Cronaca

Dal boss “padrino” del figlio ai pranzi assieme, ecco chi sono i coniugi Bonafede-Lanceri

Questa mattina, su richiesta del Procuratore della Repubblica Maurizio de Lucia, del Procuratore Aggiunto Paolo Guido e dei Sostituti Procuratori Gianluca De Leo e Pierangelo Padova, Gip Alfredo Montalto ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Emanuele Bonafede e Lorenza Ninfa Lanceri.

Entrambi sono indagati per avere “aiutato Matteo Messina Denaro, componente, dirigente e organizzatore dell’associazione mafiosa ‘Cosa nostra’, a sottrarsi all’esecuzione delle pene irrogate con sentenze definitive (…) aiuto consistito nell’avere ospitato Messina Denaro in via continuativa e per numerosi giorni nella propria abitazione di via Mare n. 89 a Campobello di Mazara, dove quest’ultimo consumava abitualmente i pasti principali e alla quale poteva accedere e allontanarsi sottraendosi ai servizi di osservazione della polizia giudiziaria anche grazie alla vigilanza preventiva che costoro effettuavano sulla pubblica via per verificare l’eventuale presenza delle forze dell’ordine o di altre persone”.

Per Emanuele Bonafede e Lorenza Ninfa Lanceri sussiste anche l’aggravante (Art. 4/6 bis.1 del Codice Penale) di avere agito al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa “Cosa nostra” fino al 16 gennaio 2023, data del “blitz” alla clinica “La Maddalena” che ha portato all’arresto dell’ex superlatitante.

Le indagini sui Bonafede

Gli arresti hanno preso forma a seguito dalle investigazioni che sono seguite all’arresto, lo scorso 16 gennaio 2023, di Matteo Messina Denaro, noto esponente di Cosa nostra e “responsabile d’innumerevoli ed efferati delitti per i quali ha riportato condanne irrevocabili, rimasto latitante per quasi un trentennio e infine, appunto, catturato all’esito di una brillante operazione di polizia che finalmente riscatta l’incredibile ‘flop’ di anni e anni di ricerche in quella ristretta cerchia territoriale pur costantemente setacciata e controllata con sofisticati sistemi di intercettazioni e di videosorveglianza di luoghi strategici”.

Grazie alle indagini si è scoperta l’esistenza di una “rete” di fiancheggiatori e di nomi in codice che garantivano al boss l’anonimato e la tutela della latitanza. Tra questi, gli inquirenti hanno notato come Messina Denaro abbia affidato “la tutela della sua latitanza al nucleo familiare dei Bonafede di Campobello di Mazara”, facente capo a Leonardo Bonafede, recentemente deceduto e “da lunghissimo tempo ben noto alle forze dell’ordine, non solo come ‘reggente’ della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, proprio per la sua trascorsa frequentazione e amicizia e anche per ragioni di solidarietà criminale, con il padre di Matteo Messina Denaro, Francesco Messina Denaro (a sua volta, fino al decesso, già latitante e capo della organizzazione mafiosa operante nella provincia di Trapani)”.

Emanuele Bonafede e Lorenza Ninfa Lanceri, amici di famiglia

Grazie all’informativa n. 19/8-3-123 depositata il 6 marzo 2023 dalla sezione Crimor del Ros Carabinieri di Palermo, si apprende che ” Lorena Lanceri (moglie di Emauele Bonafede, ndr.) era inserita nel circuito di comunicazioni che consentiva al latitante di mantenere contatti con alcune persone a lui particolarmente care e che entrambi i coniugi, contrariamente a quanto dagli stessi dichiarato alla polizia giudiziaria nelle fasi precedenti, avevano stretto un intenso rapporto personale con Matteo Messina Denaro in epoche certamente risalenti a un periodo anteriore al gennaio 2017, epoca in cui Messina Denaro era stato scelto dalla coppia per fare da ‘padrino’ di cresima per loro figlio Giuseppe e aveva elargito il denaro necessario per acquistare al ragazzo un orologio di rilevante valore”.

È stato inoltre accertato che “almeno nei dieci giorni antecedenti la cattura di Matteo Messina Denaro, i coniugi Bonafede – Lanceri hanno in più occasioni ospitato il pericoloso latitante nella propria abitazione di via Mare 89 a Campobello di Mazara, così consentendogli non solo di trascorrere molte ore in piena tranquillità e in loro compagnia in un contesto domestico-familiare ma, anche e soprattutto, di incontrarsi con numerose persone (in corso di compiuta identificazione) e, infine, ma non per importanza, di entrare ed uscire dalla loro abitazione effettuando accurati controlli visivi per ridurre il rischio di essere avvistato dalle forze dell’ordine”.

Tutti aiuti che – si legge nell’ordinanza a carico di Emanuele Bonafede e Lorenza Ninfa Lanceri – “hanno consentito a Matteo Messina Denaro di fruire di un’assistenza prolungata e premurosa e conseguentemente di mantenere quella apparenza di ‘vita normale’ che ha senza dubbio costituito uno dei pilastri della pluridecennale capacità di Messina Denaro di nascondersi e mimetizzarsi pur rimanendo attivo sul ‘proprio’ territorio”.

Francesco Salsi, altra identità dell’ex latitante

Lo scorso 23 gennaio, i coniugi Bonafede – Lanceri si erano presentati spontaneamente alla polizia giudiziaria affermando di “avere riconosciuto nelle immagini diffuse dai media in occasione dell’arresto di Matteo Messina Denaro una persona che essi avevano conosciuto nell’estate del 2018 come Francesco Salsi e che aveva iniziato a frequentare occasionalmente la loro abitazione”.

Le dichiarazioni dei due, però, “oltre a presentare alcune palesi incompatibilità”, sono state smentite dalle immagini della videosorveglianza di un esercizio commerciale vicino alla loro abitazione, che avrebbero mostrato “la piena consapevolezza della reale identità di Matteo Messina Denaro” da parte dei due. Consapevolezza confermata anche “dall’elevata frequenza e dalla durata particolarmente prolungata della permanenza del latitante nell’abitazione in questione”.

Il filmato che “incastra” Emanuele Bonafede e Lorenza Ninfa Lanceri

Da un filmato realizzato il 10 gennaio scorso si vede Andrea Bonafede (prestanome del boss) giungere a casa di suo cugino Emanuele. Nell’ordinanza odierna si legge che “recava in mano un involucro di piccole dimensioni, si girava con le spalle verso la porta di ingresso e rimaneva in attesa dell’apertura della stessa, controllando la strada con estrema cautela”. La stessa dinamica si sarebbe ripetuta pochi minuti dopo, quando Bonafede si è allontanato dalla casa dei coniugi Bonafede – Lanceri, sempre con lo stesso sacchetto in mano.

Dalle videoregistrazioni dei giorni successivi si evince che “prima Emanuele Bonafede o Lorena Lanceri e subito dopo Matteo Messina Denaro si sporgevano dalla porta di ingresso della abitazione di via Mare n. 89 per controllare che la strada fosse libera”. Secondo gli inquirenti, questo dimostrerebbe che “Emanuele Bonafede e Lorena Lanceri erano pienamente consapevoli della reale identità del soggetto che frequentava abitualmente la loro abitazione (…) fornendogli abitualmente ospitalità” e anche che i due “lo hanno concretamente aiutato ad eludere le ricerche delle forze di polizia”.

La polizia giudiziaria ha inoltre identificato il “cugino” destinatario della missiva proprio in Laura Bonafede, il cui alias era “affetta formaggi”: ”Ci siamo visti da vicino e anche parlato. Mi avrai trovato invecchiato e stanco (…) a me ha fatto piacere vederti e parlarti, cercavo di tenere la situazione sotto controllo ma non ho visto niente di pericoloso, se no smettevo di parlarti. A parte le due signore madre e figlia suppongo, poi tutto nella regola. Certo c’è da vedere cosa ha pensato l’affetta formaggi, perché a te ti conosce e sa che tipo sei, a me mi conosce di vista come cliente ma non sa nulla, certo ora che mi ha visto parlare con te sarà incuriosito di sapere chi sono”.

Dai filmati prodotti dalle telecamere di sorveglianza installate nel supermercato Coop di via Risorgimento n. 26 a Campobello di Mazara emerge che “la persona che si era brevemente soffermata a parlare con Matteo Messina Denaro quel 14 gennaio 2023, proprio davanti al bancone dei salumi e dei formaggi di quel supermercato, era effettivamente Laura Bonafede.

Margot, il nome in codice della Giulietta

In una nota spesa sequestrata si legge “30.00 Margot 2 inizio 12 gennaio 2022”. Sembra che Margot fosse il nome in codice della Giulietta del boss Messina Denaro, acquistata il 12 gennaio 2022 “utilizzando il documento di Andrea Bonafede e facendo intestare la vettura a Giuseppa Cicio, madre di Bonafede”.

Chi è “Diletta”

Un ulteriore pseudonimo di Lorena Ninfa Lanceri risulta essere quello di Diletta perchè “tale nominativo compare per la prima volta nel Libricino n.2 rinvenuto e sequestrato il 16 gennaio 2023 all’interno della casa di campagna nella disponibilità di Rosalia Messina Denaro“.

Nello scritto, “Diletta” scriveva: “Sei un grande. Anche se tu non fossi M.D. La ‘tua’ Diletta”. Gli investigatori hanno anche scoperto che il 26 settembre 2021 Messina Denaro, reduce dal secondo intervento chirurgico e “con addosso gli oltre 100 punti di sutura” aveva raccontato alla sorella Rosalia “le difficoltà con cui era riuscito a portare a termine l’impegno del 18 maggio”.

Nella nota si legge: “Ero tutto bagnato dal sudore, Diletta che lavò i miei indumenti li torceva e uscivano gocce di acqua, era senza parole”. È stato inoltre accertato come “Lorena Lanceri fosse solita condividere lo smartphone che Matteo Messina Denaro utilizzava per interloquire con altre persone”.

Un Rolex per il figlioccio, ecco dove è stato comprato

Matteo Messina Denaro era stato “padrino” di cresima di Giuseppe Bonafede, primogenito della coppia Bonafede – Lanceri.

In quell’occasione, il boss avrebbe fornito ai genitori del ragazzo per comprare un “Rolex modello Oyster Perpetual” da ben 6.300 euro. Lorena Lanceri lo avrebbe comprato l’11 gennaio 2017 alla gioielleria Matranga di Palermo. Dall’ordinanza a carico di Emanuele Bonafede e Lorenza Ninfa Lanceri emerge che “contrariamente alle regole interne della citata gioielleria, non era stata compilata la scheda cliente e, pertanto, non era possibile risalire all’acquirente perché nel 2017, su 878 Rolex venduti, solo 7 risultavano privi della menzionata scheda cliente.

Secondo il gip Montalto, “risulta inconfutabilmente accertato” che Messina Denaro abbia potuto avvalersi – durante la sua latitanza – della totale e “incondizionata ‘copertura’, tra gli altri, anche dei coniugi” Bonafede – Lanceri.

Il giudice ritiene quindi che “la condotta degli indagati” abbia “consentito al latitante quantomeno di ridurre l’esposizione e il conseguente rischio di essere individuato e arrestato”. Per questo, ha disposto di procedere alla cattura dei due e di condurli in un istituto di custodia.