Di colpo Raffaele Lombardo è stato catapultato nel ruolo che gli è più congeniale. Siamo a due mesi dal voto su Catania e tutti i partiti, sia a destra che a sinistra corrono senza un progetto condiviso, ormai chimera nella politica italiana, e senza un nome che faccia sintesi. In alcuni casi, vedi Fratelli d’Italia e i 5 Stelle, con divisioni sui nomi e le alleanze anche all’interno dei partiti.
Via via che la lancetta del tempo passa più le cose verranno scelte in maniera rapida, ultimativa, da prendere o lasciare, con rilanci e bui da poker della politica. E lui, Raffaele da Grammichele, potrà giocare il suo ruolo preferito, l’ago della Bilancia. Colui che può fare vincere o perdere il centrodestra. Senza i suoi voti il ballottaggio è matematico, e con il ballottaggio di fatto il centrodestra ha perso in partenza tutto il vantaggio. La scorsa volta Pogliese fu l’unico sindaco di centrodestra di città capoluogo a vincere a primo turno. Ma non aveva coalizioni avversarie. Il centro, il PD i Cinque Stelle, o almeno parte di essi sembrano sintonizzarsi su un possibile candidato comune, forse, con un identikit ben preciso, non essere soggetto di parte, ma neutro nell’appartenenza, anche con un profilo civico marcato, con buoni rapporti con due palazzi che contano, il Tribunale e la Curia.
Riusciranno nell’obiettivo? Il candidato sottotraccia, che ovviamente non è Enzo Bianco, considerato di parte, entrerà in campo sciogliendo le sue riserve? Sta aspettando le mosse del centrodestra, i suoi nervosismi, le ambizioni dietro le lacerazioni, per decidere?
Tutto questo gioco di non detti, di telefonate riservate di leader nazionali, di geologi politici che sondano candidati e capicorrente, senza prese di posizioni chiare, pubbliche, favorisce il giocatore al centro del tavolo, il leader del movimento autonomistico. Più lui dichiara che non si candida, perché è troppo anziano per quella carica, più i sospetti e i nervosismi degli alleati si moltiplicano. Ma come? Se è più giovane di Schifani, è una trappola come al solito, si dicono tra loro. Lombardo è così. Quello che ha in testa è segreto anche ai suoi emisferi celebrali, forse è conservato nel suo ipotalamo, posto inaccessibile anche ad un neurochirurgo. Lui dice che gli vanno bene tutti, quindi non gli va bene nessuno.
Almeno dei nomi usciti fuori fino a ora. E lascia lì tutti come color che son sospesi. Più passano le ore più aumentano le telefonate al suo cellulare, da Catania, da Roma, fosse per lui si farebbe chiamare pure da Biden e Putin, anche se il suo bersaglio grosso e Xi, il cinese, uno che gioca al suo stesso gioco, per se stesso. Tic toc, il tempo gioca per lui, la sua posta cresce giorno dopo giorno senza fare nulla, facendo solo uscire indiscrezioni, suscitando illazioni, leggendo i giornalisti interpreti che si scervellano consultando auruspici e cartomanti.
Cosa vuole Lombardo? La provincia di Catania? Un rimpasto alla Regione? La nomina di tutti i direttori delle Asp? Il seggio della Sudano se lo mollasse? Il Sacro Graal? Lui è in una botte di ferro perché la sua posizione politica non si scalfirebbe di una virgola anche se il centrodestra perdesse le elezioni, anzi, paradossalmente si rafforzerebbe. E lui lo sa. E quindi gioca con la sua coalizione naturale come il gatto con i topi. Senza una posizione precisa, d’altra parte lui è movimentista. Senza un’appartenenza costretta, tanto lui è autonomista. A Catania non ci sono altri grandi vecchi, sta giocando con dei ragazzi inesperti, lui che da ragazzo se la vedeva con Nino Drago e Rino Nicolosi.
Le ore passano, le città languono, ma l’uomo di Grammichele – Lombardo – ha la pazienza del contadino che zappa il campo della confusione e dell’inesperienza altrui.
Così è se vi pare.