Cultura

Pasqua in Sicilia: per la Resurrezione, diavoli e morte sono dietro l’altare

La Pasqua non è solo un rituale inteso a scacciare le forze del male, è anche la rappresentazione di un dramma in cui esse occupano il ruolo di antagoniste al bene.

Non può dunque sorprendere che in alcuni riti pasquali compaiano le maschere della morte e dei demoni, presenza attestata, ancora alla fine dell’Ottocento, a Casteltermini, durante le processioni della Domenica di Pasqua.

“Il diavolo dietro l’altare”, si usa dire, e i demoni, con la Morte, sono presenti in Sicilia anche nella celebrazione della Pasqua ad Adrano, sull’Etna, e Prizzi, nel Palermitano.

Ad Adrano – il cuore dell’Isola preistorica come dimostra la presenza nella zona del Mendolito dei resti di un’antica metropoli sicula – ogni anno per la Domenica di Pasqua si ripete una sacra rappresentazione che riempie la piazza di turisti e visitatori.

Nella piazza antistante il castello normanno, va in scena infatti la “Diavolata” o meglio “La Resurruzione dell’Umanità”, dramma sacro scritto nel 1728 – nello stile alfieriano allora in voga – dal canonico Anzelmo Laudine.

Ne sono protagonisti tre diavoli – Lucifero, dotato di tre corna e dunque più alto in grado, con Astarotte e Belzebù, che di corna ne hanno due – neri come l’inferno e la Morte gialla, oltre a due bambini che impersonano l’Angelo e l’Umanità.

L’azione si svolge davanti a una scena che raffigura il sepolcro del Cristo morto ed è piuttosto elementare: i tre “diavulazzi”, approfittando della morte del Salvatore, cercano di rapire l’Umanità con l’aiuto della Morte.

Non ci riusciranno per l’intervento dell’Angelo armato di spada.

Di qui la reazione rabbiosa della Morte che spezzerà il proprio arco gettandone i resti alla folla.

E tutti lotteranno per accaparrarseli visto che vengono considerati dei potenti talismani portafortuna.

Per coloro i quali volessero assistere alla sacra rappresentazione potranno farlo, grazie a Real event, cliccando qui.

 E passiamo a Prizzi, in cui il momento culminante della processione della Domenica, l’incontro fra la Madonna e Gesù, che si ripete per cinque volte, per quanti sono i quartieri, ha un andamento tutto particolare.

A un capo e all’altro della via si dispongono la statua dell’Addolorata e quella di Gesù Cristo.

Accanto a quest’ultima, due angeli con la spada in mano, portano un lungo abito in tinta pastello, dal corpetto fittamente lavorato con intrecci di collane, in testa un elmo da cui pendono posteriormente nastri di vari colori.

Ai piedi della Madonna e del Cristo si chinano a baciarli, due diavoli “prendono la pace prima di lu ncontru”.

Indossano due tute rosse, il viso è coperto da una grande maschera larga di latta colorata in marrone, in cui sono praticati due fori all’altezza degli occhi; dalla fessura che funge da bocca penzola una grossa lingua di stoffa; sulle spalle una pelle di capra, in mano una catena di ferro.

Accanto ad essi la morte in tuta gialla, un simulacro di balestra in mano, ghigna sotto una maschera in cuoio (o in cartone) simile a un teschio.

Al momento dell’incontro i tre incominciano ad agitarsi correndo da una statua all’altra, saltando come braccati, i diavoli sbattendo la catena contro la maschera, la morte roteando la balestra. Questi movimenti che simulano il tentativo di impedire l’incontro tra madre e figlio sono detti “abballu di li diavuli”.