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VIDEO | Progetto verità, il sit-in a Palermo per Antonio e Stefano Maiorana: si chiede la riapertura delle indagini

Sono trascorsi ben 17 anni dal 3 agosto 2007, giornata in cui a Palermo scomparvero gli imprenditori Antonio e Stefano Maiorana senza dare più alcuna notizia di loro a familiari e amici. Neanche la giustizia in questi anni ha dato risposte a Rossella Accardo, madre e moglie dei due imprenditori scomparsi, che ha deciso di organizzare un sit-in in piazza della Memoria, di fronte al Tribunale di Palermo, chiamato “Progetto verità” per chiedere la riapertura delle indagini.

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“Vorrei trovare, se ci sono, dei colpevoli rispetto alla scomparsa di mio marito e mio figlio – ha dichiarato Rossella Accardo – Capire perché abbiano fatto qualcosa di orribile e se meritino il mio perdono, perché io sono anche disposta a perdonarli purché loro si consegnino alla giustizia e paghino lo scotto della loro colpa. Un altro momento di riflessione nasce poi dalla speranza, che porterò fino alla fine, di veder tornare mio marito e mio figlio, che magari in qualche parte del mondo ci siano dei nipotini che aspettano di potermi abbracciare. Progetto verità rappresenta quindi le potenzialità di una risoluzione su questo caso che vede coinvolti tanti cittadini, perché non sono soltanto io a voler conoscere la verità, ma anche la tanta gente”.

Progetto verità: il sit-in piazza della Memoria

Il sit-in odierno è contestualizzato all’interno del più ampio “Progetto Verità” che Rossella Accardo ha lanciato insieme a Carmine Mancuso, presidente dell’Associazione Vittime Dimenticate di Mafia, e al professore Claudio Burgio, referente del Parlamento Nazionale della Legalità. Il tutto per chiedere al procuratore del Tribunale di Palermo, Maurizio De Lucia, di valutare le nuove piste investigative che si sono aperte con la morte del boss di Castelvetrano.

La questione della latitanza di Messina Denaro

“Vorremmo incontrare il procuratore De Lucia, non fosse altro che in questo momento sta interrogando tutte le persone che coprivano la latitanza di Matteo Messina Denaro” riferisce ancora Rossella Accardo.

“Mio figlio e mio marito poco tempo prima della scomparsa, infatti, stavano svolgendo un’attività imprenditoriale in quell’area con un finanziamento di 10 milioni di euro per un importante albergo la cui realizzazione sarebbe costata in totale ben 40 milioni di euro. Capite bene che si tratta di una torta di una certa entità e che gli interessi politici e mafiosi su questo appalto dovevano essere molto alti. Perché escludere dunque che mio figlio e mio marito si siano rifiutati di fare parte di un gioco di bustarelle e mazzette? Motivo che potrebbe essergli costata la vita oppure li abbia costretti a scappare perché minacciati. Fino a quando non si trovano i corpi tutto può accadere, ma se ciò non dovesse succedere vanno classificati come vittime di mafia”.

Il rapporto mafia-politica

“La nostra presenza qui significa che la pensiamo come Rossella Accardo, perché sono fatti talmente chiari ed evidenti che sono lancinanti per quanto concerne il dolore che si prova, ciò fa sì che Rossella abbia ben diritto di chiedere che si possa fare giustizia – ha precisato Carmine Mancuso – C’è un fatto che è inconfutabile cioè che i morti, i quali non devono essere né di serie A né di serie B, quelli che realmente hanno combattuto la mafia, i poteri criminali e che hanno servito lo Stato, hanno due esigenze: una è quella di essere ricordati, perché senza la memoria si perde anche la traccia del loro passaggio sulla Terra, e l’altra è di avere giustizia”.

“Questa Repubblica ha attraversato le stragi di mafia e terroristiche che si sono succedute in maniera trasversale e in una quantità impressionante: Capaci, Via D’Amelio, la strage di Bologna, l’Italicus. Eppure non si trova mai un mandante e si accollano sempre tutte cose ai grandi latitanti che nel tempo si succedono come Riina e Provenzano, come se loro da soli avessero potuto fare tutto ciò, addirittura mettere in crisi al Repubblica”.

“La verità dunque è ben diversa, cioè che c’è un rapporto acclarato tra mafia, politica e poteri occulti che organizzano e manovrano ciò che avviene dentro i palazzi dello Stato, perché sicuramente Totò Riina non andava direttamente dentro il Ministero, ma il massone deviato sì, perché che ha contatti con i ministri e con i vertici. Allora questa iniziativa è fondamentale per cercare di dare una spinta ai magistrati che dovrebbero indagare, perché amministrano la giustizia in nome del popolo italiano, che siamo noi e vogliamo sapere chi sono i mandanti, devono occuparsi di questi casi che mettono a repentaglio le istituzioni democratiche”. Così conclude Carmine Mancuso.

Il caso del figlio Marco

Ciò che rende ancora più emblematica la storia di Rosella Accardo è la morte del figlio più piccolo, Marco Maiorana, bollata subito come suicidio, ma su cui aleggiano ancora tanti dubbi: “Quando è morto Marco io non ero in quella casa” racconta mamma Rosella. “Il caso è stato archiviato come istigazione al suicidio, ma anche qui ci sono molti misteri da chiarire, perché mio figlio aveva detto ai nonni che stava salendo un attimo dall’amico del piano di sopra e che sarebbe tornato subito, tanto che non si è portato neanche le chiavi, ha lasciato la porta socchiusa e invece non è più tornato, infatti la porta è rimasta accostata. Per cui Marco da dove è caduto? Da un appartamento ai piani superiori o è cauto dalla terrazza?”

“Non è stata fatta alcuna verifica in tal senso, non hanno messo neanche i sigilli all’appartamento, non hanno fatto le prove col fantoccio per capire da quale altezza fosse caduto. Io voglio che riaprano anche queste indagini, perché non crediamo che Marco abbia scelto di sua volontà di lasciarci, noi ci adoravamo. Semmai sono tanti i casi in cui si parla di suicidio quando in realtà queste persone vengono soppresse, sono soggetti che ‘vengono suicidati'”.