Non collezioni d’oggetti, ma un complesso di apparati digitali che consentono di penetrare l’anima della città attraverso una narrazione virtuale emotivamente coinvolgente. Immagini e linguaggi innovativi e accattivanti con cui ripensare il patrimonio culturale urbano rendendolo più fruibile in forma di percorsi di visita idonei a favorire la partecipazione attiva di molteplici generi di pubblico: sia legati ai flussi turistici in crescita; sia alla stessa cittadinanza, a cominciare da quella che vive in aree a più alta densità di monumenti e spazi espositivi.
È questa la frontiera contemporanea della musealità per costruire una memoria collettiva della città. Un sistema innovativo che serve anche a connettere le voci della comunità facendole diventare parte attiva per rianimare i suoi luoghi. Da oltre un anno, sono le finalità centrali di Palermo Felicissima, mostra organizzata da CoopCulture e ospitata a Palazzo Bonocore, l’edificio seicentesco affacciato sulla fontana di piazza Pretoria e antistante il Palazzo delle Aquile, sede del comune, attualmente in ristrutturazione.
Un’esposizione fuori dagli schemi: si tratta infatti del racconto crossmediale – basato cioè su un allestimento interattivo (che conta sulla guida offerta da un personale preparato) – del capoluogo siciliano nel periodo storico più avvincente della sua storia moderna: quello a cavallo tra il 1870, anno d’avvio della seconda Rivoluzione Industriale e il 1914, quando deflagra la Prima Guerra Mondiale: la Belle Epoque, ovvero la fase che contrassegnò la cosiddetta Palermo Felicissima.
Dalla misura del livello di partecipazione, alfabetizzazione digitale e ricaduta cognitiva sta emergendo un innovativo racconto di comunità: una mappa “affettiva” di Palermo costruita sulle testimonianze lasciate dai visitatori nella Memory Room allestita al termine del percorso espositivo. Se ne è parlato all’incontro sulle ‘Narrazioni partecipate della Palermo Felicissima’, dedicato all’approfondimento di nuove modalità di valorizzazione del patrimonio culturale.
Un momento servito a fare il punto sui risultati di questa mostra che è parte del progetto CHANGES, acronimo di Cultural Heritage Active Innovation for Next-Gen Sustainable Society, finanziato con i fondi della Missione 4-Istruzione e ricerca del Pnrr e suddiviso in 9 ‘spoke’ tematici. “Uno di questi, denominato CREST – Cultural Resources for Sustainable Tourism, promuove il coinvolgimento delle comunità locali – ha spiegato Giovanna Barni, consigliera all’Innovazione di CoopCulture –. Queste, chiedono sempre di più di vivere e salvaguardare il proprio patrimonio culturale. E A Palermo questo processo di rigenerazione partecipata ha in Palazzo Bonocore il luogo ideale per l’attuazione di questo modello di rigenerazione partecipata del patrimonio culturale, destinato a attrarre nuovi pubblici”.
In collaborazione con il Centro di ricerca per l’Educazione del patrimonio Museale e della Tecnologia nella Didattica dell’Università di Roma Tor Vergata e con l’impresa creativa Odd Agency che ha ideato Palermo Felicissima, sono stati proposti al pubblico due sondaggi, uno per i visitatori singoli e uno più articolato per target individuati.
Entrambi finalizzati a valutare quanto e come vengono utilizzati gli strumenti interattivi e quanto questi siano utili alla comprensione della mostra di Palazzo Bonocore. La quale è un avvincente viaggio interattivo dentro la storia di una Palermo che si affaccia su grandi e rapidi cambiamenti. Un viaggio nella storia, a partire da un secolo e mezzo fa, che si percorre sfiorando touch screen o digitando quesiti, anche complessi, all’interno di specifiche aree tematiche.
Si ottengono così informazioni dettagliate su svariate aree tematiche: dalle grandi produzioni che caratterizzarono Palermo alla fine del 19° secolo, come quella del vino Marsala e del sommacco e le molte altre che la resero un polo economico commerciale tra i più fiorenti d’Europa grazie a grandi famiglie come i Whitaker e i Florio. Interessante in particolare il tavolo interattivo dedicato all’urbanistica di Palermo, con la storia sul prolungamento della via Libertà, la costruzione dei teatri più importanti, come il Massimo e il Politeama, edificati rispettivamente nel 1874 e nel 1875; i primi cinematografi della città, come il Rouge et Noir, e l’Excelsior, e ancora il Kursaal, luogo di incontro di 5.000 metri quadrati coperti, dove si riuniva la borghesia palermitana e i chioschi per la distribuzione delle bevande: tutti progetti di Ernesto Basile.
Attraverso appositi visori di realtà aumentata è anche possibile percorrere virtualmente una suggestiva passeggiata in carrozza nella Palermo del 1891, l’anno dell’Esposizione Nazionale, quando la visuale della piazza Politeama si arricchì delle spettacolari strutture effimere progettate sempre dal Basile in stile arabo-normanno su un’area di almeno 13 ettari. Si apprende così che tra questi edifici, destinati a durare solo per i 6 mesi della manifestazione, c’era anche una torre alta 60 metri la cui sommità si poteva raggiungere con due ascensori idraulici, i primi realizzati in Italia.
Quei terreni, concessi al comune gratuitamente dal proprietario, il principe Radaly, con la condizione di modificare la loro destinazione d’uso a scopo edificatorio, una volta smantellata la Expo acquistarono un valore enorme per diventare calamita di una speculazione edilizia allora senza precedenti: quella che portò alla nascita della nuova area ‘borghese’ di Palermo, disseminata di ville e palazzine liberty lungo un nuovo sistema di strade parallele, di cui la via Dante e la via Notarbartolo divennero assi di riferimento.
Altro obiettivo di questa progettualità è l’individuazione di un nuovo e più efficace sistema di valorizzazione dei beni culturali: “questo dovrà necessariamente passare da un ripensamento dell’offerta turistica gestita dal settore pubblico e dai privati – ha infine sottolineato Ilaria Manzini, direttrice scientifica della Fondazione Changes – Partendo dalla conoscenza del patrimonio nazionale occorre arrivare a pianificare buone pratiche di gestione a livello locale”.
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