Cronaca

Montagnier e la frase fake, “Vaccinati moriranno entro 2 anni”

E stavolta dovremmo forse chiedere scusa a Luc Montagnier. Il premio Nobel francese, diventato ancora più famoso per le sue affermazioni sui vaccini Covid, trasformandosi in una sorta di paladino dei no vax, è diventato a sua volta vittima di una fake news.

LA FALSA NOTIZIA

Gira infatti la notizia che Montagnier avrebbe affermato che “”tutte le persone vaccinate moriranno entro 2 anni. Non c’è alcuna possibilità di sopravvivenza per le persone che hanno ricevuto qualsiasi forma di il vaccino”. Frase ovviamente mai detta, ma evidentemente a qualcuno fa gioco e la notizia ha fatto rapidamente, ora come in passato, il giro del web.

VACCINI E TUMORI

Montagnier in un’intervista qualche tempo fa aveva dichiarato che “ancora non possiamo sapere quali saranno le conseguenze sull’organismo umano tra qualche anno, essendo stato di fatto “miniaturizzato” il tempo di sperimentazione dei vaccini per ottenere un siero il più velocemente possibile. Rischiamo di avere effetti assolutamente imprevedibili , ad esempio i tumori che continuano a proliferare. Questo è il pericolo quando si gioca all’apprendista stregone”.

CHI E’ MONTAGNIER

Luc Antoine Montagnier (Chabris, 18 agosto 1932) è un medico, biologo e virologo francese, cofondatore della “Fondazione mondiale per la ricerca e prevenzione dell’AIDS” e professore presso l’Istituto Pasteur di Parigi che ha diretto e dove nel 1983 Françoise Barré-Sinoussi ha scoperto il virus dell’HIV vincendo insieme a lui il Premio Nobel per la medicina 2008.

Negli anni, Montagnier ha promosso una varietà di teorie pseudoscientifiche basate su prove insufficienti (in tutto o in parte) e accolte con grande scetticismo e critica dalla comunità scientifica. Durante la pandemia di COVID-19, Montagnier è stato un promotore della teoria del complotto secondo cui SARS-CoV-2, il virus della malattia, sarebbe stato creato deliberatamente e in seguito è fuggito da un laboratorio. Tale affermazione è stata confutata da altri virologi.

 È stato criticato da altri accademici per aver usato il suo status di Premio Nobel per «diffondere pericolosi messaggi riguardo la salute, al di fuori del proprio campo di competenza».

Si è laureato nel 1955 in scienze e, dopo la morte per tumore del padre, decide di iscriversi alla facoltà di Medicina, dove si specializza in Oncologia. Dopo aver completato il dottorato di ricerca in medicina all’Università di Poitiers, nel 1967 cominciò le prime ricerche nell’ambito della virologia, dedicandosi in particolar modo allo studio dei meccanismi di replicazione dei virus a RNA e successivamente dei virus a RNA oncogeni (cioè capaci di indurre tumori), analizzando specialmente le modifiche biochimiche che avvengono all’interno delle cellule da essi infettate. Nel 1972 fu quindi nominato capo dell’Unità Oncologica Virale dell’Istituto Pasteur e, nel 1974, direttore del CNRS (Centro nazionale di ricerca scientifica).

Nel 1982 il dottor Willy Rozenbaum, medico dell’Hôpital Bichat di Parigi, gli chiese di mettere la propria competenza al servizio di una ricerca sulla possibile causa retrovirale di una nuova, misteriosa sindrome: l’AIDS. Attraverso una biopsia al linfonodo di uno dei pazienti di Rozenbaum nel 1983, il gruppo di ricercatori guidato da Montagnier fu in grado di scoprire il virus, a cui fu dato il nome di LAV (lymphadenopathy-associated virus, ovvero “virus associato a linfoadenopatia”).

L’anno successivo un gruppo di studiosi statunitensi, guidato dal dottor Robert Gallo, capo laboratorio all’Istituto Nazionale del Cancro (NCI = National Cancer Institute) di Bethesda, nel Maryland, confermò la scoperta del virus, ma ne modificò il nome in “virus T-linfotropico umano di tipo III” (HTLV-III). Di lì a poco nacque un’accesa disputa internazionale tra Montagnier e Gallo su chi dei due potesse fregiarsi della paternità della scoperta, disputa che finì in favore dello studioso francese.

Nel 1986 Montagnier riuscì a isolare un secondo ceppo del virus HIV, chiamato HIV-2 e maggiormente diffuso in Africa, e fu insignito del premio Albert Lasker per la ricerca medica. In seguito Montagnier s’impegnò in progetti di prevenzione dell’AIDS e nella ricerca di un vaccino efficace contro questa patologia, collaborando con diversi virologi, tra cui l’italiano Vittorio Colizzi.

Nell’ottobre del 2014 Montagnier siglò un accordo di collaborazione con l’I.R.C.C.S Neuromed per portare avanti alcuni studi di ricerca sulle neuroscienze.

Uso terapeutico della papaya

Montagnier ha affermato a più riprese come la papaya conterrebbe presunte sostanze benefiche utili a contrastare la sindrome acuta respiratoria grave (SARS) e il morbo di Parkinson (a tal proposito nel 2003 affermò di aver condiviso la sua cura a base di papaya con l’allora pontefice Giovanni Paolo II, che soffriva di una grave forma della malattia neurodegenerativa. Tali affermazioni non hanno però mai avuto riscontro oggettivo, in quanto Montagnier non ha mai pubblicato alcuna ricerca in proposito.

Affermazioni sui vaccini

A partire dagli anni 2010 Montagnier ha espresso varie considerazioni sui vaccini e sul loro utilizzo, spesso in maniera critica, senza però mai pubblicare alcuno studio e senza alcun serio controllo scientifico di supporto alle sue dichiarazioni, divenendo una delle personalità di spicco dal punto di vista dei movimenti antivaccinisti che hanno ripreso più volte le sue affermazioni a sostegno delle loro tesi. Montagnier ha esternato in vari convegni organizzati da personaggi affiliati alle teorie no-vax dubbi riguardo alla sicurezza dei vaccini, che secondo lui potrebbero essere addirittura correlati allo sviluppo di disturbi dello spettro autistico e di altre patologie: tuttavia, il virologo francese non ha mai pubblicato alcuno studio a sostegno di ciò.

In più occasioni Montagnier si è espresso in maniera contraria a un uso intensivo delle vaccinazioni, sostenendo come gli undici vaccini obbligatori previsti in Francia sarebbero troppi e che in generale l’obbligo vaccinale sarebbe “un errore medico e politico”.

“Non sono contro i vaccini, alla cui ricerca ho dedicato gran parte della mia vita. Li ritengo molto importanti nella cura delle epidemie ma sono contrario a prodotti non sicuri, i cui effetti sono ancora del tutto sconosciuti”.

Continua il premio Nobel francese, spiegando la sua posizione: “Un vaccino può considerarsi sicuro solo dopo un tempo di sperimentazione molto più lungo – dice Montagnier -. Questa campagna vaccinale è stata effettuata con errori di carattere scientifico e medico che hanno aggravato la situazione. Nei vaccini di solito è presente il virus attenuato che una volta iniettato stimola il sistema immunitario in maniera delicata. Gran parte dei vaccini, anche se non tutti, somministrati per combattere questa pandemia sono una terapia genica che serve a stimolare la produzione di proteine nelle nostre cellule. E’ un sistema che ritengo innaturale perché fa sì che il nuovo materiale genetico sia inserito nel nostro genoma. Nel corpo abbiamo cellule specializzate chiamate ‘cellule immunitarie’ che da sole sono in grado di produrre anticorpi. Da qui le mie critiche ma ripeto, non sono contrario ai vaccini”.