Messina

Messina, economia in picchiata, territorio in sofferenza

MESSINA – Un grande disagio socio economico che rischia di esplodere. La percezione diffusa è certificata dai dati che parlano di imprese in crisi ed esercizi commerciali che chiudono. Da aprile a giugno in provincia hanno serrato i battenti 1.768 imprese e ne sono state aperte 652 con un saldo negativo di 1.116 attività.

La gravità della situazione è evidente se si fa un raffronto con i dodici mesi precedenti. Le imprese che hanno chiuso da aprile a giugno 2022 sono state 288, quelle aperte 675 con un saldo positivo di 387.

I settori più colpiti sono quelli del commercio e delle costruzioni

I settori più colpiti sono quelli del commercio e delle costruzioni, con una perdita notevole di posti di lavoro, oltre mille soltanto nell’edilizia. Nel commercio le imprese che hanno abbassato la saracinesca sono state 427, le iscrizioni in questo settore appena 62. Segue, come detto, il comparto delle costruzioni: 255 cessazioni e 58 nuove iscrizioni. Lo stesso trimestre dello scorso anno vedeva nel commercio 79 cessazioni e 69 nuove iscrizioni. Nelle costruzioni 61 cessazioni e 80 nuove iscrizioni 80.

Male anche le imprese impegnate nel settore alberghiero e di ristorazione: 119 cessazioni e 24 appena nuove iscrizioni. Dati negativi anche per le attività manifatturiere con 131 imprese in meno e 13 nuove iscrizioni.

Restano alti i tassi di disoccupazione e il numero dei lavoratori “poveri”

Una situazione che ha spinto la Cgil di Messina a fare partire da qui la sfida siciliana per reclamare quei diritti fondamentali che sono sempre meno garantiti. Con una serie di dibattiti sul territorio, con l’ascolto di chi vive una serie di disagi si è preparata la partecipazione alla manifestazione di oggi a Roma, “La via maestra insieme per la Costituzione” che vede accanto alla Cgil duecento associazioni, dalle Acli alla Comunità di Sant’Egidio, da Legambiente all’Anpi, da Libera all’Arci. Oltre tremila sono partiti dalla Sicilia con treni da Catania e Palermo.

“Ci sono diritti sanciti dalla Costituzione – afferma Pietro Patti, segretario della Cgil Messina – che nel nostro territorio sono pienamente negati: diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, a salari e pensioni dignitosi. I cittadini lamentano la mancanza di prospettive e lo smantellamento dei servizi essenziali, a partire da quelli della sanità pubblica fortemente indebolita nei presidi essenziali. Guardando al mercato del lavoro, le donne e i giovani sono i soggetti più penalizzati. Anche i recenti dati su occupazione e spopolamento evidenziano come la vera sfida parta dalla Sicilia e da Messina, tra le realtà del Sud con maggiore sofferenza socioeconomica e occupazionale”.

Viene sottolineato come il diritto al lavoro non sia complessivamente attuato in un territorio che ha il più basso tasso di occupati, secondo dati Istat relativi al 2022, con un tasso di occupazione femminile del 24,2% contro la media nazionale del 37,7%, un tasso di disoccupazione del 21,5% contro una media nazionale dell’8,2%, un tasso di disoccupazione giovanile nella fascia 15-34 del 32%. E anche nel territorio si registra la questione ancora più preoccupante dei Neet, i giovani che non lavorano, non studiano e non cercano occupazione con l’Isola che nel 2022 ha visto una percentuale del 40 per cento.

“C’è una questione di occupazione giovanile e femminile – evidenzia Patti – e c’è inoltre la sofferenza salariale con retribuzioni sotto la soglia, c’è il lavoro povero, precario. Difficoltà che determinano un’emigrazione costante che coinvolge soprattutto i giovani”.

Per la Cgil Messina, le risorse del Pnrr possono rappresentare un’occasione di rilancio così come il progetto di 10 milioni di euro destinati alle Zes. “Queste risorse – sottolinea Patti – devono essere mirate alla produzione di lavoro di qualità. Tutte le risorse destinate alle Zes, ordinarie o legate al Pnrr o ai Fondi strutturali. Devono essere utilizzate in maniera complementare e addizionale per creare uno sviluppo organico e integrato del territorio: le infrastrutture necessarie, i collegamenti efficienti per ridurre tempi e costi della logistica, lavori di recupero ambientale, investimenti su innovazione di processo e prodotto, valorizzazione delle risorse endogene, ma anche e soprattutto investimenti per la creazione di lavoro dignitoso, che duri nel tempo. Investire nel lavoro di qualità significa contratti stabili, che garantiscano tutele e diritti, formazione continua, salute e sicurezza e significa anche costruire opportunità di inclusione per giovani, donne e categorie vulnerabili”.