PALERMO – L’utilità concreta dell’esecuzione di una condanna penale non si ottiene soltanto per mezzo dei vincoli carcerari. A seconda della condizione giuridica e dell’affidabilità del detenuto, questa può produrre effetti anche al di fuori delle sbarre di un istituto penitenziario. Lo stabilisce l’articolo 27 della Costituzione in ordine al trattamento rieducativo dei soggetti che espiano una pena definitiva e al loro reinserimento sociale mediante il lavoro, anche accompagnato da iniziative di formazione e di sostegno. Attività rieducative che, stando al Dpr 230 del 2000, che disciplina l’Ordinamento penitenziario e le misure privative della libertà, prevedono anche il coinvolgimento nell’organizzazione dell’azione rieducativa di istituzioni e di associazioni, pubbliche o private.
È in questo quadro che ha preso il via ieri il progetto “Mi riscatto per Palermo”, finalizzato al reinserimento di persone in esecuzione di pena tramite lavori di pubblica utilità, avviato da un’intesa tra ministero della Giustizia e Comune di Palermo, siglata poco meno di un anno fa e le cui linee operative sono state fissate lo scorso marzo con il Dap (Dipartmento amministrazione penitenziaria) e i vertici delle due Case circondariali del capoluogo siciliano l’Ucciardone e Pagliarelli.
La fase iniziale del progetto, presentato nella piazza intitolata al giudice Antonino Caponnetto, antistante l’aula bunker dell’Ucciardone, ha selezionato cinquanta detenuti per l’espletamento di lavori di pubblica utilità, in prevalenza centrati sulla manutenzione e il diserbo di spazi verdi urbani. Venti di questi hanno cominciato a lavorare già da ieri. Un piccolo ma significativo passo rispetto alla popolazione carceraria di Palermo, attualmente attestata su poco più di 1.700 detenuti (di cui 1.300 nel carcere di Pagliarelli).
“Chiave di lettura di questa progettualità – ha detto il capo del Dap Giovanni Russo – è che la soluzione dei problemi penitenziari si trova non dentro le carceri ma fuori, nelle istituzioni che devono entrare negli istituti di pena, chiamando a cooperare anche l’associazionismo e il terzo settore per inserire il detenuto in progetti di pubblica utilità e così rieducarlo. Si tratta di un ambito di grande rilevanza sociale, perché ci aiuta a prevenire la recidiva del detenuto, in linea con ciò che in effetti prescrive la costituzione e secondo le richieste della società sul senso e la funzione reale della pena detentiva”.
Elemento caratterizzante della scelta dei venti detenuti è stata la loro adesione al trattamento rieducativo, la durata della pena che stanno scontando e il loro approccio rispetto ad attività utili alla città. “Si tratta – ha affermato Fabio Prestopino, direttore della Casa di reclusione Ucciardone – di un passo significativo verso l’esterno, che potrebbe in futuro determinare per il detenuto l’apertura verso misure alternative della pena. Ciò che conta, intanto, è che con questo progetto si concretizza la possibilità per chi sconta una pena definitiva di fare un passo dal carcere verso la società e la municipalità”.
“L’avvio delle attività di pubblica utilità da parte dei detenuti – ha commentato il sindaco Roberto Lagalla – nell’ambito di questo protocollo è l’esito di una virtuosa collaborazione tra il ministero della Giustizia, il Dap e il Comune di Palermo, finalizzata a una sperimentazione al tempo stesso civile ed educativa. Il reinserimento dei detenuti è un obiettivo primario di una società evoluta e contribuire, anche grazie al loro lavoro, al benessere urbano è anche un segnale pubblico del fatto che la città è casa di tutti e, come tale, da tutti va rispettata”.
“Dal recupero degli spazi verdi – ha concluso Lagalla – al supporto alle attività di igiene urbana, sono tutte azioni con una ricaduta positiva per la città, nonché una sana testimonianza di collaborazione tra istituzioni nel rispetto del principio costituzionale della sussidiarietà verticale e orizzontale, nel momento in cui noi condividiamo a livello locale, con le nostre aziende partecipate, un servizio da rendere alla comunità”.
Il carcere dell’Ucciardone, sta portando contestualmente avanti ulteriori progetti di reinserimento: uno su tutti, in atto grazie a una convezione siglata di recente con una cordata di associazioni e imprese, la gestione da parte dei detenuti di un pastificio, già esistente all’interno dell’istituto, per la produzione di grandi lievitati.