Una semifinale inaspettata. Una partita dai mille risvolti storici e politici che scavalcano gli aspetti sportivi. Francia e Marocco si affronteranno mercoledì alla presenza del presidente Emmanuel Macron in una partita dalla forte connotazione simbolica. Sì, il calcio è anche politica, soprattutto quando parliamo di questi due Paesi.
Nella sua storia, la Francia ha già incontrato su un campo di calcio una selezione di un Paese che faceva parte del suo ex impero coloniale. E non sempre è andata bene. Come nel 2001 quando a Parigi si tenne l’amichevole Francia-Algeria. La partita della ‘pace’, come era stata ribattezzata, fu dichiarata conclusa al 41esimo del primo tempo a seguito di un’invasione di campo dei tifosi ospiti. Anche la sconfitta contro il Senegal nel 2002 ai mondiali di Corea e Giappone lasciò l’amaro in bocca ai transalpini, mentre vale più che altro a livello statistico l’1-0 subito in Qatar dai Blues contro la Tunisia già eliminata durante il girone di qualificazione.
Quando mercoledì l’arbitro fischierà il calcio d’inizio della sfida, la memoria dei tifosi marocchini tornerà inevitabilmente all’inizio del secolo scorso, al 1911 per l’esattezza, anno della conquista francese del Marocco come conseguenza della Crisi di Agadir. Il 30 marzo 1912, poi, venne siglato il Trattato di Fes, che ‘de facto’ trasformò il Paese maghrebino in un protettorato francese. Se è vero che il processo di decolonizzazione si rivelò meno lungo e sanguinoso che in Algeria, tuttavia, le tracce sono rimaste ben impresse nella mente dei marocchini e sarebbe sbagliato limitare la percezione di questo momento storico all’idea che ne abbiamo al di qua del Mediterraneo. Dopo aver sconfitto ai rigori la Spagna, i Leoni dell’Atlante puntano al successo con la Francia, eliminando così dal mondiale le due ex potenze europee che l’hanno dominata e occupata e facendo una sorta di operazione di ‘giustizia storica’.
C’è un altro aspetto da valutare e che carica di significato questa partita. Il Marocco non gioca solo per se stesso. Come ha riassunto il suo allenatore Walid Regragui: “Abbiamo scritto la storia per l’Africa!”. Parole che gravano sulle spalle dei maghrebini e allo stesso tempo permettono al regno di Mohammed VI di acquisire uno status speciale, di Paese che ha la possibilità di vendicare in un colpo solo – almeno per 90 minuti, almeno a livello sportivo – le sofferenze patite da un intero continente a causa del passato coloniale. Fallito il tentativo qatariota di ergersi a ‘paladino’ del mondo arabo-musulmano, il Marocco ha raccolto il testimone spingendosi fino a un punto del tabellone dove mai si erano viste nazionali africane. Ultimo elemento, ma non meno importante, è il clima politico in Francia, dove vive una grande comunità di immigrati marocchini (poco più di 700mila) e molti francesi di origine marocchina hanno la doppia cittadinanza. Le vittorie in serie della selezione marocchina, sottolinea la stampa francese, hanno provocato una sorta di sindrome da ‘Maghreb Unito’, unendo sotto un’unica bandiera anche gli algerini, al di là delle rivalità tra Stati.
Ecco perché il clima intorno e durante questi 90 minuti sarà inevitabilmente infuocato e sarà anche la cartina al tornasole della capacità dei francesi di affrontare alcuni temi delicati. Fino ad ora i festeggiamenti dei marocchini per le strade si sono svolti in un clima di festa, mentre in altri Paesi, tra cui l’Italia, sono stati registrati episodi di violenza. L’attenzione resta comunque massima, visto anche quanto accaduto in Belgio dopo la vittoria sui ‘Diavoli Rossi’. Molti osservatori dubitano che la gioia dei tifosi marocchini in caso di eliminazione dei Blues sarà ben accolta come quando, ad esempio, la comunità portoghese trasformò le strade di Parigi in una sorta di ‘Lisbona bis’ dopo la vittoria dell’Europeo allo Stade de France proprio sui transalpini. Resta da scommettere su un fattore: l’intelligenza delle persone.