PALERMO – Il Piano di riequilibrio “va modificato”. Al termine di una seduta telematica del Consiglio comunale dai toni a dir poco accesi, il sindaco Leoluca Orlando ha aperto a sorpresa a una revisione del documento che dovrebbe salvare il capoluogo siciliano dal dissesto e che “si fonda – ha detto in Aula – su scelte che sono in contrasto con la volontà della Giunta ma che saranno obbligate se non dovessero sciogliersi alcuni nodi che si riferiscono alla parte finanziaria. Il dissesto è inutile, perché il Comune non ha debiti ma crediti da riscuotere”.
La Giunta “si farà carico di fare alcune modifiche” che “terranno conto di dati finanziari nazionali, di cui siamo in attesa”. “Credo sia necessario – ha continuato il sindaco in una nota – trovare un equilibrio tra il numero del personale e le ore di lavoro; bisogna insieme fare ogni sforzo per evitare il taglio delle Circoscrizioni e così anche in riferimento alla dismissione di Gesap che con il dissesto sarebbe inevitabile, potendo anche utilizzare somme recuperate a seguito di esito positivo di appelli in sede giudiziaria in corso o transazioni per somme assai rilevanti (in particolare in contenziosi con l’Amat, la fallita Amia e l’Immobiliare Strasburgo, nda)”.
Già, perché a oggi il Piano prevede, oltre all’aumento vertiginoso di tasse e tariffe, la vendita delle quote comunali della Gesap dal 2025 o dal 2030, il dimezzamento delle Circoscrizioni dal 2027 mentre il Comune rischia di ritrovarsi, tra assunzioni e pensionamenti, con poco più di un migliaio di dipendenti nel giro di un ventennio. Per addolcire la pillola delle misure più impopolari il sindaco, che non ha più una maggioranza e che in passato non ha lesinato fendenti agli inquilini di Sala delle Lapidi, si è mostrato più conciliante e aperto a un tavolo di confronto con l’opposizione.
Il tempo stringe: il Piano deve essere modificato e ratificato entro il 31 gennaio, altrimenti si apriranno le porte del dissesto. Dopodiché l’Amministrazione avrà altre due settimane di tempo per trovare un accordo con la Presidenza del Consiglio e avere accesso ai contributi statali. Il problema è capire quanti soldi pioveranno sul capoluogo siciliano, come hanno spiegato il revisore dei conti Vincenzo Traina e il ragioniere generale Paolo Bohuslav Basile. “I contributi dello Stato – ha detto Traina – sono vincolati alla sottoscrizione di un accordo con il Governo. La Legge di Bilancio stabilisce quali siano gli impegni che i Comuni si devono assumere nei confronti del Governo. Il piano di riequilibrio però non contiene questi impegni perché sono stati specificati con la Legge di Bilancio, successiva alla redazione del piano stesso. Il Comune deve sottoscrivere un vero e proprio contratto con il Governo entro il 15 febbraio, dopo l’eventuale approvazione del piano”.
Il fatto che il Piano sia stato predisposto prima ancora di conoscere quante e quali fossero le risorse messe sul piatto da Roma era stato già sottolineato a suo tempo dal ragioniere Basile, che ha ribadito all’Aula le sue perplessità: “Quando il Piano di riequilibrio è stato redatto – ha affermato – si fondava su due ipotesi normative, ossia un emendamento al Decreto Fiscale e uno alla Legge di Bilancio. Grazie al primo emendamento il Comune ha già incassato un contributo straordinario di 69 milioni di euro che ha una destinazione vincolata esclusivamente per la riduzione del disavanzo nel computo del Fondo Crediti Dubbia Esigibilità. La Legge di Bilancio darà invece accesso a un contributo pluriennale che garantirebbe lo Stato e di cui però non conosciamo ancora l’importo perché è legato alla negoziazione con il Governo ed è proporzionato al disavanzo del Comune”.
Basile ha fatto riferimento al cosiddetto “Salva Napoli”: una norma ad hoc per le Città Metropolitane (incluse Torino, Reggio Calabria e la stessa Palermo) e i Comuni in dissesto che mette a disposizione un plafond di 2,67 miliardi in 21 anni in cambio di impegni precisi su fiscalità, riscossione, patrimonio e personale. “Ma le concrete misure da inserire nell’accordo dipendono dalla negoziazione con lo Stato”, ha ricordato il ragioniere, che poi ha rimarcato l’altra sua obiezione al Piano di riequilibrio, già evidenziata nel suo parere contrario: la previsione di una crescita esponenziale del tasso di riscossione della Tari dall’attuale 38% addirittura al 75%, ben al di sopra della media nazionale del 60%, che già di per sé sarebbe “un obiettivo estremamente ambizioso”. Previsione che Basile definì “incongrua e inattendibile” e che perfino i dirigenti dell’Ufficio Tributi hanno formalmente “disconosciuto”. “I tassi di riscossione previsti dal Piano – ha confermato il dirigente – non sono coerenti con le verifiche degli uffici”.
A incendiare ancora di più il dibattito è stata la “scoperta” che l’Amministrazione avrebbe utilizzato “86 milioni destinati ai commercianti colpiti dalla pandemia per coprire i buchi di bilancio”. L’attacco è arrivato dal capogruppo di Italia Viva Dario Chinnici: “Si tratta di 31 milioni del 2020 e 55 milioni del 2021 che avrebbero dovuto ridare ossigeno a un’economia in crisi e invece sono finiti nella voragine dei conti comunali che comunque sono andati in rosso, nonostante altri 69 milioni previsti dal Decreto Fiscale. Una circostanza emersa durante i lavori del Consiglio comunale e che conferma il totale scollamento di questa Amministrazione dalla città che, pur di salvarsi dai propri errori, usa i soldi dei ristori. Una sola parola: vergogna”.
PALERMO – “Con riferimento a quanto sollevato nel corso della seduta comunale in merito ai ristori Covid-19 che sarebbero stati indebitamente utilizzati, non posso che ricordare la piena regolarità delle azioni intraprese dall’amministrazione comunale, che ha operato nella rigorosa applicazione della legge in tutte le sue articolazioni e quindi assessore del tempo, giunta, sindaco e consiglio comunale che hanno deliberato per le rispettive competenze”. Così in una nota l’assessore al Bilancio, Sergio Marino, ha replicato alle accuse di Italia Viva.
“Come noto – si legge nella relazione tecnica del ragioniere generale – tra le molteplici misure introdotte dal Governo allo scopo di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid-19, di particolare interesse, considerata la sua destinazione, è la misura del ‘Fondo Funzioni Fondamentali’. La misura in questione, infatti, nasce con l’intento di evitare che le perdite di gettito subite dagli Enti locali a causa dell’emergenza sanitaria in corso possano compromettere la loro capacità di garantire la continuità di funzionamento delle ‘funzioni fondamentali’”.
“Il cosiddetto ‘fondone’ 2020 – prosegue la relazione tecnica – è stato interamente utilizzato per fronteggiare le perdite di gettito subite dal Comune e per assicurare al Comune ‘le risorse necessarie per l’espletamento delle funzioni fondamentali. Nella superiore direzione, il Mef ha pubblicato la FAQ 35, a mente della quale le risorse del Fondo per l’esercizio delle funzioni degli Enti locali, sia quelle messe a disposizione per l’esercizio 2020, possono essere utilizzate dagli Enti tanto per compensare le minori entrate 2020-2021 derivanti dall’emergenza epidemiologica da Covid-19 quanto a copertura delle maggiori spese 2020-2021 derivanti dalla medesima emergenza, nella stessa logica del Decreto interministeriale numero 212342 del 3 novembre 2020”.
“In ogni caso – sottolinea la relazione tecnica del ragioniere generale – lo stesso Mef, nell’ambito della Faq 36, ha chiarito che deve ritenersi possibile ‘l’utilizzo del richiamato fondo per il finanziamento del conguaglio in parola. Il finanziamento del conguaglio costituisce in ogni caso un’agevolazione tariffaria e, come tale, rientra nei limiti massimi previsti per il singolo ente dalla Tabella 1 allegata al Decreto numero 212342 del 3 novembre. Non si ritiene possibile certificare maggiori spese oltre a quelle della perdita massima già riconosciuta. È invece possibile la certificazione di maggiori spese Covid-19 per servizi aggiuntivi non ricompresi nel Pef Rifiuti e, quindi, non coperti dai proventi della Tari/Tari-corrispettivo (ad esempio, la raccolta di rifiuti presso il domicilio di anziani e quarantenati)’. E nel bilancio di previsione 2020/2022, annualità 2020, al capitolo 19958/10, relativo al conguaglio dei costi ex articolo 107 citato, sono stati stanziati complessivi 16.198.124 euro, a fronte di una riduzione stimata dal Mef per riduzioni Tari pari a 13.508.950 euro”.