PALERMO – A partire dal Jobs Act, le riforme che hanno abolito l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, introdotto la flessibilità in uscita e ridimensionato gli ammortizzatori sociali, hanno trasformato il mercato del lavoro, spostando il baricentro dalle tradizionali tutele del rapporto di lavoro subordinato verso politiche di “flexsecurity” che presuppongono, però, servizi per il lavoro efficienti, capaci di velocizzare la ricerca di una nuova occupazione.
Tutto questo avrebbe potuto funzionare se in questi cinque anni si fosse nel frattempo costruito un sistema di intermediazione della domanda/offerta di lavoro efficiente, in grado di formare, profilare, orientare e certificare le competenze secondo le nuove direttive europee, in stretto raccordo con le esigenze del tessuto economico e produttivo e realmente ispirato al principio di cooperazione pubblico-privato.
Su questo aspetto l’Italia è in grave ritardo. Solo dal 2016, infatti, grazie all’introduzione del Programma europeo Garanzia Giovani, si assiste ad un primo timido tentativo di organizzazione dei servizi per il lavoro in chiave di flexsecurity. Il risultato è che non solo non è stato raggiunto l’obiettivo fissato allora col Jobs Act di un milione di nuovi posti di lavoro, ma si è creato un enorme precariato quasi impossibile da gestire.
Infatti, oggi il sistema del mercato del lavoro conta nei Centri pubblici per l’impiego 8.081 addetti (1.764 in Sicilia) e 3mila navigator (429 in Sicilia) in atto precari con scadenza contrattuale nel 2021, e nelle Agenzie private 10mila operatori, per un totale di 22.681 “esperti” di politiche attive del lavoro, sui quali ricade il compito di trovare un impiego a un esercito di oltre 5 milioni fra disoccupati e precari (2.554.000 disoccupati, 940.801 parasubordinati, 1.585.218 lavoratori a termine, più quelli del Reddito di cittadinanza che non hanno presentato la Disponibilità al lavoro). In media, 221 candidati a testa, da occupare al ritmo di uno ogni 1,5 giorni! In Sicilia la media sale a 304 candidati per ciascun operatore, praticamente uno al giorno al quale trovare uno sbocco nel mercato del lavoro.
Il Piano straordinario varato dal governo nazionale per rafforzare i Centri per l’Impiego prevede 4mila nuove assunzioni entro il 2021 (di cui 277 in Sicilia), ulteriori 6mila negli anni a seguire e la previsione di stabilizzare più di 1.600 precari, assunti nel 2017 a tempo determinato.
Ma già oggi, osserva la Fondazione consulenti per il Lavoro, al mercato servirebbero almeno altri 20mila nuovi esperti, capaci anche di certificare le competenze professionali a livello europeo. Per rispondere a questa esigenza, il Dipartimento di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali (DEMS) dell’Università di Palermo, in collaborazione con la Fondazione consulenti per il Lavoro, avvierà già dal prossimo mese di gennaio un Corso di Alta Formazione per qualificare i primi “certificatori” in Italia.
L’annuncio è stato dato mercoledì 20 novembre, in occasione del convegno su “Le politiche del lavoro tra istituzioni, persone, aziende e società”. Per fare il punto sulla fase 2 del Reddito di cittadinanza, le nuove politiche attive del lavoro e le professioni oggi più richieste, sono intervenuti fra gli altri, il sottosegretario al Lavoro, Stanislao Di Piazza; il direttore generale dell’Anpal, Salvatore Pirrone; la ricercatrice dell’Inapp, Rita Porcelli; il vicecoordinatore degli assessori al Lavoro nella Conferenza delle Regioni, Claudio Di Berardino; il vicepresidente della Regione siciliana, Gaetano Armao; il presidente della Fondazione consulenti per il Lavoro, Vincenzo Silvestri; il responsabile del Servizio di Placement del DEMS dell’Università di Palermo, Francesco Ceresia; il direttore del DEMS, Alessandro Bellavista.