Messina Denaro, in manette il cugino di Andrea Bonafede - QdS

Messina Denaro, altri arresti: in manette marito e moglie fiancheggiatori del boss

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Messina Denaro, altri arresti: in manette marito e moglie fiancheggiatori del boss

Redazione  |
giovedì 16 Marzo 2023

Arrestato Emanuele Bonafede, cugino del geometra che avrebbe prestato l'identità a Matteo Messina Denaro. In manette anche la moglie.

Altri due arresti sono stati effettuati a Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, dove il boss Matteo Messina Denaro avrebbe vissuto negli ultimi 4 anni.

I carabinieri del Comando provinciale di Trapani hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Emanuele Bonafede, 49 anni, e Lorena Ninfa Lanceri, 48 anni, rispettivamente marito e moglie. Il primo è parente di Andrea Bonafede, il geometra che avrebbe prestato l’identità a Messina Denaro.

L’accusa nei loro confronti è concorso per favoreggiamento personale e procurata inosservanza di pena, reati aggravati per avere agevolato Cosa nostra.

Messina Denaro ospite abituale dei Bonafede

Secondo gli inquirenti, la coppia avrebbe ospitato “in via continuativa e per numerosi giorni”, nella sua casa di Campobello di Mazara, il padrino all’epoca latitante. Abitualmente, dunque, il boss sarebbe andato a pranzo e a cena nell’appartamento dei due, entrando e uscendo indisturbato grazie ai controlli che i Bonafede svolgevano per scongiurare la presenza in zona delle forze dell’ordine.

I coniugi – secondo i pm – avrebbero dunque fornito al boss “prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali e al mantenimento dello stato di latitanza”. Lorena Ninfa Lanceri, inoltre, secondo gli inquirenti, era inserita nel circuito di comunicazioni che ha consentito all’ex latitante di mantenere contatti con alcune persone a lui particolarmente care.

Messina Denaro, in corso numerose perquisizioni

A emettere l’ordinanza di arresto è stato il Tribunale di Palermo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia e antiterrorismo. L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pubblici ministeri Piero Padova e Gianluca De Leo.

Attualmente le forze dell’ordine stanno compiendo numerose perquisizioni in tutta la provincia di Trapani a carico di soggetti che in qualche modo possano in questi anni favorito la latitanza del boss.

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