L’impugnativa di cui è stata vittima la legge Finanziaria della Sicilia ha bloccato diverse norme che dovevano garantire migliaia di precari della Regione, e il cui futuro, adesso è incerto, almeno finché il Governo regionale non troverà una soluzione.
Nella legge di Bilancio, infatti, erano diversi gli articoli che finanziavano incrementi salariali, proroghe, assegni di sostegno al reddito ma, poiché il Governo regionale aveva pensato di coprire queste spese con somme del Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc) che non sono state ancora stanziate dallo Stato, da Roma è arrivato lo stop.
Il primo gruppo di lavoratori precari ad essere “colpiti” da questa impugnativa è il bacino del personale Asu in forza all’assessorato ai Beni culturali: circa 300 persone che lavorano nei parchi e nei musei regionali, per i quali svolgono, ad esempio, mansioni come custodi.
La Finanziaria regionale prevedeva per l’incremento orario settimanale, da 20 a 36 ore, una spesa di 3 milioni di euro all’anno per il triennio 2023-2025.
“Al riguardo – ha scritto nell’impugnativa il ministero dell’Economia – si rileva che la disposizione in esame incrementa sensibilmente l’entità delle risorse per l’erogazione del sussidio spettante ai lavoratori ASU, e pertanto si ritiene necessario acquisire le motivazioni che giustifichino tale incremento, tenuto conto che l’integrazione oraria fino al limite di 36 ore era già prevista nel precedente esercizio finanziario 2022”.
Stesso discorso per i lavoratori socialmente utili (Lsu) di Comuni e Asp. La Finanziaria prevedeva una spesa annua per lo stesso triennio di 14 milioni di euro all’anno (42 milioni in totale) ma da Roma hanno chiesto chiarimenti: è stata, infatti, rilevata “una notevole riduzione delle risorse stanziate rispetto a quelle destinate per l’anno 2022, si chiede alla Regione di fornire utili chiarimenti in ordine alle relative motivazioni, con particolare riferimento ad avvenute variazioni della platea dei beneficiari dell’integrazione oraria”.
Tutti lavoratori che avrebbero dovuto ricevere, grazie all’incremento orario, circa 600 euro in più ogni mese in busta paga. Una misura che era stata fortemente voluta dalla maggioranza, in particolare dalla Democrazia cristiana, che aveva definito gli Asu “lavoratori in nero legalizzati” e che sta, infatti, lavorando per la stabilizzazione.
Poi c’è la questione annosa dei PIP. La legge di Bilancio promulgata lo scorso febbraio dall’Ars riconosceva, a partire dall’inizio del 2023, un incremento dell’assegno di sostegno al reddito che viene attualmente erogato al bacino di lavoratori “Pip Emergenza Palermo”, inseriti ormai in un elenco ad esaurimento e che, di recente, avevano ricevuto la notizia di un’imminente assunzione all’interno delle partecipate regionali. L’assunzione non è ancora arrivata, nel frattempo era stato previsto un contributo per aumentare l’importo dell’assegno di sostegno, definito entro il limite massimo di quasi 5 milioni di euro per circa duemila e cinquecento lavoratori. Anche questi, però, non adeguatamente “giustificati” dalla Regione.
Ad essere saltata, poi, c’è anche la norma che prevedeva l’adeguamento ISTAT dell’indennità prevista per i lavoratori utilizzati nei cantieri di servizio: circa 1 milione di euro in totale.
Ma con la Finanziaria era stato approvato anche un articolo che riguardava la platea dei precari stagionali dell’Azienda foreste demaniali, i cosiddetti “forestali”, lavoratori che oggi sono in carico al Dipartimento regionale dello sviluppo rurale e territoriale dell’Assessorato all’agricoltura e al Comando del Corpo forestale della Regione siciliana. Un aumento alla loro indennità era stato previsto come “recepimento del contratto collettivo nazionale di lavoro riguardante gli addetti ai lavori di sistemazione idraulico-forestale e idraulico-agraria”, la norma prevedeva una spesa di circa 22,5 milioni di euro in più che corrispondono da un lato all’adeguamento al contratto nazionale e dall’altro agli “arretrati contrattuali spettanti per gli anni 2021 e 2022”. Visto che i Forestali sono circa 17mila, doveva trattarsi di un aumento compreso tra i 50 e i 100 euro lordi al mese in ogni busta paga. Anche questo, impugnato dal Governo nazionale.
Il futuro incerto dei “precari Covid”
Tutto questo mentre, ancora, è incerto anche il futuro di quei lavoratori che sono stati soprannominati “precari covid”, perché chiamati a lavorare durante l’emergenza pandemica.
Qualche settimana fa l’assessorato alla Salute aveva siglato solo con una manciata di sigle sindacali un protocollo di intesa per l’assunzione che però lasciava fuori un grosso numero di lavoratori, tutti tecnici informatici in servizio nelle Asp, negli ospedali e negli Hub vaccinali in epoca emergenza Covid. Per questo la maggior parte dei sindacati presenti all’incontro con l’assessore non avevano firmato il documento, e un paio di giorni fa i lavoratori hanno proclamato di nuovo lo stato di agitazione per protestare contro le “disparità di trattamento verso i precari nelle aziende sanitarie siciliane. L’assessorato – ha denunciato la Fials Sicilia – non ha emanato alcuna direttiva e i commissari si muovono in ordine sparsi, rifiutandosi in certi casi di rinnovare i contratti anche su posti vacanti in organico”.