Messina

Messina, la città che continua a franare: 362 zone a rischio idrogeologico

Due giorni di maltempo. Tanti ne sono stati sufficienti a Messina per essere inghiottita dalle piogge che hanno portato via con sé detriti e costretto anche alla parziale chiusura del viale Boccetta, una delle principali arterie cittadine. Qui l’asfalto è collassato aprendo un crine per un lungo tratto di carreggiata. Tratto stradale che ha costretto il Comune alla parziale chiusura al transito in direzione monte – mare per le opere di verifica di stabilità di una delle strade più trafficate della città. Sempre durante il diluvio che ha investito la città dello Stretto, nella neo inaugurata via Don Blasco e in via Franza, la carreggiata ha lasciato il posto a un fiume d’acqua, costringendo gli automobilisti a fare marcia indietro a causa dell’altezza raggiunta in un tratto lungo alcuni chilometri e a ridosso del mare. A Zafferia, nella zona sud, il torrente è esondato bloccando gli abitanti del villaggio a causa dei detriti presenti in strada. Un leitmotiv che si verifica ogni anno per una città che, anche a causa della sua morfologia, si sgretola con l’arrivo delle forti piogge dopo mesi di pressoché totale siccità.

Messina, la città che frana

Messina, capoluogo attraversato da nord a sud da torrenti (come il viale Boccetta, ndr) che dalla montagna raggiungono il mare e frammentano le zone abitate, è sempre stata e resta città che frana. Il più grave di questi eventi franosi risale di certo al primo ottobre del 2009, data in cui la periferia sud venne spazzata via da fango e detriti sospinti a valle dalle piogge e dal costone roccioso che seppellì l’abitato di Giampilieri e Scaletta. Trentasei le vittime di quella alluvione mai dimenticata a queste latitudini. Eppure, dati alla mano, quello verificatosi in questi giorni porterebbe la firma di un normale acquazzone. La precipitazione registrata risulta essere di circa 10 mm in un’ora (10 litri per ogni metro quadrato, ndr). La cella temporalesca che si è abbattuta su Messina è stata registrata tra le 18 e le 19; la pioggia però è caduta soprattutto tra le 18 e le 18:20. Dunque, una vera e propria bomba d’acqua concentrata soprattutto in centro città.

Il report PAI

Le difficoltà del territorio peloritano sono sia di natura idraulica che geomorfologica: si tratta di un’area esposta per via delle condizioni morfologiche e climatiche dello Stretto. Una pioggia intensa è dunque sufficiente a produrre allagamenti nelle vie dello shopping, a far saltare buona parte dei tombini della città e a mettere in pericolo la popolazione che vive nelle aree più a rischio. Il PAI (Piani di Assetto Idrogeologico) ha individuato tutte le aree a rischio idrogeologico nel Paese. Una mappatura pubblicata soltanto nel 2000, con regole più stringenti in ambito edilizio presentate solo nel corso degli anni ’90. In sintesi: tutto ciò che è stato costruito prima di allora, che sia nei pressi del mare, in mezzo ai torrenti o a ridosso delle montagne, non riceverebbe mai il via libera per la costruzione con le normative oggi vigenti in Italia. In base all’ultimo PAI, «sulla base delle classi di pericolosità precedentemente individuate – si legge – e delle infrastrutture presenti all’interno del perimetro delle relative aree, sono stati perimetrati i singoli elementi a rischio, con relativo livello di attenzione da R1 a R4». Il rischio R4 è quello che può causare la perdita di vite umane e lesioni gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione di attività socio-economiche». Sono 138 le aree classificate come R4, per una superficie complessiva di 17 ettari nel solo territorio di Messina. Ben 89 quelle soggette a rischio elevato R3, che possono causare «problemi per l’incolumità delle persone, danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale». Sono 100, invece, le aree a rischio medio (R2) e 35 quelle a rischio moderato (R1).


Nel documento del PAI le zone per priorità di intervento fanno riferimento a Monte Banditore (Gravitelli) e Bordonaro. E poi ancora Larderia inferiore, Cumia Inferiore, Pezzolo e i quartieri vittime proprio dell’alluvione dell’1 ottobre 2009. E ancora viale Italia, proprio a ridosso del centro città, il Poggio dei Pini nei pressi dello svincolo di Giostra Annunziata, l’area di Paradiso e quelle a sud di San Filippo, Petrazza e San Giovannello. Proprio a ridosso del Boccetta, situazione critica anche per la zona di Scoppo. Nel territorio comunale di Messina sono dunque 362 in totale le zone a rischio (da elevatissimo a contenuto) idrogeologico. Tra le principali cause: cambiamento climatico, desertificazione, abbandono dei villaggi collinari e dei terreni, ma anche l’innalzamento delle temperature che non consente un corretto drenaggio del terreno alle prime piogge dell’anno. Così si spiega la presenza di detriti di ogni genere con la quale in questi giorni post temporale si stanno confrontando tutte le strade cittadine, con i detriti trasportati giù a valle da veri e propri fiumi di acqua. Stando ai dati forniti dal Comune, risultano esserci stati oltre 400 dissesti censiti nel territorio comunale e 133 aree a rischio a fianco dei torrenti. Si tratta in totale di 75 ettari particolarmente esposti anche per la mancata coltivazione dei terreni presenti nelle colline che sovrastano l’abitato. Per una città che continua a sgretolarsi ma che dovrà presto prepararsi a sostenere il peso della mega opera del ponte sullo Stretto.

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