Vorrebbe dire che una università siciliana avrebbe cognizione del suo ruolo geopolitico, oltre che storico-culturale. Ai tempi di Federico Stupor Mundi eravamo a Palermo la culla della cultura mediterranea, oggi siamo sulle pagine della svendita truffalda del concetto di istruzione emersa con il Bosniagate. L’università palermitana avrebbe dovuto fondare da tempo, alla luce del sole, con gli opportuni passaggi ministeriali al ministero della Ricerca e degli Esteri, insieme a università vere, reali, dei paesi frontalieri, come Malta, la Tunisia, la Grecia, la Turchia, il Marocco, l’Egitto.
Una cosa vera, formale, preparata per tempo, con documentazione di supporto scientifica, con un progetto strategico ed una Mission. Non una associazione fatta dal notaio a titolo personale, senza il Senato accademico coinvolto. A cosa serve a Palermo una università del Mediterraneo? A invertire flussi migratori, a pescare in un parco risorse umane più vasto studenti e ricercatori, a fare matching di culture e studi. Forse i ricercatori tunisini sono più preparati di noi su cambiamenti climatici e flussi migratori. Su una base più ampia di capitale umano si riesce a diventare competitivi sul placement, visto il calo demografico drammatico in Italia, Sicilia compresa. Ci sono forti bisogni di capitale umano in Italia, e i siciliani spesso si trattengono solo per la triennale, emigrando per la specialistica, attirati da atenei del Nord Italia o esteri, per quanto costosi per le famiglie che li devono sostenere.
Aprire ad altri mondi del Mediterraneo ci farebbe diventare invece competitivi per le famiglie frontaliere, in un interscambio di ricercatori e percorsi di stage all’estero. Un crogiolo di integrazione tra razze, lingue e culture differenti, ma con il messaggio del film di Gabriele Salvatores che vinse l’Oscar, Mediterraneo, una faza una razza. Questo sarebbe possibile se la nostra università avesse scienziati e ricercatori che si mettano in gioco, e non pensino solo ai concorsi interni, alla lezioncina pagata in più, ai miserrimi budget. Ma abbiamo la capacità di giocare ambiziosamente sul terreno della scienza e della geopolitica? Perché questo è il vantaggio competitivo della Sicilia rispetto ad altre università spesso più prestigiose. Invece abbiamo giocato al ribasso, abbiamo costruito uno specchietto per le incaute allodole studentesche con il fantasmagorico Rettore Totò Messina, oggi ricercato con un mandato di cattura bosniaco. I quali bosniaci non ci stanno a passare per truffatori, e li vogliono arrestare tutti, mentre noi siamo al giorno zero dell’indagine. Noi italiani quando dobbiamo pestare piedi eccellenti ci andiamo cauti, i palermitani ancora di più, non sia mai che poi dobbiamo mettere nei guai un parente, un amico, un socio di circolo o un conoscente, magari è pure un bravo condomino.
Ci vorrebbe una Università, con la U maiuscola, del Mediterraneo. Peccato che sia solo un sogno, a titolo personale.