Indignazione, delusione, rabbia. Sono i sentimenti che accomunano una cinquantina di sindaci della provincia di Messina che hanno deciso di scrivere alle massime istituzioni nazionali e regionali dopo l’esclusione, considerata ingiustificata, dai finanziamenti previsti dal Fondo per lo sviluppo e la coesione Fsc 2021/2027, per un importo totale di circa 8,2 miliardi di euro da destinare a interventi infrastrutturali.
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La protesta dei primi cittadini è destinata ad allargarsi anche fuori dalla provincia. Questa scaturisce dalla delibera di giunta regionale 192 del 22 maggio e dalla iniquità con cui sarebbero stati distribuiti i fondi. Tra i destinatari della lettera il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, la presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, il ministro per il sud Raffaele Fitto. Solo il 40% dei comuni della provincia di Messina riceverà finanziamenti, mentre il restante 60%, dicono, è stato completamente ignorato, malgrado la valenza dei progetti presentati, in linea con gli obiettivi stabiliti dall’Unione europea, molti già esecutivi e cantierabili con procedure di gara in atto.
Anche la città metropolitana di Messina non ha ricevuto alcun finanziamento, al contrario di quanto avvenuto per Palermo e Catania. Stessa storia per il comune peloritano, tanto che Federico Basile firma la lettera di protesta nella sua doppia veste. Rimostranze che mirano – dicono i sindaci – solo esclusivamente a salvaguardare gli interessi dei territori e delle popolazioni. I primi cittadini denunciano una totale mancanza di concertazione con i territori durante il processo di selezione dei progetti.
“Si constata – dichiarano i sindaci – la presenza di interventi che erano stati esclusi dalla graduatoria e che adesso prendono sorprendentemente il posto di quelli che erano stati dichiarati ammessi a finanziamento. Eppure tanti dei Comuni da noi amministrati hanno dato seguito ad ogni richiesta di trasmissione delle schede volte alla ricognizione dei bisogni, impiegando importanti risorse finanziarie e professionali per redigere o aggiornare le progettazioni riguardanti interventi non ricompresi nell’Allegato A1”.
Dichiarazioni ribadite al QdS da Francesco Cortolillo sindaco di Sant’Angelo di Brolo: “Non sono stati adottati quei criteri che privilegiano la trasparenza amministrativa. Considerato che il Fondo prevede miliardi, sarebbe stato quantomeno opportuno utilizzare la massima equità e invece ci sono territori abbandonati e dimenticati”. “Da parte nostra – ha continuato – non c’è stato alcun difetto nella presentazione di documenti e schede. Non sono stati presi in considerazione interventi finanziati in graduatorie definitive della Regione, interventi le cui progettazioni esecutive sono state pagate con fondi pubblici e ad un passo dalla gara. Non c’è una levata di scudi fine a se stessa, c’è una discriminazione assurda di territori. Piccoli comuni che ottengono 40 milioni di euro e altri vicini nulla. Non è una questione di appartenenza politica, tra i firmatari, infatti, ci sono sindaci di schieramenti diversi, ma una presa di posizione di fronte a scelte che condizioneranno pesantemente nei prossimi anni lo sviluppo dei nostri territori”.
I sindaci chiedono di conoscere le motivazioni strategiche e i criteri di priorità adottati dal Dipartimento regionale della programmazione e dagli altri dipartimenti e strutture tecniche regionali, per la selezione degli interventi. Ma c’è anche una questione procedurale che solleva Pippo Lombardo, deputato regionale di Sud chiama Nord e sindaco di Roccalumera: “E’ un atto che non rispetta le procedure, è illegittimo e ci prepariamo a chiedere l’accesso agli atti per capire come siano stati scavalcati progetti esecutivi con progetti con soltanto gli studi di fattibilità, che richiederanno anni per la cantierabilità, con il rischio di non riuscire a utilizzare il finanziamento destinato”.
“Parliamo – ha aggiunto Lombardo – di programmazione 2021/ 2027, viene firmato il Patto di coesione a 10 giorni dal voto, con tre anni di ritardo, con una procedura che ha escluso la seconda commissione, perché questo piano, infatti, doveva passare anche dalla commissione bilancio. In più, anche in aula il piano è passato per macro voci, non per interventi; abbiamo scoperto dalla giunta quali fossero i progetti accolti”.
“Sono rimasti 4,7 miliardi, – ha concluso – dopo che hanno tolto i soldi per il Ponte e per il termovalorizzatore, ma se si applicasse l’articolo 37 dello Statuto, che dice che chi produce in Sicilia, anche se ha sedi fuori, dovrebbe essere tassato qui e con l’imposta lasciata in Sicilia avremmo circa 4 miliardi di euro l’anno. Se si rispettasse lo statuto avremmo una sorta di patto di coesione ogni anno,e nessuno dovrebbe ‘regalarci’ nulla”.