Sanità

Medici, eroi di oggi, precari di domani, l’allarme di Confintesa

Il settore sanitario italiano, messo a dura prova nel corso del 2020 a causa dell’emergenza Covid 19, ha visto impennare il numero di assunzioni del personale (tra medici, infermieri e altri operatori) superando, già lo scorso novembre, la soglia delle 35.000mila unità.

Nonostante ciò, molti dei camici bianchi che durante questi mesi hanno combattuto in prima linea contro il virus, rischiano di vedersi preclusa la possibilità di un futuro lavorativo. “Molti di loro – ci spiega Domenico Amato, numero uno di Confintesa – sono stati assunti con il solo scopo di fronteggiare la crisi pandemica, con contratti a tempo determinato o rapporti libero professionali”.

Domenico Amato

Come confermano infatti i dati del Ministero della salute, solo una piccola percentuale di operatori sanitari è stata effettivamente assunta a tempo indeterminato.

“Nello specifico – prosegue Amato – la Sicilia paga le conseguenze di una politica sanitaria insoddisfacente. Nel corso degli ultimi vent’anni, il personale è stato drasticamente ridotto e la pandemia ha messo in luce l’esigenza di una corsa alla riassunzione, anche se come detto solo temporanea”.

Nell’ottica di una coerente riprogrammazione del personale – confacente alle esigenze della sanità siciliana – Confintesa punta il dito contro la politica regionale, nell’ottica di un piano integrato di sviluppo che converga sia sul piano delle assunzioni, che sulla sanità territoriale.

In questo senso, proseguono i vertici della confederazione sindacale, è necessario provvedere ad un riassesto della medicina territoriale siciliana, all’interno di un più chiaro piano sanitario regionale.

“Se fosse stato rinforzato l’aspetto territoriale della sanità molte persone sarebbero state curate a domicilio, e non in ospedale. Ancora oggi ci chiediamo perché non si sia intervenuto anche a livello periferico, anziché soltanto nei centri ospedalieri”.

Punti interrogativi leciti quelli di Confintesa, che aprono voragini se si guarda al contesto in cui versa il piano regionale vaccinale: “Un livello territoriale sanitario organizzato avrebbe consentito, nell’imminente futuro, una programmazione vaccinale capillare, sollevando allo stesso tempo i medici di base dalla gestione unica del quadro vaccini – chiosa Domenico Amato, che infine aggiunge – evitando anche gli spiacevoli inconvenienti dei furbetti della dose, che hanno approfittato di un contesto poco chiaro per vaccinarsi, prima ancora che venisse il loro turno“.

Gioacchino Lepre