“C’è un problema di norma e di direttive da parte del Ministero che sono state registrate al porto di Catania, dove si sta sperimentando il cosiddetto sbarco selettivo“.
Lo sottolinea a gran voce al Quotidiano di Sicilia il presidente della Comunità di Sant’Egidio etnea, Emiliano Abramo, parlando della situazione di stallo che si sta consumando da giorni alle pendici del vulcano, con il divieto allo sbarco dei migranti rimasti ancora a bordo delle navi umanitarie Geo Barents e Humanity 1.
Al momento sulle imbarcazioni sono numerose le persone che attendono di poter mettere piede a terra. Finora l’approdo sul suolo italiano è stato autorizzato soltanto per fragili, bambini e donne. Così come previsto dal recente decreto del Governo Meloni, agli altri migranti è stato fatto divieto di allontanarsi dalle nave.
La situazione a bordo diventa sempre più disperata e nelle ultime ore iniziano a manifestarsi situazioni di insofferenza da parte dei migranti. Alcuni di essi, assaliti dallo sconforto e dalla disperazione, hanno anche tentato la fuga gettandosi in acqua.
Le disposizioni intransigenti da parte di Roma vengono però compensate, secondo Abramo, “dalla presenza di umanità dei catanesi impegnati” nel fornire assistenza e sostegno ai migranti giunti in Sicilia.
“Sono stato al porto con Monsignor Renna – afferma il presidente della Comunità di Sant’Egidio – per vedere insieme la situazione. È un grande elemento di novità che il Vescovo vada a incontrare i migranti per salutarli a uno a uno e verificare le condizioni di accoglienza”.
“Devo dire che c’è un’umanità veramente bella con la quale si consuma l’accoglienza. Sicuramente al momento c’è il tema del grande braccio di ferro tra il Governo italiano e la Humanity 1, ma io penso che Catania debba cominciare a trovare risposte più umane”.
“Dispiace vedere che le poche persone che abbiamo accolto a Catania in questi giorni stiano al Palazzetto dello Sport come dieci anni fa. Questa non diventa un’accusa, bensì un impegno. La città si deve impegnare a trovare nuove risorse“.
“In queste ore – aggiunge Abramo – lancio un appello al neo ministro per il Sud e il Mare, Nello Musumeci, per interessarsi di Catania e di immaginare, insieme alla Protezione civile, un recupero delle ex caserme affinché possano diventare dei luoghi stabili dove possa transitare l’accoglienza che arriva. Va umanizzato tutto, compresi i luoghi dell’accoglienza”.
“La situazione di stallo ricorda tanto quella della Sea Watch, per intenderci”, fa notare ancora Emiliano Abramo. “In questo caso è ancora più grave perché ci sono 35 persone a bordo. Chiaramente c’è una popolazione che osserva da vicino questo momento e che non ci sta, non solo ideologicamente ma anche umanamente”.
“Sta a noi trovare delle formule di dialogo opportune tra le parti. In questo i media possono aiutare molto poiché a volte la politica è stata eccessiva nel descrivere il fenomeno degli ingressi in Europa. L’immagine che ho visto a Catania, soprattutto la prima sera con Humanity 1, era quella di militari a protezione dei confini sud dell’Europa da quella che veniva percepita quasi come un’orda barbarica. Ma erano 104 minori, alcuni bambini di pochi mesi, alcune donne tra cui molte gravide e tanti poveracci ancora segnati dall’acqua del mare in tempesta”.
Secondo Abramo “è importante inquadrare il problema. Tenendo conto che gli uomini in mare vanno sempre salvati, siamo di fronte a numeri molto piccoli. E un’Europa che si sente minacciata da questo popolo di piccoli, di deboli e di donne deve anche riflettere sulla propria identità”.
“Sabato scorso a Roma abbiamo visto una grande manifestazione per la pace, con un’alleanza tra cattolici, gente comune e lavoratori. A Catania abbiamo notato l’altra medaglia della guerra, cioè il fatto di non averla capita. Questo vuol dire continuare a vedere sbarchi anche nella nostra Sicilia e in Europa. Ecco perché va fatto un ragionamento unico: il modo migliore per dire ‘sono contro l’immigrazione’ è essere per la pace“, conclude Emiliano Abramo.