La Corte d’assise di Catania ha condannato a 30 anni di reclusione Martina Patti, la mamma 25enne rea confessa dell’omicidio della figlia Elena Del Pozzo, che non aveva ancora 5 anni, uccisa con un’arma da taglio nel giugno 2022 e seppellita in un campo vicino casa, a Mascalucia. La sentenza è uscita pochi minuti fa.
I giudici della corte presieduta da Sebastiano Mignemi hanno accolto la tesi dell’accusa, che con i pm Fabio Scavone e Assunta Musella avevano chiesto proprio questa pena. L’accusa aveva argomentato la mancata sanzione del carcere a vita per le attenuanti generiche e il cosiddetto “giudizio di equivalenza” con le aggravanti contestate.
In principio, erano stati chiesti 28 anni per omicidio, un anno per occultamento di cadavere e un anno per simulazione di reato. Le attenuanti concesse sarebbero quelle della “confessione”, del fatto che Martina Patti ha ammesso ciò che ha fatto; e della “giovane età” dell’imputata. L’imputata è difesa dagli avvocati Tommaso Tamburino e Gabriele Celesti. Difensori che oggi hanno svolto le proprie arringhe. Le indagini sono state svolte dai carabinieri del comando provinciale di Catania, coordinate dalla Procura catanese.
La difesa di Martina Patti intanto ha annunciato l’intenzione di ricorrere in appello. “La Corte ha aderito alla nostra impostazioni e concesso le attenuanti, che ha ritenuto equivalenti all’aggravante della premeditazione ed è una base da cui partire – afferma l’avvocato Tamburino -. Faremo l’appello in cui sosterremo l’incapacità parziale o totale di mente della nostra cliente. Di fatto prendiamo atto di un aspetto positivo, che non c’è stato l’ergastolo, cosa che da più parti pronosticavano”.
Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI