Cronaca

Operazione “Vincolo”, dal controllo del territorio allo spaccio di droga: la “rete” al servizio di Mulè

Tutti al servizio di Francesco Mulè. Dal controllo totale della ripartizione e dello spaccio delle stupefacenti in centro storico alla scelta dei pusher. La cassa per il mantenimento dei detenuti. L’estorsione a una ricevitoria.

Le indagini hanno rivelato che le principali attività criminali gestite e dirette dall’associazione sono il commercio degli stupefacenti, l’attività di estorsione dei commercianti e degli imprenditori cui si aggiunge il controllo delle scommesse clandestine. Il blitz dei carabinieri segue l’omicidio di Giuseppe Incontrera, avvenuto un anno fa, e le operazioni “Vento”, “Vento 2”, “Centro” e “Centro 2”.

Dopo le operazioni svolte nel 2022 e la misura cautelare adottata il 6 febbraio scorso nei confronti di Francesco Mulè individuato come capo della famiglia mafiosa di Palermo Cento, sono da ritenersi il punto di partenza dell’odierna ordinanza emessa dal Gip Filippo Serio che ha portato a 20 ordinanze di custodia cautelare, di cui 7 in carcere, 2 obblighi di dimora e 11 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria.

Il ruolo di Alessandro Adamo

Alessandro Adamo ha rivestito il ruolo di partecipe della famiglia mafiosa e del mandamento di Porta Nuova, coadiuvando il reggente del mandamento, Tommaso Lo Presti detto il lungo, attualmente detenuto per il reato di associazione mafiosa.

Lo Presti, dopo essere stato scarcerato il 13 febbraio 2020, stabiliva il proprio “quartiere generale” presso la macelleria con insegna “Fantasie della carne”, ubicata a Palermo in Piazza Ingastone n. 21. In tale frangente, acquisita la reggenza del mandamento a partire dal marzo 2020, il Lo Presti si avvaleva della fattiva collaborazione di Alessandro Adamo, incensurato, dipendente del predetto esercizio commerciale, al fine di eludere le investigazioni, per programmare gli incontri riservati, comunicare e veicolare le informazioni con altri esponenti del mandamento di Porta Nuova.

Il ruolo di Ivano Parrino

Parrino Ivano ha già riportato numerose condanne irrevocabili, anche per reati di rilievo distrettuale e
veniva condannato alla pena di sedici anni di reclusione, in corso di espiazione, per associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di stupefacenti e plurime condotte di spaccio.

Durante la sua carcerazione ha beneficiato del mantenimento in carcere, con periodiche dazioni di denaro pervenute alla moglie Rita Massa Rita, consapevole della provenienza illecita del denaro e ha esercitato dal carcere le sue prerogative mafiose, dando dimostrazione di non aver rescisso affatto i legami col sodalizio intrattenendo rapporti con gli altri sodali, impartendo direttive mafiose e godendo dei numerosi benefici derivanti dalla appartenenza al sodalizio e ha inoltre abusivamente detenuto ed utilizzato all’interno del carcere un cellulare, con cui è riuscito a veicolare le sue istruzioni e direttive.

Il ruolo di Giovanni Castello

Già arrestato nell’ambito dell’operazione “Hybris”, nelle cui indagini era risultato essere organico alla famiglia di Corso dei Mille prima e successivamente alla famiglia di Palermo Centro, come emerso nell’operazione “Alexander” poi, nell’ambito della quale per un limitato periodo aveva anche assunto il ruolo di reggente è rimasto in carcere sino al 4 marzo 2022 in regime di espiazione della pena. Durante la detenzione e nel periodo immediatamente successivo ha beneficiato dell’assistenza mafiosa, ricevendo, per il tramite dei suoi stretti congiunti, un importo di denaro a titolo di mantenimento.

Il ruolo di Simone Abbate

Sulla base delle indagini, Simone Abbate si è messo a completa disposizione del reggente MULE’ Francesco, che ha coadiuvato sia in ambito estorsivo sia nella gestione dei rapporti con gli altri sodali, destinati alla trattazione di affari illeciti.

Il ruolo di Antonino Pisano

Il suo coinvolgimento con le famiglie mafiose era già emerso quando, nelle indagini effettuate nel 2007, risultò essere responsabile della copertura della latitanza di Giovanni Vincenzo Nicchi, membro di vertice del mandamento di Pagliarelli per aver messo a disposizione della moglie del Nicchi un gommone necessario per un loro incontro e un’auto bonificata che il Nicchi e la moglie utilizzarono per recarsi a una cena. Dalle risultanze delle indagini che lo hanno visto oggi oggetto dell’ordinanza è emersa la sua stabile frequentazione dei principali sodali della famiglia di Palermo Centro e strette frequentazioni con Massimo Mulè. Come emerge dall’ordinanza, il Pisano fu ritenuto poco affidabile da Giuseppe Mangiaracina nella gestione delle somme di denaro destinate a Giovanni Castello, accusa che, successivamente, lo stesso Mangiaracina ritenne falsa.

Il ruolo di Davide Di Fiore

Sulla base di quanto emerge dalle indagini Davide Fiore ha fornito stabile ausilio a Francesco Mulè, tra l’altro, assumendo il ruolo di autista di fiducia, trasmettendo comunicazioni riservate a terzi soggetti, anche mediante inoltro di “pizzini”, curando la corresponsione di denaro destinato ai Mulè, trasmettendo informazioni utili ad eludere le indagini, ad esempio in ordine al ritrovamento di microspie, e mettendosi a disposizione per agevolare la fuga dei Mulè e sottrarsi all’arresto. Risulta evidente che il Di Fiore gli ha operato ben conoscendo l’organigramma mafioso ed il ruolo di ciascun sodale.

In qualità di uomo di fiducia del Mulè, ad esempio, si recò presso il negozio “Barbisio” per chiedere alla titolare/commessa buoni spesa di pari valore per l’acquisto di capi di abbigliamento e, in altre occasioni, di aiutarlo a contare le somme di denaro in suo possesso. Sempre del conto del Mulè, il Di Fiore si sarebbe occupato della c.d. bonifica ambientale, necessaria a mantenere alta la riservatezza degli incontri del Mulè con altri esponenti della famiglia mafiosa anche tramite l’individuazione di microspie sistemate dalle forze dell’ordine.

L’estorsione alla ricevitoria del lotto

Dall’analisi delle conversazioni ambientali si evince anche che Sebastiano Gambino, titolare della “Ricevitoria del lotto, super Enalotto, totocalcio”, ubicata in Piazza Ingastone n. 4,era da tempo sottoposto al pagamento del “pizzo” da parte dell’organizzazione criminale Cosa nostra, operante nel mandamento di Porta Nuova.

Tale pretesa estorsiva, pari a 150 euro settimanali era ritirata da Giuseppe Incontrera che, in un’occasione delegò il nipote Antonino Fardella a riscuoterla. Con l’avvento della pandemia covid-19, Sebastiano Gambino, a causa del lookdown, non riusciva più a pagare la tangente, giustificandosi con Giuseppe Incontrera dicendo che a causa dell’inattività del suo locale e fin quando non avesse ripreso a lavorare, non avrebbe avuto più la possibilità di pagare i consueti 150 euro a tale “Giuseppe” (identificabile in Giuseppe Autieri) che era subentrato nel frattempo al medesimo Incontrera, nel ritiro dei soldi. Il Gambino garantì, successivamente allo stesso Incontrera che avrebbe ripreso regolarmente i pagamenti.

Il controllo dello spaccio nel centro storico

Nell’area di Palermo Centro, come già emerso nell’ambito delle recenti indagini sull’intero mandamento di Porta Nuova, le investigazioni hanno confermato l’esistenza di una rigida regia mafiosa delle piazze di spaccio, nell’ambito delle quali operano solo pusher preventivamente autorizzati dal sodalizio, i quali fanno riferimento ai capi piazza.

Questi ultimi si occupano di garantire il rispetto delle regole imposte dal mandamento, tra di esse in primo luogo quella che impone che la droga commercializzata provenga dalle forniture gestite dai vertici mafiosi. Nel corso delle investigazioni emergeva il ruolo di primo piano assunto da Alessandro Cutrona, cui veniva demandato il compito di gestire e supervisionare il traffico di sostanze stupefacenti nei quartieri di Ballarò, Vucciria e Capo essendo incaricato della successiva distribuzione di stupefacenti per la vendita al dettaglio. Le intercettazioni svolte nel corso delle indagini hanno permesso di acquisire gravi indizi circa il coinvolgimento di Selvaggio Vincenzo, detto “u Valentino”, nei traffici di stupefacenti diretti e controllati dai vertici del mandamento mafioso di Parta Nuova e delle singole famiglie mafiose.