Messina

Messina, devianze minorili, pesa l’assenza di prevenzione

MESSINA – Preferisce parlare di soluzioni, di fronte ai casi crescenti di devianza minorile, piuttosto che soffermarsi sui numeri che indicano la rilevanza del problema. La prevenzione è la sola via d’uscita per Maria Francesca Pricoco, da circa due anni e mezzo presidente del Tribunale per i minorenni di Messina, che spiega al QdS il suo approccio verso un fenomeno complesso, legato al disagio vissuto da molti giovani nel loro percorso di crescita.

Nella relazione del presidente della Corte d’Appello Sebastiano Neri, illustrata nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, sull’Amministrazione della giustizia nel distretto, nella parte dedicata all’attività del Tribunale per i minorenni si parla di disagio giovanile legato alla condizione socio ambientale: “I quartieri a rischio devianza – si legge nel documento – sono luoghi di grave emarginazione, di povertà educativa spesso conseguente a livelli ancora alti di dispersione scolastica, in situazioni di ghettizzazione a cui possono ricondursi i comportamenti di devianza e non è quindi un caso che nel 2021 il pubblico ministero presso il Tribunale dei minorenni abbia formulato 56 richieste di procedure ‘de potestate’ e ne ha formulato altre 36 nel 2022, il più delle volte motivate per inosservanza dell’obbligo scolastico”.

Sono i giovani delle famiglie meno istruite e meno abbienti che con maggiore frequenza abbandonano gli studi. Ragazzi e ragazze che, vivendo in periferie emarginate, vanno emulativamente alla ricerca di modelli comportamentali deviati. C’è poi un altro disagio non meno rilevante, legato ad altre dinamiche, anche in ambienti economicamente più solidi ma fragili a livello relazionale. Viene evidenziato nella relazione di Neri, per esempio, anche un aumento dell’uso di sostanze stupefacenti tra i giovani con un ‘incontro perverso’ di minori tossicodipendenti con gruppi di altri minorenni dediti allo spaccio che alimenta e arricchisce inevitabilmente i sistemi di criminalità organizzata.

“Il mio punto di osservazione – spiega la presidente Pricoco – è quello di attenzione alla persona, a quello che è il percorso di vita, a quelle che sono le carenze in questo percorso, le difficoltà della funzione genitoriale, le assenze, le dimenticanze. Tutto questo è purtroppo condizione favorevole anche alla violazione della legge e quindi all’ingresso dei ragazzi nel circuito penale. La devianza viene studiata e affrontata in base alla legislazione, attraverso una conoscenza globale della condizione del minore, sia nello svolgimento del processo penale che nelle procedure di tutela che hanno la finalità di recuperare quanto è possibile o sostituire la genitorialità carente proprio per evitare ulteriore disagio e difficoltà nella crescita”.

“Sono adottati provvedimenti – aggiunge – che tendono a mettere in protezione il minore, a volte anche allontanandolo dall’abitazione familiare con il collocamento in comunità o presso famiglie affidatarie che possono assisterli e far loro superare le difficoltà incontrate. Quando questo non è possibile, si entra in un procedimento in cui è dichiarato l’abbandono e i minori vengono avviati all’adozione”.

Ma l’allontanamento dalla famiglia non è ovviamente la soluzione prevalente: “Ho fatto riferimento al processo penale minorile e ai procedimenti civili in tutela perché quanto più si riesce a lavorare sulla prevenzione e tutela dei minori, quanto più alta è la risposta, tanto più basso è il livello della criminalità minorile e la devianza e viceversa. Se diciamo che la criminalità è a livelli allarmanti significa che la prevenzione e la tutela non sono state assicurate ed è questo che ci deve allarmare di più”.

Un coordinamento di tutte le articolazioni dello Stato e del territorio potrebbe mettere in campo azioni efficaci di prevenzione delle devianze e di recupero, per questo sono stati sottoscritti numerosi protocolli d’intesa tra servizi sociali del Tribunale per i minorenni e vari Enti e associazioni, ma qualcosa ancora non funziona. Manca un piano strategico complessivo e interventi mirati.

“La tutela e la prevenzione sono carenti – conclude Pricoco – perché mancano interventi di sostegno. È un problema di risorse a disposizione, di mancanza di operatori sociali sul territorio, di specialisti, di neuropsichiatri, psicologi, figure importantissime per intervenire presso gli stessi luoghi dove il minore vive, quartiere, scuola, famiglia, contesti sportivi. È vero che c’è la trasmissione intergenerazionale dell’impoverimento educativo oltre che socio economico, però se i servizi riescono a creare una barriera questa si interrompe”.