Messina

Occupazione e produzione sempre più in affanno a Messina

MESSINA – In provincia di Messina solo un occupato ogni otto abitanti, e aziende con bassa capacità di investimenti.

Sono alcuni dei dati che emergono dallo studio curato dal Centro di ricerca sui bilanci aziendali del dipartimento di Economia dell’Università di Messina, diretto dal professore Antonio Del Pozzo, ordinario di Economia aziendale. Il report presentato nei giorni scorsi è il frutto dell’accordo di collaborazione siglato un anno fa dalla Uil di Messina con il segretario Ivan Tripodi e l’Università di Messina per un progetto di ricerca sulle dinamiche occupazionali e l’andamento del costo del lavoro nelle imprese messinesi.

Il protocollo sarà rinnovato anche per il prossimo anno, come confermato dal Dipartimento di Economia dopo la richiesta di Tripodi, che ha sottolineato: “Il nuovo ruolo che il sindacato deve avere, con problemi nuovi e complessi da affrontare che riguardano il mondo del lavoro, tali da richiedere risposte supportate da ricerche qualificate e scientifiche, e l’Università, in questo, può dare un indispensabile supporto”.

“Il report – ha proseguito Tripodi – sarà la base per una discussione più ampia, per capire su quali prospettive di welfare si dovrà lavorare”.

L’Università di Messina, con la collaborazione con il sindacato, assolve alla sua terza missione che ha la finalità di incontrare il territorio e le istituzioni, per dare il suo contributo in un’epoca di grandi cambiamenti. Con la ricerca, a cui hanno lavorato anche le dottorande Giulia Cattafi e Federica Tomasello – come ha sottolineato il direttore del Cerba Del Pozzo – sono state sperimentate nuove metodologie, anche nella didattica, nell’ambito della business intelligence, il primo passo verso l’intelligenza artificiale, e dei “big data” costituiti dalle banche dati sui bilanci.

Del tessuto produttivo messinese ha parlato anche Antonio Del Pozzo al QdS: “Situazione preoccupante – con qualche segno positivo che emerge dalla vitalità delle giovani imprese. A Messina un occupato ogni otto abitanti, a Reggio Emilia ne abbiamo uno ogni tre. Il segno positivo è dato dalle molte imprese di giovani che crescono e creano occupazione, specie nel campo informatico, questo ci incoraggia a specializzare i ragazzi nell’osservazione dei dati”.

“Abbiamo elaborato – ha proseguito Del Pozzo – 100 mila abitanti e 5 milioni di voci di bilanci, grazie alla business intelligence, quindi sfruttando le banche dati che abbiamo, educhiamo i ragazzi a ragionare con la logica della comprensione della realtà economica”.

Capire che tipo di attività servono e dove investire

Un lavoro mirato a capire che tipo di attività servono e dove investire. “A livello pubblico – ha specificato il professore – bisogna investire nell’ambiente, settore che può creare le risorse per la crescita del turismo. In questo settore, inoltre, ci sono molti occupati e questo può essere la premessa per un’ulteriore crescita delle aziende, creando un effetto dominco anche su altri settori. Anche la manifattura dà segnali di dinamismo e poi le nuove tecnologie, le elaborazioni dei dati, i big data sono una fonte di lavoro per il futuro sicuramente importante”.

Su tecnologie e start up punta anche il Comune di Messina che ha prospettato la realizzazione dell’I-Hub, dove ha un ruolo anche l’Università. “E’ la strada giusta – ha proseguito Del Pozzo – ma tutto dipende dalla capacità di gestire queste strutture, perché non è facile, sono dei tipi di interventi che costano. Se si avvia senza le necessarie risorse, finanziarie umane e scientifiche, difficilmente può attecchire, però è una buona idea”.

Il numero bassissimo di occupati resta il punto debole

Il numero bassissimo di occupati resta il punto debole di questo territorio, come ha precisato i lprofessore Del Pozzo: “Nella provincia del messinese stimiamo circa 40 mila occupati, che è un numero veramente esiguo se lo confrontiamo con altre province, pochi occupati vogliono dire poche retribuzioni e quindi difficoltà di supporto da parte del territorio per tutti. Molti lavoratori sfuggono anche alle statistiche ufficiali perché hanno piccoli lavori occasionali, non dipendenti e con retribuzioni basse”.

Resta la difficoltà di trovare alcune qualifiche. “Lì è un problema di formazione, – ha spiegato ancora Del Pozzo – le imprese chiedono lavoratori specializzati. Nell’area amministrativa, per esempio, c’è un bisogno enorme ma ci sono poche persone in grado di svolgere alcuni lavori complessi. Le imprese investono poco e hanno pochi margini per remunerare il lavoro. Non rileviamo che vengono pagati poco i lavoratori, e gli utili sono alti. Quello che abbiamo rilevato è che ci sia proprio una difficoltà generale”.