Esportiamo meno petrolio e prodotti agricoli lavorati ma più immondizia. Si possono leggere anche in questa maniera i dati elaborati dalla Banca di Italia inclusi nell’aggiornamento semestrale sull’economia siciliana diffusi dalla sede regionale di Palermo. A guardare le tabelle con i dati Istat fornite nel rapporto emerge questo quadro: l’intero ammontare delle esportazioni dell’Isola nel primo semestre ha fatto registrare una quota di 6,7 miliardi di cui 4 solo di prodotti petroliferi (questa in riduzione del 23% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Dal punto di vista qualitativo in termini di export la marcia in più viene per le imprese che hanno realizzato investimenti green e di innovazione nella loro filiera.
Tra i settori che perdono maggiori quote in percentuale ci sono anche i prodotti chimici che cedono nel primo semestre quasi un terzo per quel che riguarda la quantità (-28%) e arrivano ad esportare un valore corrispondente di 411 milioni di euro. Perde anche il comparto dei metalli (-19%) per 114 milioni di valore e perde anche il settore dei prodotti alimentari e tabacco che scende sotto quota mezzo miliardo in valore (494) con una perdita del 12%. Aumentano invece i prodotti dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (352 milioni) a +2,6%. Tra gli altri settori in aumento si registrano gli incrementi degli apparecchi elettrici (234 milioni) con un +53% in termini di quantità ed aumenta anche la voce energia, energia trattamento rifiuti e risanamento a 14 milioni di euro con un +84% in termini di quantità, in crescita anche macchinari ed apparati diversi con +22% in quantità e 84 milioni come valore aggregato.
Dei 6,7 miliardi di export realizzati nel corso del primo semestre il valore tra paesi extra ue e comunitari è quasi uguale: 3,5 miliardi le vendite registrate verso paesi al di fuori dell’unione e 3,1 quelle comunitarie con la Spagna il primo paese di sbocco con 442 milioni, seguita da Francia 350 e Germania 314. Dei 3,5 miliardi che vola verso paesi extra ue, poco più di un miliardo finisce in paesi europei non comunitari il resto vola oltre oceano, la maggior parte negli Usa 652 milioni mentre il mercato cinese vale appena 160 milioni di euro per le imprese esportatrici dell’Isola.
La Sicilia è sul podio dell’export nel Mezzogiorno, sostiene Sace (il gruppo assicurativo-finanziario italiano, direttamente controllato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze). Nel corso di un incontro a Palermo sono stati presentati i risultati di una indagine condotta dagli analisti del gruppo che dimostrano come gli investimenti in innovazione e sostenibilità intraprese dalle aziende del Made in Sicily fanno da export booster. Sace ha accompagnato in questa direzione già 1.300 imprese siciliane per 1,2 miliardi di euro solo nell’ultimo anno tra questi la 3Sun di Catania (560 milioni di project financing con garanzia green) o la Gesap (la società che gestisce lo scalo di Palermo).
“Transizione sostenibile e rivoluzione digitale sono i due fenomeni che stanno caratterizzando in modo sempre più nitido e marcato l’attività di impresa. Nel 2022, oltre il 60% delle medie imprese manifatturiere (e quasi il 40% delle piccole) ha infatti intrapreso “azioni di sostenibilità”, mostrando un’attenzione crescente per questi temi”, spiega Rodolfo Belcastro, Chief Corporate Identity & Communications Officer, “la cosiddetta “duplice transizione” (“Twin Transition”) aumenta la propensione all’export delle PMI: il numero delle imprese che investe in green e digitale e che esporta è di 20 punti percentuali superiore a quello delle imprese che esportano non facendo alcuna transizione. Abbracciare la duplice transizione green e digitale porta le PMI a essere più resilienti, lungimiranti e consapevoli, ma soprattutto più produttive e competitive non solo in ambito nazionale ma anche internazionale”.
In Sicilia, secondo Lorenzo Fontanelli, sales agent di Sace, “c’è tanto spazio per le aziende dell’agroalimentare”. Porte aperte, comunque a tutte le piccole imprese che vogliono tentare la strada dell’export “in allineamento con il nostro piano industriale 2025 il nostro scopo è quello di servire il maggior numero di piccole aziende”, ha concluso.
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