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Pescherecci Mazara, altri otto a rischio sequestro in Libia

Nonostante i ripetuti richiami del Ministero degli Esteri, è salito a otto il numero dei pescherecci di Mazara del Vallo che si trovano nella Zona di protezione pesca dichiarata nel 2005, unilateralmente, dalla Libia, con l’intento di esercitare i diritti di sovranità sulle risorse ittiche.

Le imbarcazioni sono concentrate in un’area relativamente ristretta a circa 35-40 miglia dalla costa. Altri tre pescherecci si trovano attualmente sei miglia fuori dalla ZPP libica, sulla verticale di Misurata, anch’essi in attività di pesca.

Mazara del Vallo è stata al centro di numerose polemiche dopo il sequesto dei pescherecci Antartide e Medinea, con a bordo diciotto marittimi rimasti in Libia per 108 giorni e tornati a casa il venti dicembre dello scorso anno.

Anche per questo la Farnesina, il 18 aprile scorso, aveva scritto al sindaco di Mazara del Vallo Salvatore Quinci, affinché persuadesse i comandanti dei pescherecci Giuseppe Schiavone e Nuovo Cosimo e i loro armatori ad abbandonare la “zona a rischio” per preservare l’incolumità degli stessi marittimi.

L’indomani era stato però scoperto che anche altri quattro pescherecci della flotta mazarese si trovavano nella zona di pericolo: Fenice, Artemide, Michele Giacalone, Luciano Giacalone (quest’ultimo iscritto al registro navale di Napoli, anche se l’armatore è mazarese).

E adesso il numero è salito a otto, con altri due pescherecci mazaresi, Anna Madre e Aliseo, costringendo il Governo a un nuovo richiamo.

All’esecutivo, intanto, Federpesca chiede di affrontare la questione libica.

“Ci sentiamo – ha dichiarato Santino Adamo, presidente dell’organizzazione a Mazara del Vallo – . una categoria senza difese. Noi rivendichiamo il diritto storico di poter lavorare in quelle zone. Per i nostri natanti che praticano la pesca d’altura quelle acque internazionali sono pescose e i nostri equipaggi hanno la necessità di lavorare con serenità. Ci aspettiamo che il Governo, piuttosto che sconsigliare di stare lì, difenda i nostri equipaggi che, legittimamente, sono lì per guadagnarsi da vivere”.

“Sulla decisione unilaterale della Libia – aveva sostenuto nei giorni scorsi -, i governi italiani non hanno finora saputo imporsi e è necessario che oggi si affronti la problematica. I banchi di pesca negli anni si sono ridotti notevolmente e quindi gli equipaggi si spingono verso zone dove si pesca di più, come quelle dove si trovano i nostri pescherecci e che il diritto riconosce come acque internazionali”.