Messina

Messina, quando la povertà reale viene ignorata

MESSINA – Nessuno deve restare indietro. È un’affermazione che abbiamo sentito molte volte in queste complicate settimane di emergenza sanitaria ed economica. Continuano ad arrivare provvedimenti che stanziano aiuti per chi è in difficoltà, ma chi controlla e garantisce che tutte le persone in reale stato di bisogno, anche quelle che la burocrazia ignora, vengano effettivamente raggiunte da questi aiuti?

Da segnalazioni raccolte da consiglieri comunali e associazioni di impegno sociale, si percepisce che sono ancora troppi quelli che restano indietro, quelli cui non viene riconosciuto lo status di indigente e che sopravvivono con le buste della spesa, non sempre adeguate ai bisogni, consegnate settimanalmente dalla Protezione civile e dalle varie realtà del volontariato.

“Qualcosa non funziona nel sistema di attribuzione dei Bonus spesa attivato dal Comune”. Lo ha evidenziato l’associazione IdeaMessina in una lettera indirizzata al prefetto Maria Carmela Librizzi e all’assessore alle Politiche sociali Alessandra Calafiore. “Il Comune di Messina – è stato evidenziato da Rosita Capano, presidente di IdeaMessina – ha sviluppato una piattaforma on-line che, basandosi sul criterio formale delle risultanze anagrafiche al 28 febbraio e su un’auto dichiarazione attestante l’assenza di reddito ha distribuito migliaia di buoni spesa. L’unico controllo ha riguardato l’eventuale percezione di sostegni pubblici. Il criterio della residenza/stato di famiglia ha escluso però, molti casi di reale bisogno. Tra questi, famiglie disgregate che abitano in immobili senza regolare contratto di locazione o che non hanno effettuato la dichiarazione del cambio di residenza”.

Il problema dei mancati aggiornamenti anagrafici viene da lontano, come spiegato anche dal sindaco De Luca, che ha promesso a breve una soluzione. Tra i fondi utilizzati per finanziare il Bonus spesa, ci sono le risorse regionali e quelle rimodulate dal Comune, insieme a un milione 700 mila euro del Dipartimento nazionale della Protezione civile.

L’ordinanza di assegnazione indica i Servizi sociali come ufficio di riferimento per individuare i nuclei familiari più esposti agli effetti economici del Coronavirus e IdeaMessina chiede che, “attraverso questo Ufficio sia data la possibilità agli esclusi dal beneficio di dimostrare la propria reale condizione familiare e che venga accertato come tutti i nuclei in stato di bisogno, monitorati dagli assistenti sociali, abbiano presentato istanza”.

Emblematica la storia di Maria (la chiameremo così) giovane donna venuta dieci anni fa a Messina dall’Est Europa. Da un anno ha lasciato, insieme ai tre figli, la casa del compagno dopo una convivenza fatta di violenza, fisica e psicologica, a cui non sono sfuggiti neppure i figli. A Maria è negata la Family card. All’inizio perché formalmente, risultava residente con l’ex compagno, beneficiario di Reddito di cittadinanza. La donna, dopo l’allontanamento dall’uomo, ha preso in affitto con contratto registrato una casa che paga facendo lavori saltuari da domestica e badante. Per mesi ha tentato di avere il cambio di residenza ma paradossalmente, per ottenerlo, era necessario, vista la presenza dei minori, il consenso dell’ex compagno. Neppure l’ordine restrittivo di cui è destinatario l’uomo con il divieto di avvicinamento alla donna e ai figli è servito a fare superare questo scoglio burocratico, almeno all’inizio, perché ad aprile, dopo trafile e istanze, Maria è riuscita ad avere riconosciuta la nuova residenza. Troppo tardi però per la Family card, perché, le dicono, si considerano gli aggiornamenti anagrafici antecedenti il 28 febbraio.

Alla mail in cui spiega nel dettaglio la sua situazione, le viene risposto che il “sistema” non può validare la sua pratica e la invitano, per le necessità alimentari, a contattare un recapito telefonico della Protezione civile. Eppure in questo anno Maria e i suoi figli sono stati seguiti, oltre che da un legale, dai Servizi sociali del Comune. Alla fine, però, decide “il sistema”.