Impresa

Resto al Sud, novità 2020 e nuove idee imprenditoriali

CATANIA – Resto al Sud è una misura che sostiene la nascita di nuove imprese nel Mezzogiorno. Lentezze burocratiche e incapacità di presentare un europrogetto valido, talvolta ostacolano la buona riuscita di molte proposte. Il professore Rosario Faraci – insegnante di Principi di mangement all’università di Catania, dove è professore ordinario di Economia e Gestione delle imprese, nonché presidente del corso di laurea in Economia aziendale, delegato del rettore all’Incubatore di Ateneo, Start up e Spin off e responsabile dello sportello Resto al Sud dell’università di Catania, ente accreditato da Invitalia – spiega come partecipare in maniera intelligente all’iniziativa e tutti i vantaggi offerti.

RESTO AL SUD, LE NOVITA’ PER IL 2020

Resto al Sud esiste dal 2017 e si rivolge alle otto regioni del Mezzogiorno e alle aree del Centro Italia colpite dai terremoti del 2016 e 2017. Si tratta di una delle misure di sostegno messe in campo da Invitalia – assieme ad altre, come SELFIEmployment, Nuove Imprese a tasso zero o ancora SmartStart per le start up innovative – che, in alcuni casi specifici, potrebbe aggiungersi anche ai finanziamenti dei bandi regionali.

Per il 2020 presenta delle novità: “Fino al 31 dicembre potrà presentare domanda anche chi possedeva il requisito dell’età – under 46 – al 1 gennaio 2019, ossia alla data di entrata in vigore della legge 145/2018, cioè la legge di bilancio 2019. Dal 1 gennaio 2021, invece, il requisito d’età dovrà essere posseduto alla data di presentazione della domanda. Inoltre, cade il limite di età per 24 comuni dell’area del cratere sismico Centro Italia. Si tratta di 24 comuni su 116 che presentano una percentuale di edifici dichiarati inagibili superiore al 50%”, chiosa Rosario Faraci.

I SETTORI A CUI SI RIVOLGE, LE SPESE AMMISSIBILI E LE AGEVOLAZIONI

A essere finanziabile solo l’imprenditorialità nella produzione di beni e servizi. E quindi l’industria, l’artigianato, la trasformazione dei prodotti agricoli, la pesca e l’acquacoltura, la fornitura di servizi alle imprese e alle persone, il turismo. Mentre sono escluse le attività agricole e del commercio, perché “le prime godono già di altre misure agevolative specifiche per il settore primario, le seconde rientrano nell’attività di intermediazione”, come spiegato dal professore.

A essere ammissibili, invece, una vasta gamma di spese necessarie all’apertura dell’impresa, come la ristrutturazione o la manutenzione straordinaria di beni immobili, l’acquisto di impianti, macchinari, attrezzature e programmi informatici, nonché gli utili all’avvio dell’attività. “Il finanziamento copre il 100% delle spese ammissibili e consiste in un contributo a fondo perduto pari al 35% dell’investimento complessivo e in un finanziamento bancario pari al 65% dell’investimento complessivo, garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI. Gli interessi del finanziamento sono interamente coperti da un contributo in conto interessi. Inoltre, si tratta di un incentivo a sportello, che vede esaminate le domande in base all’ordine cronologico di arrivo e non secondo una graduatoria”, aggiunge Faraci.

IL RUOLO DELL’UNIVERSITÀ DI CATANIA

Da due anni l’Ateneo catanese è un ente accreditato da Invitalia e, come tale, assiste gli aspiranti neo imprenditori, con degli esperti che discutono insieme ai giovani la fattibilità tecnico-economica dell’idea, ne valutano il potenziale di mercato anche rispetto alla concorrenza in atto, rispondono a tutte le domande del caso.

Quasi 100 i colloqui di orientamento già svolti, diverse le idee già finanziate. E l’università cerca di incrementare il proprio circuito: “A dicembre abbiamo ospitato il primo incontro fra tutti gli enti accreditati in Sicilia. Di recente abbiamo intensificato i rapporti con il Comune di Catania, l’Ordine dei Commercialisti e Confindustria per rafforzare l’attività informativa”, spiega il docente.

RESTO AL SUD, DIFFICOLTÀ OGGETTIVE E SOCIO-CULTURALI

Ma non sempre le idee diventano progetti concreti e, quando lo diventano, le variabili pronte a rendere difficoltoso il loro procedere possono essere infinite. “C’è un recente rapporto del Global Entrepreneurship Monitor (GEM) che evidenzia come nel fare nuova impresa i ritardi in Italia, rispetto alla media dei Paesi sviluppati dell’OCSE, risiedano nella bassa cultura imprenditoriale del Paese, nella pressione fiscale e nella farraginosità della burocrazia, non tanto nella mancanza di risorse finanziarie che adesso cominciano a essere più copiose. È preoccupante il fatto – secondo tale rapporto – che solo il 5,4% della popolazione in età lavorativa fra i 18 e i 65 anni sia interessato a fare impresa. Fra cinquanta Paesi sviluppati, solo il Giappone con il 4,3% fa peggio di noi”, osserva Faraci.

Le statistiche ci dicono anche che 1/3 delle imprese giovanili chiude nei primi 5 anni di attività e che, quasi la metà di queste, non supera i primi 2 anni. E Resto al Sud “si limita al finanziamento dei progetti. Attività di mentoring, coaching, di formazione specialistica e di aggiornamento vanno promosse nel territorio da incubatori, acceleratori e altre strutture che danno ospitalità alle start up.

L’università di Catania a breve si doterà di un proprio incubatore, rivolto alle start up universitarie promosse da studenti e alle spin off attivate da docenti e ricercatori”, anticipa il professore.

IDEE FUNZIONALI PER GIOVANI “NERD”

La determinazione e la tenacia possono consentire la riuscita dei propri progetti, anche davanti alle difficoltà oggettive del tessuto socio-economico. Senza dimenticare, ovviamente, di fare i conti con la realtà, andando a individuare quei settori in cui la concorrenza è minore. “Consiglio ai giovani di testare la loro reale voglia di fare impresa. Quanto più forte è questa motivazione, tanto più superabili saranno gli ostacoli che si incontreranno strada facendo. Idee imprenditoriali connesse all’innovazione digitale ce ne sono tante, ma ce ne sono poche nei settori tradizionali dell’economia siciliana, dall’agricoltura all’edilizia, dal piccolo commercio all’artigianato. Mi piacerebbe che i giovani ‘nerd’ pensassero anche a queste opportunità”, continua Faraci.

E ci sono anche esempi d’impresa attivati grazie a Resto al Sud che sono riusciti nel loro intento: “Ci.Ma.Lab. è nata dall’idea di due enologi di Randazzo, Salvatore Maria Mangano e Luigi Ciranni, per dar vita a un laboratorio di analisi enologiche che effettua, su campioni di vino e mosto, gli esami necessari per monitorare le fasi della produzione vinicola. Agricolab, invece, è stata fondata da Giuseppe Rizzo che, rientrato a Catania da Singapore, ha avviato un ristorante-laboratorio che punta a valorizzare le aziende locali, facilitando l’accostamento della tradizione agricola siciliana con le tecniche e i sapori dell’Oriente”, conclude.