MESSINA – La mancanza di efficienti impianti di depurazione è ancora una delle maggiori cause di inquinamento delle coste messinesi. Si sta lavorando per attrezzare territori scoperti e potenziare i vecchi impianti, ma ci vorranno degli anni per avere dei risultati per la salute del mare e vedere sparire almeno una parte di quei cartelli che vietano la balneazione.
Dopo dieci anni c’è qualche buona notizia per la realizzazione del depuratore di Tono, che il Cipe aveva finanziato nel 2012 con circa 40 milioni di euro. Finalmente è stato emesso il Provvedimento autorizzatorio unico regionale (Paur) e adesso si potrà procedere con la verifica finale della progettazione esecutiva e il bando di gara. Si spera di poter iniziare i lavori entro la fine dell’anno. Il progetto, che consentirà di convogliare i reflui fognari della zona costiera e dei villaggi collinari a Nord della città ha avuto un ulteriore finanziamento di 11,7 milioni di euro.
Sono poi in corso i lavori di revamping del depuratore di Mili, un complesso di interventi strutturali che efficienteranno al massimo la struttura in gestione ad Amam che serve la zona Sud di Messina. I lavori, per oltre due milioni di euro, erano stati consegnati alla ditta nel dicembre del 2020 e dovevano durare nove mesi.
Nella zona tirrenica buona parte degli impianti non funziona bene perché sottodimensionata. Per alcuni sono partiti i lavori di potenziamento, come per Sant’Agata Militello; a Capo d’Orlando, invece, l’opera deve andare ancora in appalto. Brolo e Piraino vengono serviti da un depuratore consortile di nuova generazione costruito dieci anni fa e che funziona bene. Per Patti è stata affidata la gara per il nuovo impianto e a settembre potrebbero cominciare i lavori.
Maggiori le criticità nella zona ionica – dove numerosi comuni non hanno neppure un depuratore – e nel comprensorio Giardini Naxos, Letojanni, Taormina e Castelmola, dove un impianto c’è. “Abbiamo un depuratore consortile – spiega al QdS Annamaria Noessing, presidente del circolo Legambiente Taormina Valle d’Alcantara – costruito quarant’anni fa e collocato, purtroppo, alla foce del fiume Alcantara. È un impianto sottodimensionato e non dispone dello scarico al largo. In via eccezionale il depuratore viene autorizzato a scaricare il sovrappiù nel fiume. Nella stagione estiva il sovrappiù è quasi quotidiano. La foce del fiume Alcantara non è balneabile da diversi anni. Noi come circolo presentiamo periodicamente il monitoraggio delle acque e i risultati sono piuttosto allarmanti, tanto che anche l’Arpa ha evidenziato tali criticità. È un fiume che scorre per una settantina di chilometri e porta inquinanti, anche da scarichi abusivi, da monte a valle e che si concentrano alla foce”.
Il depuratore, secondo Giorgio Stracuzzi, sindaco di Giardini Naxos funziona bene. “Mi hanno assicurato – dichiara al QdS – che dalle analisi effettuate l’impianto non ha problemi. Il presidente del consorzio, Mauro Passalacqua, mi ha assicurato che tutti i prelievi e gli esami sono a norma”.
Non esistono criticità allora? “Non è che non ne esistono – afferma – ma non so quali siano. Ho chiesto com’era la situazione e mi hanno detto che era tutto a norma. Ovviamente la balneazione in quel tratto non è consentita, ma non dipende dal Consorzio. Sono in carica da un anno e mezzo e tutte le vicissitudini di questo Consorzio non le conosco: ci sono anche delle indagini in corso e quelle ci diranno qual è la situazione reale e cosa è stato fatto”.
E sul presunto sottodimensionamento dell’impianto, il sindaco risponde: “Dal punto di vista tecnico non posso assumere nessuna posizione, ma sulla funzionalità ho avuto rassicurazioni”.
Annamaria Noessing e Legambiente seguono da molto tempo la situazione e per questo propone per il territorio soluzioni strutturali. “La Regione – dice – dovrebbe fare degli investimenti infrastrutturali, spostando per esempio il depuratore da dov’è e prevedere un’impiantistica più all’avanguardia e sostenibile a livello ambientale. L’impianto consortile è di depurazione enzimatica: i fanghi di risulta potrebbero facilmente andare ad alimentare una centrale che produce biometano e si potrebbe prevedere anche il trattamento, per esempio, delle acque di scarto delle lavorazioni industriali. Sarebbero investimenti per infrastrutture di valore destinate al territorio”.