MESSINA – Contrazione delle ore di lavoro e cassa integrazione nello stabilimento in provincia di Messina e nuovi investimenti e aumento dell’occupazione nel bresciano. I 150 dipendenti dello stabilimento della Duferdofin-Nucor a Giammoro sono tornati da una settimana al lavoro dopo due giorni di proteste, ma chiedono un cambio di rotta.
Le maestranze delle acciaierie hanno deciso di accogliere la richiesta della direzione aziendale di provare la turnazione a sei ore, ipotesi praticabile anche secondo i sindacati, nei periodi di particolare contrazione delle commesse. Sarà fatta una prova di quattro settimane e dopo si dovrà aprire un nuovo tavolo di trattative con le organizzazioni che rappresentano i lavoratori.
“La situazione nella nostra provincia – hanno affermato i segretari provinciali di Fim Cisl e Uilm Uil, Giuseppe Crisafulli e Pasquale Rizzo – non ci fa stare tranquilli e il lavoro va difeso. Il mercato non dà segnali positivi, ma non può essere sempre il Sud a pagare il prezzo maggiore, purtroppo scontiamo una condizione logistica penalizzante. I lavoratori si sono sempre messi in discussione per salvaguardare il proprio posto di lavoro, ma sono stanchi di essere sempre il capro espiatorio di ogni congiuntura di mercato”.
Questo, come sottolineato dai sindacati, perché ormai da dieci anni i vertici aziendali utilizzerebbero per lo stabilimento di Giammoro ammortizzatori sociali come cassa integrazione e contratti di solidarietà. “La motivazione – ha sottolineato Daniele David, segretario della Fiom Cgil – è la crisi che ha investito il settore, crisi che però sembra investire soltanto la sede produttiva messinese, unica ad avere avuto una contrazione di ore”.
La Duferdofin-Nucor, joint-venture paritetica tra il gruppo internazionale Duferco e Nucor Corporation, ha quattro stabilimenti a San Zeno Naviglio (Brescia), Pallanzeno (Verbania), San Giovanni Valdarno (Arezzo) e Giammoro. Secondo il report annuale, nel 2018 la produzione di acciaio è aumentata, consentendo all’azienda di realizzare una crescita a fine periodo del 21% del fatturato, che si è attestato a 559,3 milioni di euro e dell’utile netto, che è passato da 1,1 a 2,1 milioni di euro. Il semestre chiuso al 31 marzo 2019 conferma il trend positivo, i ricavi sfiorano i 285 milioni di euro, pur in presenza di una congiuntura complessivamente meno esaltante. Il gruppo ha anche annunciato che realizzerà nel sito bresciano di San Zeno Naviglio, un nuovo laminatoio da 150 milioni di euro, impianto che permetterà di raggiungere il livello di best cost producer in Europa, con una riduzione al minimo anche dell’impatto ambientale e una capacità produttiva fino ad un milione di tonnellate. Il nuovo investimento porterà anche ad una riorganizzazione e un riequilibrio delle produzioni italiane del gruppo. I laminatoi esistenti di Pallanzeno (Verbania) e Giammoro verranno specializzati, il primo prevalentemente sui profili speciali e suolo, mentre il secondo si dedicherà ai mercati del Mediterraneo, alimentato soprattutto con blumi di importazione. È prevista inoltre la creazione di almeno 150 nuovi posti di lavoro a San Zeno, in aggiunta all’attuale forza di oltre 250 addetti. L’impianto, la cui entrata in funzione è prevista per la fine del 2022, rappresenta il più importante investimento di una joint-venture italo americana degli ultimi anni.
Dunque, se l’azienda ha aumentato utili e fatturato, decidendo anche di investire in un nuovo impianto, perché a Giammoro continua a ricorrere alla cassa integrazione? Pare esserci soprattutto un problema infrastrutturale, che la Duferdofin aspetta che si risolva da circa vent’anni, con la realizzazione del nuovo pontile. I lavori, per circa 25 milioni di euro, dopo una gestazione tecnica e amministrativa complicata, sono stati consegnati solo a marzo del 2018 e secondo cronoprogramma dovrebbero essere ultimati nel 2020. Un intervento strategico deciso per creare un’infrastruttura portuale a servizio dell’area industriale della zona tirrenica, in particolare proprio della Duferdorfin.