Messina

Baracche Messina, tappa obbligata in Parlamento

MESSINA – Le baraccopoli messinesi come questione nazionale. “Dopo sessant’anni – ha affermato Marcello Scurria, presidente di ArisMe, agenzia per il risanamento nata nel 2018 – Matilde Siracusano riporta il tema alla Camera dei Deputati. È stata un’occasione importante per ribadire che le 2.400 famiglie non possono più aspettare. Anche lo Stato deve fare la sua parte. Scelga se con una Legge speciale o con la dichiarazione dello Stato d’emergenza, ma decida”.

Non quindi una Legge regionale, come la 10/1990 che stanziò 500 miliardi di lire, che tradotti sono 258 milioni di euro, e di cui sono stati spesi 110 milioni di euro per costruire in 29 anni 498 unità immobiliari. Stavolta, viene chiesto un intervento normativo in Parlamento perché, è stato sottolineato, il degrado di alcune periferie messinesi è diventato un’emergenza di cui il Governo deve farsi carico.

La mostra fotografica a Montecitorio di Federico Ficarra sulle favelas messinesi e il convegno correlato, organizzati dalla deputata di FI Matilde Siracusano, a cui hanno aderito anche Fratelli d’Italia e Lega, sono stati l’occasione per lanciare questa nuova proposta.

Il sindaco Cateno De Luca aveva provato a chiedere, senza esito però, la dichiarazione dello Stato di emergenza e avere così quei poteri speciali che gli avrebbero consentito di avviare lo sbaraccamento, bypassando vincoli e lungaggini burocratiche. Adesso i capigruppo alla Camera dei partiti del centrodestra si sono impegnati a sostenere una norma che va in questo senso, cercando di coinvolgere anche le altre forze politiche.

Almeno questo è ciò che auspica il consigliere comunale Libero Gioveni, che ha invitato il sindaco De Luca a “convocare e a coordinare un tavolo a cui partecipi tutta la deputazione nazionale messinese, senza alcuna distinzione di colore politico, che riesca a raggiungere l’obiettivo di varare una norma esclusiva che tenti di eliminare definitivamente le vergognose favelas presenti nel nostro territorio. Nessun parlamentare messinese si deve sentire accodato o trascinato per inerzia per il raggiungimento di un obiettivo storico per la città ma tutti, indistintamente, si devono sentire protagonisti nella stesura di un disegno di legge da far condividere e approvare al resto del Parlamento, perché la mostra fotografica su questa pagina nera della città non può e non deve rimanere fine a se stessa”.

Ci sono oltre 2.500 immobili tra case, box, depositi, edifici costruiti con materiali di scarto, senza rispettare alcuna norma o alcuna regola edilizia. Sono fabbricati precari, coperti per lo più da eternit, dove vivono circa 2.400 famiglie, più di 7.000 persone. Ma non ci sono ancora numeri certi a cui fare riferimento perché l’ultimo monitoraggio risale al 2002. All’Ars a novembre è stata varata la modifica alla Legge 10 del 1990 che prevede un nuovo censimento degli abitanti della baraccopoli e a quel punto finalmente si potranno avere cifre certe non soltanto sul numero degli immobili, ma anche su quello degli abitanti delle zone di risanamento e sulla loro condizione.

Intanto però c’è il report realizzato dalla Fondazione di Comunità che ha focalizzato l’attenzione in particolare su due aree, forse le più critiche: Fondo Fucile e Fondo Saccà. Tra le questioni emerse è che qui si vive meno che nel resto della città e in particolare la vita media degli ultimi trent’anni è di 70 anni contro i 77 degli abitanti di tutte le altre zone. Un terzo degli abitanti delle due baraccopoli è morto, dal 1990 al 2019, prima dei 65 anni e il 3,7 per cento dei decessi è avvenuto nel corso dei primi mesi di vita, con una mortalità perinatale che è quattro volte più alta rispetto al resto della città.

La strada per il Risanamento che sembrava la più veloce, scelta dall’Amministrazione e da ArisMe, per avere case disponibili da assegnare è quella dell’acquisto ma il mercato non ha risposto secondo le aspettative e continua a esserci reticenza a vendere al Comune.