Messina

Messina, tecnologie e metodi innovativi per plasmare le cure del futuro

MESSINA – Un centro per l’innovazione biomedica inserito nel territorio, che porta la ricerca a casa delle famiglie. L’Irib, istituto del Cnr, negli spazi dell’Istituto Marino di Mortelle è diventato in questi anni un punto di riferimento importante per la riabilitazione di bambini e ragazzi autistici che entrano in un percorso psicoeducativo supportato da neuropsichiatri infantili, psicologi, ingegneri biomedici, informatici e di cui i genitori fanno parte integrante.

Sarebbe contenta Adriana Bosurgi Caneva, fondatrice cento anni fa dell’Opera Pia per attività sanitarie per bambini, di quello che oggi si fa in quell’area di oltre 16 mila mq. Quando nel 1994 l’Opera fu estinta e il patrimonio devoluto al Comune di Messina, la condizione che fu posta fu proprio quella che si continuasse a curare e assistere i bambini. Una mission che gli eredi videro violata nel 2014, minacciando un contenzioso, ma con il completamento delle ristrutturazioni dei padiglioni e gli accordi firmati tra Comune, Cnr e Irccs Centro neurolesi, tutto è stato chiarito.

Oltre i cinque padiglioni che utilizza il Cnr, c’è un piccolo asilo gestito dal Comune e una parte data al Neurolesi dedicata alla riabilitazione di piccoli pazienti. A coordinare le attività dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica-Cnr di Messina è Giovanni Pioggia, ingegnere biomedico ed esperto in robotica.

Di cosa si occupa l’Irib?
“Fa parte del Dipartimento di Biomedica del Cnr. La sede regionale è a Palermo, poi c’è Catania e Messina. Facciamo ricerca clinica, sviluppiamo metodi, nuove tecnologie da applicare. A Messina in particolare ci siamo specializzati in neuroscienze traslazionali. Cerchiamo di immaginarci la medicina del futuro con ospedali tecnologici dove si dovrà stare meno possibile”.

Il vostro campo d’azione riguarda essenzialmente i bambini autistici. Come mai?
“Quasi tutti i progetti che abbiamo finanziati, una decina, sono sull’autismo. Nel Dsm 5, il manuale della Neuropsichiatria infantile, hanno accorpato tantissime cose all’autismo, che è diventato uno spettro, un calderone dove hanno fatto rientrare tantissimi disturbi di diversa gravità, anche la sindrome di Asperger. Quando si vanno a calcolare le statistiche quindi risulta che un bambino su settanta dei nuovi nati rientri nello spettro autistico, dato allarmante, quasi un’epidemia”.

Come trattate questa sindrome?
“Non abbiamo ambulatori ma una ricostruzione di ambienti domestici. Vengono proposte azioni di vita quotidiana, ci sono le tecnologie che ci aiutano tantissimo, dei robot che fungono da mediatori dell’interazione, trattiamo anche il genitore con sistemi di parent-coaching per fare superare lo stress. Stiamo ultimando un metodo unico in Italia, sviluppato con studiosi stranieri, che utilizza un’applicazione del telefonino per creare l’ambiente 3D senza bisogno del visore Oculus”.

Quante famiglie sono coinvolte?
“Sono attive da noi 108 famiglie, con minori di diverse fasce d’età. Fino a 36 mesi utilizziamo un trattamento intensivo precoce, un metodo d’eccellenza che utilizza la nostra neuropsichiatra Liliana Ruta, una delle due certificate in Italia. Dai 4 anni fino ai 12 un metodo cognitivo comportamentale che sfrutta le occasioni di apertura del bambino. Nei 13 anni in su usiamo molto i laboratori esterni con le cooperative sociali”.

State sviluppando anche progetti di inclusione?
“Abbiamo con il Comune il progetto Interpares, stiamo cercando dei metodi perché il giovane adulto possa imparare delle abilità che lo portano nel mondo del lavoro. Una sfida importante accolta dal Comune che ha finanziato sessanta borse per sei mesi. Stiamo creando dei laboratori pre-lavorativi, alcuni sono molto bravi con l’informatica. Il progetto è partito da un mese, ha la durata di tre anni. Lo scopo è fare migliorare questi ragazzi dal punto di vista cognitivo, inserirli all’interno della città, nei villaggi di Ganzirri e Torre Faro dove ci troviamo, che dovrebbero diventare Autism Friendly. Formeremo le persone del luogo perché sappiano cos’è l’autismo e come interagire con questi ragazzi. Faremo dei percorsi abilitativi con l’ausilio di strumenti elettronici, tablet e cellulari, affinché il gruppo di ragazzi che selezioneremo possa essere in grado di utilizzare i comportamenti più consoni per vivere il contesto e lavorare. Dovremo fare gli accordi con le aziende che per sei mesi non hanno nessun costo, ma la sfida è che poi li assumano”.