L’Alta velocità in Sicilia si divide già: prima in lotti per i bandi, poi per motivi infrastrutturali. In assenza del Ponte sullo Stretto, così come dichiarato dallo stesso assessore alle Infrastrutture Marco Falcone, sarà “un’infrastrutturazione monca”. Il Recovery Fund non sarà utilizzato per il finanziamento del Ponte e la regione continuerà essere divisa dal resto d’Italia. Secondo il presidente dell’Osservatorio romano ai Fondi europei, Santi Tomaselli, sarebbe potuto già essere stato finanziato da molti anni. Mentre l’economista Pietro Busetta sottolinea l’importanza di utilizzare il Recovery per lo scopo, la discussione politica non sembra andare nella stessa direzione.
Accostare l’Alta velocità all’Isola continua a essere un ossimoro e lo conferma l’assessore Marco Falcone: “L’Alta velocità? Non è possibile in assenza del Ponte sullo Stretto. Piuttosto parliamo di completamento del raddoppio ferroviario. Il lotto Giampilieri-Fiumefreddo è stato già mandato in gara. La tratta Catania-Palermo è divisa in cinque lotti, due dei quali sono in trasmissione al Ministero dell’Ambiente per l’approvazione. I restanti tre attendono ancora l’approvazione del Consiglio Superiore del Lavori Pubblici. L’iter prevede infatti che in primis si faccia il progetto, poi lo si invii al Consiglio Superiore per un parere tecnico, poi al Ministero dell’Ambiente per la verifica sull’impatto ambientale e infine si proceda per con la gara d’appalto”, spiega.
E a chi avanza l’ipotesi della costruzione di navi adeguate al trasporto di treni “interi” – ovvero senza la necessità della divisione dei vagoni – risponde così: “L’idea del vicepresidente della Regione Calabria, Francesco Russo, non è realizzabile. Per commissionare e costruire navi simili ci vogliono circa 8-10 anni. Senza considerare che, in ogni caso, non si risolverebbe il problema della divisione della Sicilia rispetto al resto d’Italia”. Insomma, secondo l’assessore il Ponte s’ha da fare: “Si tratta di un’infrastruttura strategica di rango europeo che serve da collegamento per il corridoio scandinavo-Mediterraneo”, aggiunge.
L’economista Pietro Busetta sottolinea in un’intervista al QdS non solo l’importanza della realizzazione immediata del Ponte, ma anche la “banalità” delle somme previste per l’opera rispetto agli investimenti che da anni si sono concentrati nel Nord Italia.
Professore, qual è la sua opinione sul Ponte sullo Stretto?
“A proposito di chi dice che prima bisogna fare le altre infrastrutture io rispondo che anche se la Sicilia fosse un deserto disabitato, il Ponte andrebbe fatto lo stesso. Per l’Italia, per intercettare i traffici che arrivano dal canale di Suez che oggi vanno fino a Rotterdam con un inquinamento del Mediterraneo intollerabile”.
Come mai allora non è ancora stato realizzato?
“Per una banale ragione: la coperta è stretta e il Nord bulimica, con gli utili idioti locali, trovano mille ragioni per rinviare la decisione, inevitabile. Poi se arriva il Monti di turno, ti fregano i soldi senza colpo ferire e senza alcuna sollevazione di popolo”.
Il Recovery potrebbe essere una buona occasione?
“Il Recovery sarebbe l’occasione propizia per realizzare l’Alta velocità da Salerno ad Augusta. Compreso il Ponte che costa solo tre volte la Bergamo-San Candido di Alta velocità ferroviaria, fatta per le Olimpiadi invernali di Cortina e solo quanto l’Expo di Milano”.
Senza Ponte, perché si fa la gara per l’Alta Velocità in Sicilia?
“Ci prendono in giro parlano di un’alta velocità a 160 km orari invece che a 300. Alta velocità farlocca per poveri idioti”.
A quale crescita economica può aspirare l’Isola?
“Noi abbiamo da creare un milione di posti di lavoro per arrivare al rapporto fisiologico popolazione-occupati. E non possiamo crearli se non con l’attrazione di investimenti dall’esterno dell’area, sia nel campo manifatturiero che in quello turistico”.
Intanto dal Governo è arrivato il “no” all’uso del Recovery Fund per il finanziamento del Ponte. Per l’economista Santi Tomaselli, presidente dell’Osservatorio romano ai Fondi europei, si tratterebbe di un falso problema.
“L’Italia è il secondo Paese che beneficia di maggiori fondi dall’Europa nella programmazione corrente 2014-2020. Ma dall’ultimo dato Eurostat risulta tra gli 8 Paesi che hanno offerto la peggiore performance riguardo la gestione dei fondi indiretti – chiosa Tomaselli -. Il Recovery Fund è oggi un mezzo strategico per il comparto dell’Alta Velocità, specie in Sicilia, regione ancora ridotta a un sistema ferroviario da Terzo Mondo”.
Escludendo il Recovery Fund, il governo italiano continua a disporre di risorse europee che non riesce a investire e che con tutta probabilità rimanda al mittente: “Esistono 60 miliardi destinati al Fondo Investimenti e sviluppo infrastrutturale, 27 miliardi del Fondo sviluppo e coesione, 15 miliardi di fondi strutturali europei, 9,3 miliardi di investimenti a carico di Ferrovie dello Stato e della Rete ferroviaria italiana, 8 miliardi di misure per il rilancio degli enti territoriali, 8 miliardi per le aree terremotate, 6,6 miliardi nel contratto di programma dell’Anas. Tutti soldi ad oggi buttati al vento, mentre le imprese italiane falliscono!”, informa il presidente.
Dulcis in fundo, esisterebbe addirittura un programma europeo ad hoc proprio per i collegamenti tra le regioni: “Si tratta del programma di finanziamenti indiretti atto a collegare l’Europa – spiega -.Uno strumento finanziario dell’Ue destinato a migliorare le reti europee nei settori dei trasporti, dell’energia e delle telecomunicazioni. La dotazione complessiva è di oltre 33 miliardi. Dal 2014 ad oggi nessuna regione del Sud Italia ha attinto a questa grandissima opportunità, nemmeno la nostra Sicilia”.
Un’opera che da decenni fa discutere: c’è chi chiede prima le strade chi la vuole nel rispetto dell’ambiente, chi la pone al centro di tutto
Per il segretario le dichiarazioni del centrodestra rappresenterebbero una sterile propaganda politica e non una proposta seria: “Le linee guida dell’Ue per il Recovery sono sei e riguardano la sostenibilità ambientale e sociale, la battaglia contro le disuguaglianze, la digitalizzazione della pubblica amministrazione, la scuola, la sanità. Quindi bisogna che si scelgano delle priorità per lo sviluppo, individuate dall’attuale Governo in politiche straordinarie senza precedenti come la fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, l’attivazione di risorse per il Sud, la valutazione di Piani complessivi che includono progetti che finalmente potranno diventare opere, le risorse per la conversione edilizia come l’ecobonus e il sismabonus – aggiunge VIllari -. Del Ponte si parla da oltre trent’anni e le risorse per costruirlo sono disponibili da molto tempo, quindi si smetta di fare propaganda utilizzando il Recovery come capro espiatorio e si facciano delle proposte serie”.
Eppure per la costruzione dell’opera occorrerebbero svariati anni, durante i quali si potrebbe comunque procedere al miglioramento della rete viaria, attraverso i fondi strutturali: “Secondo me il Recovery Fund serve per recuperare i punti persi, per recuperare il tessuto economico.
Attraverso una pioggia di interventi piccoli a supporto delle singole regioni e dei lavoratori, non con intervento di grande portata – conclude -. Sarebbe sbagliato fare all-in su una sola infrastruttura, meglio diversificare per far riprendere l’economia, con opere di ammodernamento e manutenzione. La più grande infrastruttura italiana sarebbe il recupero delle infrastrutture attuali”.
La decisione a questo punto è solo politica, non c’è un’analisi costi-benefici da fare: auspichiamo che il M5s superi i propri steccati ideologici e apra a un’opera che cambierebbe il volto non solo del Sud ma dell’Italia. Per questo speriamo in un rapido rinsavimento del ministro per il Sud, Giuseppe Provenzano, che ancora ieri ha manifestato la sua contrarietà. Provenzano sia davvero il ministro per il Sud e non ‘contro’ il Sud”.