Comune di Palermo, nel Piano anti dissesto tanti dubbi - QdS

Comune di Palermo, nel Piano anti dissesto tanti dubbi

Gaspare Ingargiola

Comune di Palermo, nel Piano anti dissesto tanti dubbi

mercoledì 22 Dicembre 2021

L’Amministrazione Orlando ha presentato la propria strategia per evitare il default, ma c’è già il parere contrario da parte della Ragioneria generale. La strada appare ripida e in salita

PALERMO – Aiuti dallo Stato, raddoppio dell’Irpef, aumento dell’imposta di soggiorno, tariffe più salate per i servizi cimiteriali, l’occupazione del suolo pubblico, gli impianti sportivi e gli stalli nei mercati, vendita della Gesap (la società che gestisce l’aeroporto Falcone e Borsellino), accorpamento delle Circoscrizioni e una capacità di riscossione della Tari con percentuali a dir poco ottimistiche e addirittura rinnegate dall’Ufficio Tributi. È un piano di riequilibrio lacrime e sangue quello presentato dalla Giunta del sindaco Leoluca Orlando, con misure draconiane e impopolari che nei prossimi anni colpiranno in particolare i servizi ai cittadini.

Di certo non giunge a sorpresa il parere contrario del ragioniere generale, che peserà come un macigno nella discussione in Consiglio comunale e che apre uno scontro istituzionale senza precedenti con il segretario e direttore generale, Antonio Le Donne, che ha coordinato i lavori di stesura del Piano di concerto con l’Amministrazione attiva. Un Consiglio dove, giova ricordarlo, il Professore non ha una maggioranza e dove non tutti sono convinti della bontà della procedura.

L’iter per evitare il dissesto è in fortissimo ritardo: fermo restando che i Revisori contabili devono ancora emanare il loro parere, il Piano dovrà essere obbligatoriamente approvato entro il 28 dicembre (o al massimo il 29 in prosecuzione della seduta d’Aula). Questo significa che Sala delle Lapidi avrà non più di due o tre giorni per esaminare un documento finanziario da 1,7 miliardi che metterà un’ipoteca di vent’anni sulla città, per di più corredato da una messe di documenti di centinaia di pagine zeppe di numeri, norme e tabelle.

Il sindaco Leoluca Orlando però in conferenza stampa ha ostentato sicurezza: meglio questo che il dissesto, è il succo. “Il messaggio che arriva dal Governo – ha detto – è chiaro: ‘No’ al dissesto dei Comuni siciliani e per la prima volta in una Legge di Bilancio dello Stato si parla di Comuni siciliani. Questo è il riconoscimento di una crisi di sistema. Il Comune di Palermo non ha debiti. Siamo solidi nel pagamento dei creditori e deboli per l’incasso della fiscalità locale e soprattutto della Tari. Abbiamo un miliardo di euro di crediti affidati a Riscossione Sicilia, soldi non incassati”.

Il problema è che due delle colonne portanti del Piano, gli aiuti da Roma e la riscossione della Tari, non rappresentano a oggi una certezza. Per quanto riguarda il sostegno economico del Governo Draghi, secondo Orlando “la Legge di Bilancio dello Stato, che deve essere approvata, contiene una norma che assegna a tutti i Comuni italiani 150 milioni, compresi gli Enti locali siciliani e sardi, mentre con un secondo canale di finanziamento altri 50 milioni andranno solo ai Comuni siciliani e sardi”. A queste cifre si aggiungerebbero i 60 milioni che dovrebbero arrivare nel capoluogo grazie al Decreto fiscale e i 2,7 miliardi per le Città Metropolitane riversati nel cosiddetto decreto “Salva Napoli”, che dovrebbe destinare a Palermo circa 450 milioni in vent’anni.

Il sindaco punterà anche sulla riorganizzazione della macchina amministrativa con un potenziamento del settore tributi, un aumento orario per i dipendenti comunali e circa cinquecento assunzioni per superare il “cattivo funzionamento del sistema di riscossione”.

“Sono contro il partito del dissesto – ha aggiunto Orlando – perché se si forma il partito del dissesto si fa un danno alle prossime Amministrazioni e non a me, che sarò andato via. Con la dichiarazione di dissesto le future amministrazioni dovranno fare pagare ai cittadini, con manovre lacrime e sangue, ciò che invece si può fare approvando il piano di riequilibrio”.

L’altra pezza d’appoggio del Piano di riequilibrio è la riscossione della Tari. Il piano ipotizza “un significativo incremento della riscossione della Tari fino a un’ipotesi del 75% a partire dall’anno 2024, nonché, con riferimento ai proventi da sanzioni Codice della Strada, un incremento progressivo fino a un’ipotesi di raggiungimento di un tasso di riscossione pari al 50% a partire dall’anno 2035”.

Peccato che secondo la Ragioneria generale “tale percentuale di riscossione si fonda su di una previsione incongrua e inattendibile” (al punto da costituire “un profilo di irregolarità insuperabile”) a fronte di una media nazionale di quasi il 60%, che già di per sé sarebbe stato un obiettivo “estremamente ambizioso” dato che a Palermo la riscossione della Tari è ancorata al 38%. Perfino i dirigenti dell’Ufficio Tributi hanno letteralmente “disconosciuto” questa percentuale “in quanto non rispondente alle previsioni trasmesse formalmente”, al punto da richiedere al segretario generale di “citare le fonti di dette previsioni”.

Ancor più paradossale lo scontro sulla Tasi: “Relativamente alla lotta all’evasione Tasi – si legge nel Piano – è stata prevista un’ipotesi di aumento del tasso di riscossione fino ad una percentuale del 65 per cento a partire dall’anno 2024”. Macché, “la Tasi ormai non c’è più”, replicano dall’Ufficio Tributi: “Si eccepisce la prevista riscossione del tributo Tasi, tributo soppresso legislativamente a partire dall’anno 2020, con legge di Bilancio 2020, istitutiva della nuova Imu e la cui riscossione è stata abrogata a partire dall’anno 2016 con Legge di Bilancio 2016, il cui riferimento dentro il piano di riequilibrio dell’Ente risulta quindi del tutto incongruente”.

Sugli altri elementi principali del Piano di riequilibrio il Quotidiano di Sicilia tornerà con ulteriori approfondimenti nei prossimi giorni.

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