Matteo Messina Denaro ha fatto parte di un gruppo composto da personaggi di spicco della criminalità organizzata che avrebbero tentato di uccidere il magistrato Giovanni Falcone a Roma.
Lo ha detto oggi il procuratore generale di Caltanissetta, Antonino Patti, al termine dell’udienza che vede imputato l’ex superlatitante di Castelvetrano al processo di Caltanissetta per le stragi del 1992 di via D’Amelio e Capaci.
Lo stesso Messina Denaro sarebbe partito dalla Sicilia per cercare di “assassinare Falcone a Roma avendo anche altri obiettivi, quali il ministro Martelli e il giornalista Maurizio Costanzo, missione che poi non andò a buon fine che però è stata riscontrata in tutti i processi”.
“Matteo Messina Denaro – ha aggiunto Patti – è stato già condannato in primo grado per essere stato il mandante delle stragi del ’92, per essere il principale fiancheggiatore di Riina nel progetto stragista e a riprova di questo un capitolo interessante del nostro processo è quello sulla cosiddetta missione romana”.
Sempre Patti ha sottolineato come il boss di Castelvetrano avesse un rapporto molto stretto con Totò Riina, addirittura “assolutamente superiore agli altri”.
Messina Denaro “non è soltanto uno dei mandanti, ma un capo che ha messo mano al progetto con la missione romana precedente a Capaci. Riina nel carcere di Opera disse di aver eletto Messina Denaro come suo successore, l’aveva preso sotto la sua ala protettiva”.
“Il mio auspicio, del tutto teorico, è che anche in questo processo possa dare il suo contributo nella ricostruzione della verità”, ha concluso Patti.