bilancio rispondente ad alcuni milioni di euro denaro pubblico. Per il completamento di quegli immobili sarebbero stati necessari altri 16 milioni e mezzo di euro che però non sono stati trovati.
Cantieri che rientravano nel quadro di quelli interrotti entro il termine previsto, ma per i quali non sussistono allo stato attuale le condizioni di riavvio per mancanza di fondi; cause tecniche; sopravvenute nuove norme tecniche o disposizioni di legge; fallimento, liquidazione coatta e concordato preventivo dell’impresa appaltatrice, risoluzione del contratto ai sensi degli articoli 135 e 136 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o di recesso dal contratto ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di antimafia;
Infine, come detto in precedenza, anche per via di un mancato interesse al completamento da parte della stazione appaltante, dell’ente aggiudicatore o di altro soggetto aggiudicatore, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Un quadro che si ripete in modalità copia e incolla anche nelle altre province dell’Isola per un impegno di spesa che rischia di restare ferma al palo, ancora una volta.
Il perché di questa chiave di lettura dipende dalle modalità di valutazione dei cantieri sparsi in ogni angolo della Sicilia: dalle città metropolitane ai piccoli centri dell’entroterra. L’elenco redatto dall’assessorato regionale alle Infrastrutture elenca infatti solo le opere “interrotte per contenziosi o cause di forza maggiore” riscontrabili alle lettere “A”, “B” e “C”.
Restano così fuori tutte le altre grandi opere – come per esempio l’autostrada Ragusa-Catania, il viadotto Hymera (crollato sulla A19 Palermo Catania e per il quale tutti gli imputati sono stati assolti lo scorso dicembre) o i raddoppi ferroviari dell’Isola, con un appalto totale da oltre 20 miliardi di euro portato avanti da RFI. Di poco inferiore la spesa prevista per il capitolo autostrade.
Sempre restando a Messina, per esempio, non risultavano in precedenza i cantieri del viadotto Ritiro (terminato dopo 12 anni di calvari proprio lo scorso 1 agosto), del porto di Tremestieri, degli svincoli di Giostra Annunziata (cantieri avviati nel 1997) o della via Don Blasco, solo per citare le più rappresentative in termini onerosi della città dello Stretto.
Nel frattempo, l’assessorato regionale alle infrastrutture avrà parecchio di che dover lavorare per riuscire a reperire tutti i fondi necessari per far sì che le 47 opere attualmente incompiute in Sicilia secondo l’anagrafe, non restino tali. Con l’assessorato, anche Anas, Rfi e Webuild avranno una responsabilità non meno importante. In attesa dell’eventuale inizio dei cantieri per la realizzazione del ponte sullo Stretto. Con i siciliani che – forti di un passato che racconta di una Isola che spinge più verso la regressione che non in direzione del futuro – sperano non si tratti dell’ennesima incompiuta a queste latitudini.
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