ACIREALE – “Scongiuro la vendita al pubblico incanto perché se il Comune è disponibile a soddisfare il debito, mancano i presupposti per procedere. Non abbiamo interesse a proseguire la procedura esecutiva”. Giacomo Gargano, presidente Irfis, l’intermediario finanziario con socio unico la Regione Siciliana, la questione la chiuderebbe così. Ma la vicenda legata alla possibile vendita all’asta del Palatupparello, il Palazzetto di Acireale teatro di mille concerti, sembra voler tenere ancora banco nella città acese.
Tutto per via di una cattiva gestione che ha comportato più di otto milioni di debito, mai soddisfatto, e un’ipoteca sull’immobile “che – riferisce Gargano alla nostra testata – sarebbe sufficiente a coprire l’intero ammontare del debito”. Nei giorni scorsi la proprietà dell’immobile è passata al Comune che, una volta scongiurata la vendita all’asta, sembra essere intenzionato a pubblicare un bando per l’affidamento della gestione ai privati. Fino ad allora il Palasport continuerà a utilizzarsi tramite affitto a ore.
Ma facciamo un passo indietro. Tutto è cominciato quando l’Irfis ha concesso un finanziamento di circa sei milioni di euro su fondi regionali alla Pallavolo Catania per la costruzione del Palasport. La società sportiva – stando a quanto dichiarato dal sindaco di Acireale, Stefano Alì, al QdS -, sembrerebbe non aver gestito oculatamente le risorse disponibili. “Sul Palasport grava un’ipoteca – afferma il primo cittadino – e fino al 2014 non è mai stata pagata una rata, al debito originario si aggiungono altri prestiti e interessi”.
Sebbene l’ammontare sia oneroso per le casse del Comune, il sindaco assicura che è in fase di concertazione un accordo con Irfis che preveda la ristrutturazione del debito. “Abbiamo avuto un incontro a Palazzo d’Orleans – spiega Alì – e trovato una quadra per la rimodulazione del debito” e per onorarlo a condizioni più favorevoli. “Il Comune – conferma il presidente Gargano -, accedendo a una legge regionale del 2003, ha fatto richiesta all’Irfis di subentrare nel finanziamento ottenendo quasi il dimezzamento dell’importo complessivo”.
L’intermediario, da parte sua, ha attivato la procedura e ha inoltrato la pratica alle attività produttive da cui un riscontro arriverà entro le prossime settimane. “In ogni caso – assicura Gargano – c’è unione di intenti per scongiurare la vendita all’asta dell’immobile, tutti gli attori istituzionali sembrano remare nella stessa direzione”.
Nei giorni scorsi, infatti, il neo assessore regionale allo Spettacolo, Manlio Messina, su proposta del presidente della Regione, Nello Musumeci, ha convocato un tavolo affinché si possa addivinire a una soluzione nel più breve tempo possibile.
Una volta scongiurato il pericolo, come detto, bisognerà pensare all’affidamento. Sul tavolo c’è un bando pubblico che affidi la gestione a un privato. Tra gli interessati anche lo storico manager Giuseppe Rapisarda. “Sono molto sereno – afferma – perché ho sentito le Amministrazioni e sono convinto che nessuno voglia perdere un patrimonio”. Per il manager il vero male è la struttura. “Dopo l’ultima bomba d’acqua – spiega – il Palazzetto ha dei grandi problemi: va rimodernato affinché possa sopravvivere altri trent’anni”.
Nel frattempo, però, gli eventi non possono fermarsi, “la ricaduta sul territorio sarebbe dieci volte l’incasso”, spiega Rapisarda. “Per un concerto che incassa 200 mila euro – esemplifica il manager – la ricaduta certificata ammonta a due milioni di euro, senza considerare l’impatto culturale e turistico: si perderebbero circa 800 camere l’anno”. L’esperto nel settore “sa esattamente come fare per mettere in agibilità il palazzo”, ma alla domanda su un suo possibile interessamento al bando di gara, risponde: “Solo se le condizioni del bando saranno tali da consentire di far stare in piedi un business”.
I nodi da sciogliere sono la manutenzione straordinaria e il canone minimo garantito. “La prima – sostiene – non può essere a carico del gestore, ma del proprietario” e per il canone annuale “se si parte da 50 ha un senso, se si parte da 100, o addirittura 200, si rischia di azzerare la partecipazione”. Per Rapisarda la gestione a queste cifre significherebbe non far reggere l’attività “di un palazzetto che viene impiegato 17 giorni l’anno”. Per consentitre una fruttifera gestione del bene servono “parameteri non troppo alti – conclude – che non costringano chi vinca la gara a rimetterci soldi o a non pagare e i coefficienti devono essere parametrati al mercato sì, ma anche alla realtà degli ultimi trent’anni”.