PALERMO – Si è svolta ieri, presso la sala Terrasi della Camera di Commercio di Palermo, il convegno sul tema “Pnrr – Politica di coesione e fondi strutturali, ultima chiamata!”, organizzato da Legacoop Sicilia. Al convegno hanno partecipato Paco Cottone, coordinatore settore Produzione e Servizi di Legacoop Sicilia, Nico Caleca, consulente commissione regionale Antimafia e consulente Cga Sicilia, Giacomo D’Arrigo e Piero David, autori del volume “Next generation Eu e Pnrr italiano”, Vincenzo Falgares, coordinamento dell’Autorità di gestione del Po Fesr Sicilia, Masino Lombardo, responsabile CulTurMedia Legacoop Sicilia, Alfio Mannino, segretario generale Cgil Sicilia, Catiuscia Marini, responsabile politiche Eu e Pnrr Legacoop e il presidente nazionale di Legacoop Simone Gamberini.
Ha aperto i lavori il presidente di Legacoop Sicilia Filippo Parrino che ha dichiarato “all’inizio avevamo la percezione che questo Pmrr fosse più oggetto di informazioni mediatiche che non di sostanza. Da un’analisi approfondita, in realtà, ci siamo resi conto che la scelta europea di ricorrere al debito diretto poteva efficacemente risolvere gli atavici problemi d’investimento in Italia soprattutto al Sud e inoltre abbiamo capito che, senza il Pnrr, l’Italia sarebbe finita in un irrecuperabile stato di recessione. Purtroppo dobbiamo riscontrare che il blocco del turnover nella Pa non ha permesso di poter disporre delle risorse necessarie per la progettazione sia in termini numerici sia di competenza”.
Paco Cottone, coordinatore settore Produzione e servizi di Legacoop Sicilia, nella sua relazione introduttiva, ha dichiarato che “il reddito pro-capite dei cittadini del Sud Italia è inferiore del 65% a quello dei cittadini dell’Unione. Negli ultimi due anni il Pil del Sud si è, finalmente, allineato a quello del Nord Italia ma questo segnale non è sufficiente. Tra Pnrr e fondi europei, per un totale di 200 miliardi di euro, 80 miliardi sono vincolati al Sud e 6 destinati alla Sicilia ma, su quel totale, a oggi è stato speso circa il 14%”.
“Le procedure di gara, sin dalla fase di progettazione, sono in ritardo pertanto, nel totale delle risorse, il Nord ha realizzato circa il 15% di quanto messo a bando mentre il Sud solo il 9%. La percezione che rimane oggi è che l’obiettivo di ridurre le diseguaglianze tra Nord e Sud non sarà raggiunto. Settanta progetti, di cui la metà al Sud, sono oggi ritenuti critici e in Sicilia la revisione del Pnrr ha tagliato infrastrutture stradali e ferroviarie e altri. Burocrazia e tempo sono i principali nemici di una buona gestione e attuazione”.
Anche Nico Caleca, consulente commissione regionale Antimafia e consulente Cga Sicilia, ho posto l’accento sull’impossibilità del raggiungimento di risultati perché la struttura della Pa si è dimostrata inadeguata. Vincenzo Falgares, coordinatore dell’Autorità di gestione del Po Fesr Sicilia, ha dichiarato che “sono due i temi centrali del dibattito: il rafforzamento amministrativo, occasione perduta della quale ci si sarebbe dovuti occupare prima di affrontare la sfida, e la sofferenza dell’amministrazione italiana. Di fatto sia la Pa sia le imprese italiane non sono in grado di affrontare queste sfide con tranquillità sfide importanti come quella del Pnrr”.
“Nel sistema europeo si stanno confrontando il modello coesione e il modello Pnrr ma l’esclusione delle regioni dal tavolo decisionale del Pnrr non ha sicuramento giovato alla determinazione di un’efficienza strutturale. Abbiamo bisogno di nuove risorse umane ma, anche se in Sicilia sono previste 750 nuove assunzioni, l’offerta economica che è proposta non è in linea rispetto alle competenze richieste”.
“Stiamo lavorando perché non sia così – ha dichiarato al QdS il presidente nazionale di Legacoop Simone Gamberini – Con la cabina di regia nazionale e il ministro Fitto abbiamo condiviso le ipotesi di revisione del Pnrr perché, se non avessimo ottenuto quella revisione che ha consentito anche di dilatare i tempi di esecuzione integrando le azioni del Pnrr con quelle di altri fondi a disposizione, avremmo veramente rischiato che fosse un’occasione perduta”.
“Oggi però è necessario allacciarsi le scarpe e mettersi al lavoro. C’è un orientamento, forse, un po’ troppo infrastrutturale che non andrà a incidere sulla dimensione importante e centrale, quella legata alle azioni mirate a ridurre il più possibile le disuguaglianze economiche e sociali nel nostro paese. C’erano molti progetti nel cassetto e, nel nostro Paese, c’era un gap devastante”.
“Era necessario ricostruire un tessuto sociale ed economico nei territori, riattivando le aree interne e ricostruendo i presidi sanitari, quell’insieme di infrastrutture sociali più ‘leggere’ che avrebbero però ridotto le diseguaglianze tra Nord e Sud”. Ogni grande operazione economica mira, attraverso gli investimenti, oltre alla realizzazione delle opere a lasciare eredità ai territori, come quella di saper progettare gli interventi di opere strutturali sia di primo sia di secondo livello ma “la macchina è complicata – ha proseguito Gamberini – perché da un lato l’infrastrutturazione normativa non è pensata per ridurre i tempi e, per questo, è necessaria un’ulteriore semplificazione”.
“Inoltre, a monte, c’è un ulteriore problema, quello delle competenze. Veniamo da un decennio in cui la riduzione del personale, la spending review e l’uscita di operatori dalla Pa ha fatto che si che le pubbliche amministrazioni si impoverissimo e, di fronte a questa grande opportunità, tutte le Pa si sono trovate impreparate e senza le competenze necessarie”.
“Proprio per questo ci auspichiamo un’azione di rafforzamento che porti ad assunzioni di giovani e di competenze che possano supportare le PA ma anche modelli di partnership diversa con il privato, in una dimensione in cui la fiducia aiuti a superare i gap progettuali che, purtroppo, le Pa hanno. Si tratta di un lavoro comune, di sistema ma il disassamento delle competenze tra pubblico e privato è una sfida che dobbiamo affrontare”.