MESSINA – Si chiude un anno di transizione, che ci proietta in un “post Covid” pieno di cambiamenti anche nel mondo della produzione e del lavoro. Si aprono sfide importanti per i prossimi anni, una mole di investimenti senza precedenti sono previsti anche nella Città metropolitana di Messina e l’auspicio è che si sappiano utilizzare per un rilancio economico e occupazionale.
Se lo augurano anche i tre segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Giovanni Mastroeni, Nino Alibrandi e Ivan Tripodi, che raccontano al QdS i momenti più critici e le ripercussioni sul mondo del lavoro di questo anno che si sta per concludere, tracciando alcuni punti programmatici anche sul ruolo che intendono avere nel 2022 nella gestione dei cambiamenti attesi.
I piccoli segnali di ripresa nell’edilizia, con il bonus 110%, e nel turismo sembrano si siano offuscati in questo ultimo scorcio del 2021: da una parte con la difficoltà ad aprire i cantieri per mancanza di aziende preparate; dall’altra l’aumento dei contagi che ha bloccato voli e prenotazioni. Si spera che nel 2022 l’edilizia, settore trainate dell’economia locale possa avere finalmente la sua rivincita con i vantaggi dei bonus.
Nella zona tirrenica c’è un’area industriale da salvaguardare, utilizzando i fondi del Pnrr che possono favorire la transizione energetica, un grande strumento di sviluppo economico. Ma ci sono anche i fondi per le bonifiche e quelli per realizzare quelle infrastrutture propedeutiche al rilancio del territorio. C’è una zona ionica con un’industria del turismo in sofferenza che ha bisogno di esplorare nuove modalità attrattive oltre la tutela degli stagionali. C’è un capoluogo dove si prospettano da una parte tanti investimenti e grandi opere al traguardo e dall’altra una fragilità sociale con la prospettiva di un’instabilità amministrativa che arriverà inevitabilmente con le dimissioni del sindaco Cateno De Luca. Per i sindacalisti non è questo il momento più opportuno per lasciare la guida dell’Amministrazione, col rischio di immobilizzare la città per mesi, in un momento così delicato.
In un’analisi fatta dal professore Michele Limosani, direttore del Dipartimento di Economia dell’Università di Messina, emerge una città dal tessuto economico fragile, dove soltanto il 58% della popolazione presenta la dichiarazione dei redditi e di questi il 33% dichiara redditi da zero a diecimila euro, il 40% tra i 15 mila e i 26 mila euro. Messina è una città di impiegati (52%) e di pensionati (40%) rileva ancora Limosani. I redditi di impresa e dei lavoratori autonomi sono marginali. Le aziende registrate sono circa ventimila prevalentemente nel settore del commercio, costruzioni, manifattura e ristorazione, molte migliaia di queste imprese però sono inattive, altre registrano perdite di esercizio o basso fatturato, solo una piccola percentuale oltrepassa i settecentomila euro. Sono invece 126 le imprese di capitale distribuite nella provincia che fatturano più di cinque milioni di euro e operano nel settore dell’energia, trasporti, credito, elettronica, grande distribuzione, vendita materie prime.
La grande sfida riguarda proprio la zona industriale della Valle del Mela secondo Giovanni Matroeni della Cgil, dove la riconversione energetica dovrà essere affrontata con i fondi del Pnrr. Alla Ram si dovrà affrontarla gradualmente. L’istruttoria sull’Aia che impone livelli di emissioni irraggiungibili è penalizzante, una forzatura, dicono i sindacati confederali, che potrebbe portare al fermo degli impianti in sessanta giorni e a marzo avremmo la raffineria chiusa con oltre 2.500 famiglie in grande difficoltà. L’auspicio è che si possa riaprire la conferenza dei servizi. Una tematica, questa, dice Ivan Tripodi, su cui il sindaco metropolitano De Luca sarebbe stato “completamente assente”.
I fondi del Pnrr vanno utilizzati, rappresentano una grande opportunità per i territori ma i Comuni non hanno i tecnici per i progetti. Il rischio è quello di utilizzare progetti vecchi chiusi nei cassetti che non rispondono più alle esigenze dei territori. Nino Alibrandi confida nelle riforme che il Governo si è impegnato a varare per snellire la burocrazia e sbloccare le assunzioni, un po’ meno Mastroeni e Tripodi, che si ritrovano sulla stessa linea d’azione su molti temi nazionali ma anche locali. “Non abbiamo idee preconcette – dice Tripodi – ma non abbiamo sbagliato a non firmare il Salva Messina, visti i rilievi fatti dalla Corte Conti sul Piano di riequilibrio e le partecipate in particolare”.
La Cisl invece ha sposato quel Piano: “Abbiamo guardato al bene della città, non siamo amici del sindaco, ma si prospettavano centinaia di licenziamenti. Adesso non esulterei viste le criticità che si prospettano”.