La perdita di olfatto, in termini scientifici anosmia, è stata uno dei sintomi più evidenti e comuni di Covid-19, soprattutto nelle prime ondate epidemiche. Anche se ora, con Omicron, è molto meno frequente, alcuni pazienti non hanno ancora recuperato, parzialmente o totalmente, l’olfatto. Ma i pazienti Covid non sono gli unici colpiti: capita che alcuni pazienti con malattie neurologiche come il Parkinson ne siano affetti. Due ricercatori americani che da 40 anni lavorano sull’anosmia hanno sviluppato un naso bionico; una protesi inserita in un paio di occhiali, che invia segnali a un recettore sottopelle che a sua volta traduce gli odori in impulsi elettrici, captati dal bulbo olfattivo, struttura dell’encefalo.
I ricercatori americani del Dipartimento di Fisiologia e Biofisica dell’Università del Commonwealth della Virginia, Richard Costanzo e Daniel Coelho, hanno messo a punto un prototipo il cui funzionamento è simile a quello di un apparecchio acustico, ma che si presenta come un normale paio di occhiali. Esso promette di restituire le capacità olfattive perdute. Vale a dire: un naso umano ha 400 diversi tipi di sensori olfattivi, in grado di distinguere più di 1.000 miliardi di odori. Il prototipo “è ora pronto per essere testato su esseri umani affetti da anosmia”, indicano gli specialisti. Punta a ripristinare le connessioni nervose delle persone che hanno perso l’olfatto inviando segnali a un recettore – come un impianto cocleare per i pazienti con sordità – situato sotto la pelle, che tradurrà gli odori in impulsi elettrici che il bulbo olfattivo può riconoscere.
Se l’obiettivo finale del team – si legge sul settimanale francese Le Point online – è creare un naso elettronico, quello più immediato è di ampliare la gamma di odori di questi sensori. Gli attuali prototipi, infatti, ne riconoscono a malapena una dozzina. Ma i ricercatori continuano a studiare per capire il percorso attraverso il quale i segnali vanno al cervello.
Normalmente, le informazioni vengono trasmesse dai chemiocettori presenti nel naso a due bulbi olfattivi, posti dietro la cavità nasale. Vengono quindi elaborati lì e rimandati ad altre parti del cervello dedicate in particolare alla memoria e alle emozioni. Dunque c’è ancora molto da fare per arrivare a una protesi funzionale. E “serviranno ancora anni di studio”, avvertono i due ricercatori che non vogliono dare false speranze ai pazienti che hanno perso l’olfatto.