Lavoro

Liberi professionisti, in Sicilia redditi al lumicino: le differenze con il resto d’Italia

PALERMO – I liberi professionisti, gli artigiani e i lavoratori autonomi siciliani sembrerebbero guadagnare veramente poco. Questa è la realtà che emerge dai dati del ministero dell’Economia e delle finanze, elaborati dall’ufficio studi della Cgia, relativi ai redditi dichiarati nel 2022, che fanno ovviamente riferimento all’anno di imposta 2021. In Sicilia gli autonomi hanno dichiarato una media di 23.946 euro all’anno. Con questi numeri, la Sicilia di trova al 14esimo posto tra le regioni italiane per redditi dei autonomi, ben più in basso della media nazionale che sale a 29.425 euro.

Le differenze con il resto d’Italia

Ancora maggiore la differenza rispetto alla Lombardia, in cima alla classifica, che sale a 35.462 euro, seguita dalla provincia autonoma di Trento, a 34.436 euro, e il Veneto, a 33.318 euro. I numeri peggiori si registrano, invece, in Calabria, che scende inesorabilmente a 19.551 euro, insieme al Molise, a 19.610 euro, e la Basilicata, a 19.610 euro. Guardando le dichiarazioni dei redditi degli imprenditori individuali e dei lavoratori autonomi in contabilità semplificata, regime fiscale che coinvolge la grandissima parte degli artigiani e dei piccoli commercianti, le differenze reddituali sono profondissime. Se, mediamente, al Nord si dichiarano 33 mila euro all’anno, al Sud solo 23 mila. Questo vuol dire che al Nord si dichiara il 43 per cento in più.

L’evasione fiscale

Questa forchetta tende addirittura ad aumentare quando si analizzano le dichiarazioni dei redditi anche dei lavoratori autonomi, liberi professionisti, artisti, e delle imprese individuali in contabilità ordinaria. Secondo la Cgia, ha una rilevanza non trascurabile anche l’impatto dell’evasione fiscale di sopravvivenza che nel Mezzogiorno ha dimensioni importanti. Proprio in materia di evasione fiscale, spesso i dati del ministero dell’Economia e delle finanze, che stimano in quasi 90 miliardi di euro il tax gap delle entrate tributarie e contributive presenti nel Paese, vengono presi come prova della particolare tendenza all’evasione degli autonomi. Entrando nel dettaglio di questa analisi, la tipologia di imposta più evasa sarebbe l’Irpef in capo al lavoro autonomo, per un importo pari a 28,3 miliardi di euro che corrisponde ad una propensione al gap nell’imposta che da anni sfiora stabilmente il 70%.

“Questo vuol dire – dicono dalla Cgia – secondo gli estensori di questa elaborazione, che poco meno del 70% dell’Irpef non sarebbe versata all’erario dai lavoratori autonomi”. La Cgia rifiuta questa interpretazione del dato: secondo le dichiarazioni dei redditi dei lavoratori autonomi in contabilità semplificata, gli autonomi del Nord hanno dichiarato mediamente 33 mila euro lordi nell’anno di imposta 2021. “Se, come sostiene il Mef – scrivono dalla Cgia – queste attività evadono quasi il 70% dell’Irpef, quanto dovrebbero dichiarare se fossero ligi alle richieste dell’erario? Il 130% in più, ovvero poco più di 76 mila euro all’anno”.

Il tax gap

Una soglia di reddito molto elevata, considerato che la stragrande maggioranza di questi lavoratori agisce da sola, come un lavoratore dipendente, e deve gestire sia il lavoro che il contatto con i clienti più tutta la burocrazia che sta dietro alla gestione di una impresa individuale. “Ovviamente, nessuno può nascondere che anche tra i lavoratori autonomi ci siano delle sacche di evasione che vanno assolutamente debellate – dice la Cgia -. Tuttavia, le stime messe a punto dal Mef non convincono, anche alla luce del fatto che non includono il tax gap riconducibile agli autonomi esclusi dal pagamento dell’Irap”.