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Quei bravi ragazzi che odiano le donne

ROMA – La violenza di genere non è più un’emergenza, anzi, non lo è mai stata. È un fenomeno strutturale, con radici culturali: l’uomo maltratta, uccide e perseguita la donna in quanto donna, per la “colpa” di essere nata come soggetto da subordinare. È questo il sunto della filosofia patriarcale intrinseca negli uomini, quelli violenti e quelli che non solidarizzano davanti a episodi di violenza. E i primi mesi di questo 2024, che ha accolto proprio ieri la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, sono stati agghiaccianti. Costellati di donne uccise, maltrattate, stalkerate, rinchiuse nella gabbia del proprio aguzzino che di solito è propria quella delle mura domestiche.

Violenza sulle donne, il 2024 agghiacciante

La conferma arriva anche dai dati pubblicati ieri dal Viminale, nel Report “Il Punto-Il pregiudizio e la violenza contro le donne”, realizzato dal Servizio analisi criminale della Direzione centrale Polizia criminale, ufficio interforze del Dipartimento della Polizia di Stato: con un incremento dell’8% sono aumentati nei primi sei mesi del 2024 le violenze sessuali, reato particolarmente grave, che nel 91% dei casi ha come vittime delle donne (di cui il 28% minorenni). “La violenza contro le donne presenta numeri allarmanti. È un comportamento che non trova giustificazioni, radicato in disuguaglianze, stereotipi di genere e culture che tollerano o minimizzano gli abusi, che si verificano spesso anche in ambito familiare. Quanto è stato fatto è insufficiente. Servono azioni concrete contro pregiudizi e discriminazioni”, questo il messaggio che ha lanciato ieri il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha ripreso lo slogan “Nessuna scusa” lanciato dalle Nazioni unite per la Giornata di ieri.

Nei primi sei mesi del 2024 sono in aumento del 6% anche gli atti persecutori: lo stalking è un reato che colpisce le donne nel 74% dei casi. Un aumento del 15% anche per i maltrattamenti contro familiari e conviventi, che interessano le donne nell’81% dei casi. Nei primi sei mesi del 2024 si registra un incremento pari al 38% della violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Per quanto attiene ai reati introdotti dal Codice rosso, legge che ha ampliato il sistema di tutele per le donne vittime di violenza di genere, c’è un significativo incremento della costrizione o induzione al matrimonio (67%). Anche il revenge porn, pari al 22%, è in aumento: si tratta della diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti che con la “facilità” della condivisione online, diventa uno strumento di terrorismo psicologico e ricatto.

Per il Viminale, nel primo semestre 2024 sono state registrate 51 vittime donne di omicidio rispetto alle 62 dei primi sei mesi del 2023 (-18%). Mentre invece per l’XI Rapporto dell’European employment services (Eures) dall’1 gennaio al 18 novembre 2024 sono state 99 le donne uccise in Italia: secondo il rapporto, il fenomeno è aumentato nei piccoli comuni con meno di 5.000 abitanti e sono cresciuti i delitti di donne che hanno più di 65 anni: sono state 37 nei primi 11 mesi del 2024, pari al 37,4% delle vittime femminili totali, uccise nella maggior parte dei casi dal coniuge o dai figli. Una forte crescita anche delle figlie uccise, passate da 5 a 9, generalmente all’interno di “stragi familiari” o in quanto vittime collaterali di una violenza orientata a colpire la coniuge o la ex partner.

Emerge, di certo, che l’incidenza delle vittime donne sul totale degli omicidi consumati non è diminuita, attestandosi al 35% (come nel 2023, dati Istat). Secondo il Viminale, nei primi sei mesi del 2024, le vittime di genere femminile passano da 53 (primo semestre 2023) a 46 (-13%, primo semestre 2024). Nei primi sei mesi del 2024 la percentuale di donne uccise da partner o ex partner si attesta al 56%, contro il 62% registrato nell’arco temporale corrispondente del 2023. Lievi diminuzioni che ancora non bastano a uscire dall’allarme. Anche perché, nel primo semestre 2024, alla diminuzione degli eventi commessi per mano del partner/ex corrisponde un aumento degli omicidi commessi dai genitori o dai figli, che si attestano al 33% rispetto al 25% del totale registrato nel primo semestre 2023. A dimostrazione del fatto che una battaglia culturale e di prevenzione si dimostra imprescindibile per aggredire “al cuore” il fenomeno, così come commentato anche dalla segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein: “La violenza di genere nel nostro Paese è un fenomeno strutturale, e affonda le radici nella cultura patriarcale di cui è ancora imbevuta la nostra società. Il patriarcato lo nega solo chi ha il privilegio di poter fingere di non vederlo”.

Nei casi di violenza alla ribalta della cronaca, succede che spesso si racconti (forse anche troppo) della vita della donna vittima di violenza: cosa faceva, perché stava con lui, se aveva denunciato oppure non era riuscita, se le si può dare una medaglia di fedeltà all’uomo o se ha commesso degli errori. È quello che è successo, ad esempio, nello stupro di gruppo consumato ai danni della 19enne di Palermo al Foro italico nel luglio 2023. Pochi giorni fa è arrivata la sentenza di condanna di tutti gli imputati. Così come la condanna all’ergastolo, arrivata ieri, per Alessandro Impagnatiello, l’aguzzino di Giulia Tramontano e del figlio che portava in grembo. Solo alcuni esempi. Parliamo proprio di loro, allora: i condannati, gli imputati, i violenti che sono spesso mariti, padri, partner. Diamo più spazio alla biografia di un maltrattante.

L’efferatezza degli uomini diventa sempre più allarmante: secondo il Viminale negli omicidi volontari con vittime donne avvenuti in ambito familiare/affettivo, si rivela preminente l’uso di armi improprie e/o armi bianche (19 casi nel 2024 a fronte dei 18 nell’analogo periodo del 2023). In 11 casi sono state utilizzate armi da fuoco (17 nel 2023). Seguono le lesioni/percosse (8 omicidi in entrambi gli intervalli temporali) e l’asfissia/soffocamento/strangolamento (8 casi a fronte dei 9 del periodo 2023). La maggior parte dei responsabili ha un’età compresa tra 31 e 44 anni, cui seguono quelli della fascia anagrafica più elevata, tra i 45 e i 54 anni, e quelli tra i 18 e 30 anni; in entrambi i semestri del biennio 2023/2024 gli autori minorenni si attestano al 2%. In merito alla cittadinanza, la percentuale di autori italiani supera il 70% in entrambi gli anni. Le biografie sono di persone violente ma non soprannaturali. Più che “mostri” si parla di uomini comuni ma non educati al rispetto di genere, con pulsioni di dominazione e con un’avversità violenta e latente nei confronti della donna. Quei classici “bravi ragazzi” che odiano le donne.

È importante riconoscere che il patriarcato colpisce anche gli uomini, abituati a normalizzare la violenza di genere – in tutte le sue forme, a partire dal catcalling e dalla palpata del sedere in metro, fino alle coltellate – come fosse un’arma di predominazione e di affermazione del proprio ego. Della propria “superiorità” di diritto naturale: per questo è importante educare sin da piccoli e affrontare il fenomeno da un punto di vista sistemico e culturale. Non solo come un’emergenza.

Oltre 31 mila donne nel percorso per uscire dalla spirale di violenza

ROMA – “Spesso vincoli e imposizioni pesano soprattutto sulle donne, costringendole in posizioni di subalternità. E questo è molto brutto”. Questo è il monito che ieri anche Papa Francesco, riconoscendo la gravità della situazione, ha voluto lanciare in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Un fenomeno che affonda le radici nei rapporti di forza che disciplinano l’ordine di un “mondo” in cui la donna è ancora il sesso debole: a scuola, in università, tra le mura di casa, a lavoro, sui mezzi pubblici. Per questo è importante riconoscere sin da subito gli allarmi di una violenza, prevenire finchè si è in tempo.

Anche la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha espresso un suo parere: “Una piaga sociale e culturale che non ci consente di voltare lo sguardo dall’altra parte, ma che ci spinge a riflettere e ad agire con ogni azione possibile volta a tutelare le vittime dell’abominio della violenza. Come governo, dall’inizio del nostro mandato, abbiamo messo in campo strumenti di contrasto, prevenzione e sicurezza”.

Uno degli strumenti maggiormente efficaci è il 1522, il numero Anti violenza e Stalking, un servizio pubblico istituito dalla presidenza del Consiglio dei ministri nel 2006. Ieri l’Istat ha pubblicato i dati relativi al feedback delle chiamate ricevute da donne che si sono rivolte al numero di emergenza nel terzo trimestre del 2024: l’incremento è del 37,3% delle chiamate valide rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, pari a 15.349 chiamate in termini assoluti. Analizzando, inoltre, i motivi per cui ci si rivolge al 1522, l’aumento delle richieste riguarda principalmente informazioni sul tipo di servizio offerto dalla help-line, chiarimenti sugli strumenti normativi a tutela delle vittime di violenza e informazioni sui centri antiviolenza; rispetto allo stesso trimestre del 2023, questi ambiti hanno registrato rispettivamente un incremento del 42,5%, del 42,1% e del 44%.

Tra i motivi che inducono le vittime a chiedere aiuto è ancora lo stalking che registra un forte incremento rispetto allo stesso trimestre dell’anno precedente (+97%). In continuità con i trimestri precedenti, la tipologia di violenza “principale” subita da circa la metà delle vittime è quella fisica (43,1%), seguita da quella psicologica (35%). L’Istat fornisce dati anche sui canali di informazione e diffusione del servizio anti violenza: emerge che per 5.459 persone le campagne di comunicazione dimostrano la loro efficacia. Internet mantiene un ruolo centrale nella diffusione (3.022 segnalazioni) ma soprattutto i fatti di cronaca e la discussione che ne seguono sui mass media, incidono fortemente su questa crescita. Questo deve incoraggiare la stampa e tutti i media, a continuare su questa giusta strada dell’informazione.

Il 1522 svolge anche una funzione di snodo a livello territoriale tra i servizi di supporto, mettendo in contatto le vittime con i servizi di protezione disponibili più vicini. Nel periodo esaminato da Istat c’è stato un aumento delle chiamate indirizzate a Centri e Servizi Antiviolenza, Case protette e strutture di accoglienza per vittime (94,6%). Proprio su questo punto, secondo le tavole Istat pubblicate ieri, è aumentato il numero dei Cav: +4,9% rispetto al 2022, + 43,8% rispetto al 2017, soprattutto nel Centro Italia (+102,4%) e quasi tutti i Cav aderiscono al numero 1522 (99,7%), a dimostrazione di una rete antiviolenza che migliora.

È cresciuto anche il numero delle donne che hanno iniziato un percorso di uscita dalla violenza, sono circa 31.500, in aumento rispetto al 2022, ma il 26,3% lo interrompe nell’anno. È un percorso complesso quello intrapreso dalle donne prima di decidere di rivolgersi ai Cav e l’Istat testimonia che la situazione di dipendenza economica della donna, specie in una coppia (all’80% avviene in questo contesto la violenza), non aiuta.

È per questo che è importante incentivare iniziative come quella di Fidimed, società cooperativa per azioni di garanzia collettiva, che ha erogato di recente un “Microcredito di libertà” a una donna vittima di violenza, una neo imprenditrice che ha ricevuto 50mila euro per avviare una propria attività economica in Centro Italia nel settore dell’industria cosmetica.